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Studente con procedimento disciplinare: può partecipare alla seduta dell'organo collegiale che lo valuterà?

 25/02/2020
 Organi collegiali e assemblee
 
Alunni/disciplina: procedimento e composizione dell'organo che irroga le sanzioni

#pbb #studente #allargare #partecipare #genitore #astensione #discutere #procedimento #classe #sedere #incolpare
Domanda
Può uno studente rappresentante di classe partecipare a un Consiglio allargato alla componente genitori e studenti, nel quale si discuterà di un eventuale provvedimento di sospensione a suo carico? L'allievo frequenta una classe seconda liceo scientifico
Risposta
Lo studente che sia oggetto di un procedimento disciplinare (incolpato) non può partecipare alla seduta dell’organo collegiale chiamato a valutare la sua posizione. Si tratta di un’ipotesi di astensione obbligatoria per manifesta incompatibilità.

Sul punto, si è pronunciato in questi termini il MIUR con nota Nota 31 luglio 2008 Prot n. 3602/P0 che recita: “In particolare, con riferimento al Consiglio di classe si deve ritenere che l’interpretazione maggiormente conforme al disposto normativo (art. 5 D.Lgs. n. 297/1994) sia nel senso che tale organo collegiale quando esercita la competenza in materia disciplinare deve operare nella composizione allargata a tutte le componenti, ivi compresi pertanto gli studenti e i genitori, fatto salvo il dovere di astensione (es. qualora faccia parte dell’organo lo studente sanzionato o il genitore di questi)e di successiva e conseguente surroga”.
La redazione condivide l'orientamento ministeriale che è conforme ai principi generali che regolano il procedimento amministrativo.
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Approfondimenti

T.A.R. MOLISE - Sezione Prima Sentenza 03/11/2011 n° 718
Giurisprudenza
Il dovere di astensione degli amministratori locali sussiste in tutti i casi in cui essi versino in situazioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano – anche solo potenzialmente - idonee a minare l’imparzialità dei medesimi ed opera indipendentemente dalla cosiddetta prova di resistenza del voto, in quanto la semplice partecipazione alla seduta in posizione di conflitto o incompatibilità può influenzare il voto degli altri componenti del consesso. L’obbligo di astensione degli amministratori locali costituisce principio di carattere generale, che non ammette deroghe o eccezioni, ricorrendo ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell’amministratore e l’oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la scelta fosse in concreto la più utile e opportuna per l’interesse pubblico. Si tratta di un principio consolidato, applicabile alle deliberazioni di tutti gli organi collegiali, anche della scuola.
Keywords
#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#plle #messe #volumetria #derivata #comproprietario #rilanciare
T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Prima Ter Sentenza 10/05/1990 n° 469
Giurisprudenza
n tema di funzionamento e deliberazione degli organi collegiali, è nota la differenza tra quorum strutturale e quorum funzionale; il primo attiene alla validità delle sedute, nel senso che l’organo collegiale non è validamente costituito, e conseguentemente non può validamente operare, senza la presenza di un determinato numero di componenti (“numero legale”); il secondo attiene, invece, alla validità delle decisioni assunte dall’organo collegiale mediante votazione. La diversità di funzione dei due quorum comporta che essi possano essere diversamente determinati e calcolati, ma soprattutto che l’esistenza degli stessi vada rilevata in due momenti diversi: il quorum strutturale va verificato, anche se non in apertura di seduta, nell’imminenza delle votazioni. D’altro canto, dall’esito della votazione non è possibile dedurre la sussistenza del quorum strutturale, sia poiché ben possono essere diversi i criteri di determinazione e di calcolo, sia poiché non è configurabile una verifica a posteriori del quorum strutturale, una volta che l’organo collegiale si sia ritenuto legittimamente costituito e si sia determinato alla votazione. Pur non essendo la sentenza relativa agli organi collegiali della scuola, il principio enunciato risulta coerente con la previsione del terzo comma dell’art. 37 D.Lgs. n. 297/1994 e quindi estensibile a tale ambito.
Keywords
#organi collegiali#procedimento amministrativo#atto e documento amministrativo#lrg #posteriore
Decreto del Presidente della Repubblica 16/04/2013 n° 62 Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Normativa

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1  Disposizioni di carattere generale

1.  Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2.  Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2  Ambito di applicazione

1.  Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3.  Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4.  Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3  Principi generali

1.  Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2.  Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3.  Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4.  Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5.  Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6.  Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4  Regali, compensi e altre utilità

1.  Il dipendente non chiede, nè sollecita, per sè o per altri, regali o altre utilità.

2.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.

3.  Il dipendente non accetta, per sè o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4.  I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5.  Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6.  Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.

7.  Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5  Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1.  Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2.  Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6  Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse

1.  Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a)  se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b)  se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2.  Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7  Obbligo di astensione

1.  Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8  Prevenzione della corruzione

1.  Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

 

Art. 9  Trasparenza e tracciabilità

1.  Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2.  La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10  Comportamento nei rapporti privati

1.  Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, nè menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.

Art. 11  Comportamento in servizio

1.  Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda nè adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.

2.  Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3.  Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Articolo 11 bis Utilizzo delle tecnologie informatiche (1)

1. L'amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, ha facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati. Le modalità di svolgimento di tali accertamenti sono stabilite mediante linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. In caso di uso di dispositivi elettronici personali, trova applicazione l'articolo 12, comma 3-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. L'utilizzo di account istituzionali è consentito per i soli fini connessi all'attività lavorativa o ad essa riconducibili e non può in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell'amministrazione. L'utilizzo di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, salvi i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui il dipendente, per qualsiasi ragione, non possa accedere all'account istituzionale.

3. Il dipendente è responsabile del contenuto dei messaggi inviati. I dipendenti si uniformano alle modalità di firma dei messaggi di posta elettronica di servizio individuate dall'amministrazione di appartenenza. Ciascun messaggio in uscita deve consentire l'identificazione del dipendente mittente e deve indicare un recapito istituzionale al quale il medesimo è reperibile.

4. Al dipendente è consentito l'utilizzo degli strumenti informatici forniti dall'amministrazione per poter assolvere alle incombenze personali senza doversi allontanare dalla sede di servizio, purché l'attività sia contenuta in tempi ristretti e senza alcun pregiudizio per i compiti istituzionali.

5. È vietato l'invio di messaggi di posta elettronica, all'interno o all'esterno dell'amministrazione, che siano oltraggiosi, discriminatori o che possano essere in qualunque modo fonte di responsabilità dell'amministrazione.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Articolo 11 ter Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media (1)

1. Nell'utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

2. In ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.

3. Al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l'utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l'utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

4. Nei codici di cui all'articolo 1, comma 2, le amministrazioni si possono dotare di una "social media policy" per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni di cui al presente articolo. In particolare, la "social media policy" deve individuare, graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni.

5. Fermi restando i casi di divieto previsti dalla legge, i dipendenti non possono divulgare o diffondere per ragioni estranee al loro rapporto di lavoro con l'amministrazione e in difformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 33, e alla legge 7 agosto 1990, n. 241, documenti, anche istruttori, e informazioni di cui essi abbiano la disponibilità.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023

Art. 12  Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu' completa e accurata possibile e, in ogni caso, orientando il proprio comportamento alla soddisfazione dell'utente. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita' stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.(1)

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all'immagine dell'amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.(2)

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualita' e di quantita' fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1 del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 13  Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare , in termini di integrità, imparzialità, buona fede e correttezza, parità di trattamento, equità, inclusione e ragionevolezza e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali(1).

4-bis. Il dirigente cura la crescita professionale dei collaboratori, favorendo le occasioni di formazione e promuovendo opportunità di sviluppo interne ed esterne alla struttura di cui è responsabile(2)

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, nonché di relazioni, interne ed esterne alla struttura, basate su una leale collaborazione e su una reciproca fiducia e assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.(3)

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti , misurando il raggiungimento dei risultati ed il comportamento organizzativo.(4)

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

(1) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 2) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(3)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 3) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

(4)  Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 4) del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

 

Art. 14  Contratti ed altri atti negoziali

1.  Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, nè corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, nè per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.

2.  Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3.  Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.

4.  Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5.  Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15  Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia' istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

5-bis. Le attività di cui al comma 5 includono anche cicli formativi sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico, da svolgersi obbligatoriamente, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.(1)

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Art. 16  Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1.  La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2.  Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3.  Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4.  Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

 

Art. 17  Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

2-bis. Alle attività di cui al presente decreto le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica(1).

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(1) Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del D.P.R. 13 giugno 2023, n. 81, in vigore dal 14 luglio 2023.

Keywords
#valutazione del personale#dipendente #articolo #amministrazione #ufficio #codice #comportamento #decreto #comma #utilità #collaborazione
T.A.R. SICILIA - CATANIA - Sezione Terza Sentenza 02/07/2002 n° 1635
Giurisprudenza
Le deliberazioni degli organi collegiali vengono in essere e producono effetti sostanziali nella data della seduta in cui i componenti del collegio hanno espresso la loro determinazione in ordine ad un determinato affare. Il momento, di regola successivo, nel quale viene approvato il verbale della seduta, non ha alcun rilievo ai fini dell’esistenza dell’atto deliberativo, poiché l’approvazione del verbale non incide in alcun modo sull’oggetto in precedenza esaminato, bensì esprime unicamente il convincimento del collegio circa la corrispondenza tra la verbalizzazione e la deliberazione già assunta.
Keywords
#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#piersanti #leotta #pmi #ins #vitellio #astenuto #esercitatile
Consiglio di Stato - Sezione Quarta Sentenza 04/11/2003 n° 7050
Giurisprudenza
Il dovere di astensione del componente dell’organo collegiale, che si trovi in reale o potenziale conflitto di interessi con l’oggetto della deliberazione che l’organo si accinge ad assumere, costituisce espressione del principio generale, inderogabile in sede disciplinare e giurisdizionale, per il quale chi esercita funzioni giudicanti (siano esse applicate, per l'appunto, in sede disciplinare avvero in sede giudiziaria) deve trovarsi in posizione di assoluta imparzialità e terzietà rispetto ai fatti (ed alle persone, alle quali quei fatti sono riconducibili) in ordine ai quali deve esprimere valutazioni e proporre o irrogare sanzioni o misure cautelari.
Keywords
#organi collegiali#procedimento amministrativo#segretario #deliberazione #comune #vallarsa #giunta #residenza #appartamento #sindaco #trga #obbligo
T.A.R. EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA - Sezione Prima Sentenza 08/09/2016 n° 800
Giurisprudenza
In materia di sanzioni disciplinari, il Regolamento d’Istituto deve essere interpretato alla luce ed in coerenza con la normativa gerarchicamente sovraordinata. Pertanto, ai sensi dell’articolo 1 del D.P.R. 235/2007, le sanzioni disciplinari che, in base alla valutazione prognostica compiuta dall’Autorità scolastica procedente, comportino l’allontanamento dello studente responsabile dalla comunità scolastica per un periodo inferiore ai 15 giorni, devono essere adottate dal Consiglio di classe. Nella riunione del consiglio di classe chiamato a pronunciarsi sulla sanzione disciplinare non può essere convocato il genitore dell’alunno incolpato pur se rappresentante di classe, stante l'evidente conflitto di interessi in cui costui versa.
Keywords
#studenti: azione disciplinare#delucca #sovraordinate
T.A.R. PUGLIA - LECCE - Sezione Seconda Sentenza 31/07/2007 n° 3030
Giurisprudenza
Il giudizio espresso dal Consiglio di Classe è sindacabile dal giudice amministrativo solo in relazione alla manifesta illogicità o alla falsità o alla contraddittorietà con la documentazione inerente il curriculum scolastico dello studente. Con riferimento alla seduta del Consiglio di classe per gli scrutini finali, l’art. 5, comma 8, del T.U. n. 297/1994 non subordina la validità della delega di funzioni da parte del dirigente scolastico alla prova di un impedimento a presiedere il Consiglio stesso. Inoltre, nessuna norma impone che il verbale sia sottoscritto da tutti i membri del Consiglio, essendo sufficiente a dare veste giuridica al verbale la sottoscrizione del segretario verbalizzante. Fuoriesce dal sindacato giurisdizionale ogni indagine circa l’eccessiva brevità dei tempi dedicati da un organo collegiale alle operazioni di valutazione di candidati; e ciò specialmente quando tali tempi siano calcolati, per ogni candidato, in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta collegiale per il numero dei concorrenti valutati o degli elaborati, prove o lavori esaminati; in siffatta ipotesi - che è quella che ricorre nella valutazione degli alunni - non è possibile, infatti, stabilire, di norma, quale sia il tempo dedicato in concreto al singolo candidato o quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, dunque, il vizio dedotto infici effettivamente il giudizio contestato. E’ del resto logico che le posizioni meno problematiche richiedono certamente tempi più ristretti, mentre maggiore spazio (non quantificabile esattamente, essendo ovvio che i docenti si presentano allo scrutinio finale avendo già ben chiaro il quadro valutativo di studenti che hanno seguito per un anno intero) viene di regola riservato all’esame dei casi critici.
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Studenti e sanzioni disciplinari: legittima la valutazione di gravità del fatto e proporzionalità della sospensione dalla frequenza per 15 giorni - T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 31/07/2017 n° 9121
Giurisprudenza
E’ legittima la sanzione disciplinare della sospensione dall’obbligo di frequenza di 15 giorni inflitta ad uno studente che, collocando un oggetto appuntito sulla sedia del compagno di banco, gli aveva provocato una ferita lacero-contusa. La qualificazione del fatto come grave e la sanzione irrogata non appaiono né irragionevoli né sproporzionate anche in considerazione di precedenti episodi riguardanti l’autore del fatto, e dallo stesso non smentiti, che denotano la serietà degli accadimenti e giustificano ancor più la proporzionalità della sanzione. Né si riscontrano vizi procedimentali posto che la convocazione del Consiglio di classe è stata regolarmente effettuata, i genitori sono stati tempestivamente informati e la composizione dell’Organo di garanzia, dinanzi al quale i genitori hanno impugnato la sanzione, risulta immune da vizi potendo la componente docenti essere rappresentata dal DS e dal suo vicario.
Keywords
#studenti: azione disciplinare#sanzione #genitore #fatto #irrogare #banco #classe #giorno #appuntire #garanzia #organo
Nel consiglio di classe il docente sottoposto a procedimento disciplinare si deve astenere sul voto in condotta - Corte di Cassazione - Penale Sentenza 20/04/2018 n° 17913
Giurisprudenza
In un collegio perfetto tutti debbono poter esprimere le proprie valutazioni, senza che nessuno si assenti. In sede di consiglio di docenti l'esigenza della partecipazione riguarda il contributo specifico del singolo professore nella disciplina di competenza, che altrimenti verrebbe a mancare. Pertanto, un conto è l'impossibilità di omettere il voto di matematica o italiano, laddove l'unico a poterlo esprimere è l'insegnante di quella materia; ben altro è il voto concernente la condotta dello studente, su cui tutti possono interloquire senza pretese di esclusività. Ne consegue, in ordine alla configurabilità del delitto di abuso d'ufficio, l'obbligo di astensione di un docente allorchè il medesimo non rilevi semplicemente come membro di un organo collegiale perfetto, tale da poter assumere atti formali alla necessaria presenza di tutti i suoi componenti, ma anche come membro che sapeva di essere sottoposto a procedimenti disciplinari, od almeno immaginava a ragion veduta che ciò sarebbe inevitabilmente accaduto di lì a poco. (La fattispecie oggetto della Sentenza concerne il procedimento inerente un docente di disegno di liceo artistico aduso a comportamenti con allusioni sessuali nei confronti delle alunne, fino ad avere egli stesso tratteggiato il profilo di un fallo a mo' di commento sul disegno di una ragazza Il suddetto episodio aveva portato non solo alla denuncia penale, ma anche all'apertura del procedimento disciplinare nei confronti del docente il quale, successivamente, aveva omesso di astenersi in occasione degli scrutini del primo quadrimestre proponendo nella circostanza di assegnare la votazione di "6" in condotta a una diversa allieva che, sul foglio del suddetto disegno, aveva scritto l'epiteto di "pervertito" rivolto a lui. All'esito della discussione, tuttavia, alla studentessa il Consiglio dava la votazione di 7 in condotta. Ad avviso della Cassazione si configura il reato di tentativo di abuso d'ufficio nella condotta del docente non già perchè, quale protagonista di un episodio suscettibile di valutazione nei riguardi di una studentessa, egli non potesse dire la propria, al limite per riferirne doverosamente ai colleghi; ma, appunto in relazione alla specifica iniziativa da lui intrapresa in occasione degli scrutini con tanto di proposta di un inusitato e certamente rarissimo "6" in condotta, perchè l'obiettivo era quello di strumentalizzare l'operato del consiglio, al fine di ottenere un deliberato utile alle sue ragioni; tentativo poi non riuscito perche il Collegio si è espresso in maniera difforme rispetto alla sua proposta).
Keywords
#organi collegiali#personale docente#reato#pagina #voto #ragazza #disegno #studentessa #imputato #condotta #classe #abuso #omissis
T.A.R. LAZIO - Sezione Terza Bis Sentenza 25/08/2010 n° 31634
Giurisprudenza
Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, mentre il singolo docente ha la competenza per la valutazione in itinere degli apprendimenti dell’alunno in relazione alla propria materia, le competenze relative alla valutazione periodica e finale dell’attività didattica e degli apprendimenti degli alunni spettano al Consiglio di classe, con la presenza della sola componente docente nella sua interezza, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del D.Lgs.16.04.1994, n. 297. Pertanto, i voti di profitto e di condotta degli alunni, ai fini della promozione alle classi successive alla prima, sono deliberati dal consiglio di classe al termine delle lezioni, con la sola presenza dei docenti, ai sensi dell’art. 193, comma 1, del D.Lgs.16.04.1994, n. 297. Il Consiglio di classe, costituito da tutti i docenti della classe, è presieduto dal Dirigente scolastico. Nell'attività valutativa opera come un collegio perfetto e come tale deve operare con la partecipazione di tutti i suoi componenti, essendo richiesto il quorum integrale nei collegi con funzioni giudicatrici. Pertanto, qualora un docente sia impedito a partecipare per giustificati motivi, il Dirigente scolastico deve affidare l'incarico di sostituirlo ad un altro docente della stessa materia in servizio presso la stessa scuola. Il Dirigente scolastico può delegare la presidenza del Consiglio ad un docente che faccia parte dello stesso organo collegiale. La delega a presiedere il Consiglio deve risultare da provvedimento scritto (è sufficiente l'indicazione anche nell'atto di convocazione dell'organo) e deve essere inserita a verbale. Nella fattispecie concreta, è stato dichiarato illegittimo, e annullato, il provvedimento di non ammissione alla classe successiva deliberato dal Consiglio di classe senza la presenza dei due docenti di spagnolo e di informatica, presenza necessaria pur trattandosi di materie extracurricolari essendo tali materie inserite nel giudizio finale con le rispettive votazioni, che hanno oltretutto fatto media.
Keywords
#atto e documento amministrativo#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#procedimento amministrativo#ginnasio #quorum #scoliosi
Consiglio di Stato - Sezione Sesta Sentenza 09/03/2004 n° 4438
Giurisprudenza
L’esistenza di un clima di difficoltà e disagio tra docente e discenti giustifica la deroga al principio della continuità didattica nell’assegnazione dei docenti alle classi, essendo peraltro normale la discontinuità didattica in un liceo classico tra biennio e triennio. Correttamente dunque il Dirigente scolastico, nell’esercizio del proprio potere di procedere alla formazione delle classi e all’assegnazione ad esse dei singoli docenti (ai sensi dell’art. 396, comma 2, lett. d) del D.Lgs. 16.4.1994, n. 297), procede in tali casi ad assegnare un docente ad altra classe, per rimuovere le cause che hanno determinato il reclamo da parte di alcuni genitori circa la condotta dell’insegnante. E’ ben possibile e legittimo che i genitori o i loro rappresentanti, rivolgano al Preside segnalazioni o esposti in relazione alla vita scolastica, sentendosi prima fra loro in via informale, e ciò al fine di tenerlo informato sulla via amministrativa della scuola. Nessuna norma impone lo svolgimento di assemblee dei genitori o degli studenti nella quale possa svolgersi un contraddittorio con la docente, prima della decisione relativa all’assegnazione dei docenti alle classi. Nel procedimento diretto all’assegnazione dei docenti alle classi spetta al Dirigente scolastico adottare la relativa decisione sulla base dei criteri generali stabiliti dal Consiglio di Istituto e delle proposte del Collegio dei Docenti, senza che sia previsto alcun intervento obbligatorio dell’assemblea dei genitori o degli studenti.
Keywords
#atto e documento amministrativo#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#personale docente#procedimento amministrativo#inasprire #cma #montedoro #ris #direttivo #comprensibilità #formalizzarsi #defraudare #chinotto #tramutatasi
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - Sezione Quarta Sentenza 29/06/2011 n° 3480
Giurisprudenza
in base al combinato disposto degli artt. 2 comma 3 del DL 137/2008 e 5 comma 7 del D.lgs. 297/1994, l ’assegnazione del voto in condotta è materia di competenza esclusiva del Consiglio di Classe in composizione ristretta ai soli docenti. Il voto in condotta può essere il frutto di una valutazione collettiva, che riguardi, cioè, una pluralità di alunni per uno o più episodi espressione di uno scarso senso del rispetto delle regole del vivere civile e può riguardare anche il comportamento assunto dagli alunni durante attività ed interventi educativi realizzati dalla scuola anche fuori dalla propria sede. A differenza del voto delle singole materie che, esprimendo un giudizio didattico, sul processo di apprendimento, deve essere giustificato e sorretto da una motivazione riferibile all’avvenuta acquisizione delle nozioni prevista dai programmi, il voto in condotta è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di Classe ed esprime un giudizio più ampio, che investe la maturità personale complessiva della persona, intesa come capacità di interazione con l’ambiente e come inserimento nel sistema di valori fonanti la società ed il vivere civile. Non sono invocabili le norme riguardanti i procedimenti disciplinari poiché l’assegnazione del voto di sette in condotta non rappresenta una sanzione disciplinare, ma una valutazione del comportamento. (Fattispecie nella quale il Consiglio di Classe aveva deciso di attribuire il voto di sette in condotta esclusivamente agli studenti che avevano partecipato al viaggio di istruzione, a causa del comportamento irresponsabile e gravemente indisciplinato tenuto durante il viaggio, e di confermare il voto del secondo trimestre per gli studenti che non avevano partecipato al viaggio in questione.)
Keywords
#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#viaggi di istruzione#studenti: valutazione del comportamento#setta #pasanisi #assiduità #riviera #rileggere
La bocciatura costituisce un giudizio tipicamente discrezionale - T.A.R. EMILIA ROMAGNA - PARMA - Sezione Prima Sentenza 05/03/2018 n° 70
Giurisprudenza
E’ infondato il ricorso proposto avverso il giudizio di non ammissione alla classe successiva poiché, secondo giurisprudenza consolidata in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti di non promozione alla classe successiva sono connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione rimessa dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute: pertanto, al giudice amministrativo spetta esclusivamente di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Qualora il ricorrente deduca, a sostegno del ricorso, la mancata attivazione dei corsi di recupero in tutte le materie in cui lo studente risultava deficitario, si osserva che, come già affermato in giurisprudenza, sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere la mancata attivazione nel corso dell'anno scolastico delle iniziative di sostegno concretantesi in appositi corsi di recupero, che non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l'esito negativo delle prove, poiché il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell'insufficiente preparazione dello studente, sia dell'incompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. Non risulta fondata l’eccezione relativa al mancato coinvolgimento dei genitori, considerato che, grazie alla possibilità di accesso al registro elettronico, questi ultimi, se interessati, sono in condizione di monitorare costantemente il rendimento del proprio figlio.
Keywords
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Tempestività della conclusione del procedimento disciplinare: non rileva la comunicazione al dipendente del provvedimento sanzionatorio - Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 04/12/2017 n° 28975
Giurisprudenza
La comunicazione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare si pone fuori del termine previsto per la conclusione del procedimento disciplinare. Infatti, la comunicazione all'interessato dell'atto sanzionatorio, per sua natura recettizio, riguarda esclusivamente la fase, successiva, di perfezionamento e di efficacia nei confronti del destinatario della sanzione medesima, e non assume rilievo ai fini del rispetto dell'anzidetto termine di decadenza. ( In senso conforme cfr Cass. 9390/2017, 5317/2017, 19183/2016, 16900/2016) I suesposti principi trovano applicazione anche nei casi in cui viene rilievo la questione della tempestività della conclusione del procedimento disciplinare e, dunque, della decadenza della pubblica amministrazione, datrice di lavoro, dall'azione disciplinare, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, in quanto nessuna delle disposizioni contenute in detta norma prevede che la decadenza dall'esercizio dell'azione disciplinare sia impedita non già dall'adozione del provvedimento sanzionatorio bensì dal fatto che essa sia portata a conoscenza dell'interessato entro il termine di decadenza. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, nel disporre che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, prevede che, in caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Nei casi in cui è contestata in sede disciplinare la violazione del suddetto divieto di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, la Pubblica Amministrazione datrice di lavoro, sulla quale, a norma della L. n. 604 del 1966, art. 5, grava l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, può limitarsi a provare, nel caso in cui la giusta causa sia costituita dalla violazione del divieto di espletare incarichi privi dell'autorizzazione, l'avvenuto espletamento di incarichi non autorizzati nella loro oggettività. Grava, invece sul pubblico dipendente, che, ai fini del giudizio di proporzionalità deduca la scarsa rilevanza dell'inadempimento, l'onere di allegare e dimostrare, secondo la regola generale in tema di onere probatorio, la durata, la consistenza in termini quantitativi e qualitativi dell'impegno richiesto dall'espletamento degli incarichi non autorizzati. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato il licenziamento disciplinare irrogato nei confronti di un dipendente pubblico che aveva svolto una serie di incarichi extraistituzionali senza autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza; trattavasi, nello specifico, di incarichi di formazione e di docenza svolti in favore di pubblici dipendenti prima della introduzione, ad opera della L. n. 43 del 2005, della lett. f bis) all'art. 53, comma 6 -che ha previsto, per l'appunto, che per detti incarichi non è richiesta la preventiva autorizzazione- nonché di incarichi svolti nei confronti di terzi soggetti privati)
Keywords
#personale dipendente: cumulo di impieghi e incompatibilità#personale dipendente: procedimento e sanzioni disciplinari#incarico #spa #croce #autorizzazione #decadenza #dipendente #corte #motivo #comma
Corte di Cassazione - Lavoro Sentenza 15/07/2011 n° 15618
Giurisprudenza
L'assegnazione delle funzioni obiettivo ai docenti della scuola rientra nel potere gestorio dell'amministrazione di individuazione delle mansioni lavorative del dipendente. In mancanza di un diritto soggettivo del dipendente a vedersi assegnate determinate mansioni piuttosto che altre, l'unica posizione soggettiva tutelata consiste nella pretesa del dipendente alla conformazione dell'Amministrazione pubblica all'obbligo di correttezza e buona fede nell'adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto. La contrattazione collettiva di comparto e integrativa (nel caso, artt. 28 del CCNL Comparto Scuola del 26.5.1999 e 37 del CCNL Integrativo del 31.8.1999) disciplina il procedimento di formazione della scelta di assegnazione di queste particolari mansioni, ossia dell'esercizio delle funzioni obiettivo, ed attribuisce la scelta al collegio dei docenti, in particolare dettando precise regole procedimentali per la scelta dei docenti cui assegnare queste mansioni. Nella specie è pacifico che la scelta del collegio dei docenti sia stata operata sulla base di una votazione segreta e quindi la motivazione della scelta riferibile all'amministrazione scolastica è consistita esclusivamente nel risultato di questa votazione. È mancata quindi del tutto la motivazione in ordine alle ragioni per cui dei tre docenti, aspiranti all'affidamento delle funzioni obiettivo, due fossero da preferire alla ricorrente. Il criterio della votazione segreta è di per sé incompatibile con un obbligo contrattuale di adeguata motivazione della scelta datoriale. (A ben vedere, distinguendo le motivazioni di voto, imputabili al singolo componente dell’organo collegiale, dalle motivazioni della delibera collegiale, il contemporaneo rispetto dell’obbligo di segretezza del voto su persone e dell’obbligo di motivazione della decisione appare contemperabile, posto che le motivazioni di voto del componente del collegio non sono obbligatorie e che la motivazione della deliberazione collegiale ben può essere inserita nella mozione da porre ai voti che appartiene alle competenze del presidente dell’organo collegiale).
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#paca #instauratosi
Modifica dell'orario delle classi: illegittima la delibera del CI se non c'è stata revoca della precedente - T.A.R. LAZIO - ROMA Sentenza 28/02/2018 n° 2249
Giurisprudenza
E' illegittima la deliberazione assunta dal Consiglio di Istituto con la quale è stata approvata, con decorrenza immediata dall'anno scolastico successivo, la variazione del calendario scolastico settimanale per alcune classi, allorchè sia stata assunta senza previa revoca della precedente delibera in argomento. Infatti, laddove la scuola si orienti per una diversa determinazione, prima di rideliberare in proposito, è necessaria una espressa motivata revoca della precedente che si pone in conflitto frontale con quella assumenda, vieppiù nel caso in cui sulla persistenza della delibera vigente si siano espresse le componenti di genitori e studenti che sulla medesima avevano fondato la ragione - o una delle ragioni- della scelta dell'istituto. (I principi affermati dal T.A.R. costituiscono applicazione dei principi di diritto amministrativo in tema di atti di "secondo grado", atti che cioè ritornano su decisioni già assunte: il quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L.n. 241 del 1990)
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#calendario scolastico#organi collegiali#revoca #cdi #voto #ragioni #proposta #decorrenza #variazione #ciclo #persistenza #genitore
T.A.R. LOMBARDIA - MILANO - Sezione Terza Sentenza 04/06/2014 n° 1418
Giurisprudenza
Nel procedimento disciplinare il diritto partecipativo assume i caratteri del diritto di difesa, che deve essere concretamente garantito, con la conseguenza che il soggetto interessato deve poter conoscere le contestazioni addebitate prima dell’adozione della sanzione e l’addebito deve essere formulato in modo preciso e puntuale con riguardo al fatto commesso e al precetto violato. Nel caso di specie va annullata la sanzione disciplinare di due giorni di allontanamento dalle lezioni irrogata ad uno studente di prima media inferiore poiché disposta dal Consiglio di classe prima della convocazione della famiglia dello studente e con un generico riferimento al comportamento tenuto dallo studente sanzionato. Il provvedimento risulta carente anche sotto il profilo della motivazione della scelta della sanzione irrogata in quanto, nel campo delle sanzioni disciplinari, oltre a dover indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che, sulla base dell’istruttoria, hanno condotto alla decisione, la motivazione del provvedimento ha l’ulteriore funzione di dimostrare al destinatario la finalità educativa e non meramente afflittiva della misura adottata, tanto più se si consideri la giovanissima età del destinatario stesso.
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#istruzione secondaria di primo grado#studenti: azione disciplinare#girato #afflittiva #dondolare #regista #appendere
T.A.R. LAZIO - ROMA - Sezione Terza Bis Sentenza 03/02/2012 n° 1200
Giurisprudenza
E’ legittima l’applicazione della sanzione disciplinare dell’allontanamento dalla comunità scolastica per l’intero anno e la non ammissione all’esame di Stato irrogata ad uno soltanto dei due studenti protagonisti di una violenta lite scaturita per futili motivi. In particolare, la dizione “futili motivi” apposta nella annotazione del registro di classe non configura una carente motivazione, in quanto l’istruttoria ha confermato che la lite era nata da un diverbio tra compagni e il ricorrente non ha mia smentito tale circostanza. La sanzione irrogata appare, altresì, proporzionata alla gravità del comportamento, integrante il reato di lesioni personali, e sulla legittimità della stessa non può incidere la circostanza che l’altro studente non sia stato sanzionato, poichè il diverso trattamento trova giustificazione nella recidiva del ricorrente, già destinatario di un provvedimento di sospensione in un passato anno scolastico. (Il Giudice Amministrativo esclude, inoltre, vizi del procedimento sotto il profilo della violazione del contraddittorio, in quanto lo studente sanzionato è stato convocato più volte dal D.S., anche alla presenza dei genitori, e informato del procedimento disciplinare a suo carico, ma non ha mai ritenuto di esporre le proprie ragioni per iscritto.)
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#istruzione secondaria di secondo grado#studenti: azione disciplinare#itas #ferito #futili #recidere #stantio #orecchio #autoambulanza #scorcio #padiglione #sanguinare
T.R.G.A. BOLZANO Sentenza 02/11/2016 n° 304
Giurisprudenza
La giurisprudenza ha riscontrato la sussistenza del conflitto d’interessi, che obbliga all’astensione e all’abbandono dell’aula, ogni qualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta tra l’interesse personale del membro dell’organo collegiale decidente, o di un suo parente o affine, e l’oggetto trattato dall’organo medesimo, laddove l’interesse personale deve porsi come conflittuale o anche semplicemente come divergente rispetto a quello dell’Ente cui il collegio appartiene. L’obbligo di astensione che ne discende, in quanto finalizzato ad assicurare la serenità della scelta amministrativa discrezionale, costituisce regola di carattere generale che non ammette deroghe ed eccezioni. Esso sorge per il solo fatto che il membro dell’organo collegiale rivesta una posizione suscettibile di determinare, anche in astratto, un conflitto d’interessi, a nulla rilevando che lo specifico fine privato sia stato o meno poi in concreto perseguito o che si sia prodotto un concreto pregiudizio per la P.A. La violazione dell’obbligo d’astensione e di abbandono della sala non attiene al contenuto intrinseco dell’atto ma si risolve in un vizio procedurale che coinvolge il funzionamento dell’organo collegiale e la sua composizione, interferendo con la regolarità della dialettica interna all’organo e, di conseguenza, sulla corretta applicazione delle prerogative dei suoi membri legittimati a partecipare alla discussione e al voto. Il vizio procedurale, dunque discende dalla mera presenza in assemblea del membro in conflitto d’interessi, di per sé potenzialmente idonea a interferire nel processo di libera formazione e manifestazione del giudizio e della volontà da parte degli altri membri. L’atto adottato in presenza e/o con il voto di un membro del collegio in conflitto d’interesse è dunque illegittimo a prescindere dal fatto che la decisione assunta sia in concreto la più opportuna o la più utile per l’interesse pubblico, o dal fatto che il membro in conflitto abbia votato contro il proprio interesse e in favore di quello dell’Amministrazione o ancora dalla così detta prova di resistenza. È dunque principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui il dovere da parte degli amministratori pubblici e dei componenti degli organi collegiali di astenersi dal partecipare alle deliberazioni in presenza di un personale conflitto di interessi discende, innanzitutto, dai principi di ordine costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), oltre che dalle norme ricomprese nei numerosi codici etici dei quali si sono dotate le pubbliche amministrazioni. E ciò anche nelle situazioni in cui la deliberazione sia in concreto quella più utile per il perseguimento del pubblico interesse. Essendo l’obbligo di astensione emblema di una regola generale e inderogabile di ordine pubblico, essa è applicabile a tutte le ipotesi di deliberazione assunta da un organo collegiale, e pertanto trova logica applicazione anche nel settore scolastico.
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#atto e documento amministrativo#organi collegiali#procedimento amministrativo#permuta #cognato #ppff #permutare #dialettica #ped #elettorato #emblema #alda #confinante
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - Sezione Quarta Sentenza 29/06/2011 n° 3479
Giurisprudenza
Nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sussiste la competenza esclusiva del Consiglio di classe a valutare l’assegnazione del voto di condotta, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del D.L. 1.9.2008, n. 137, convertito in legge 30.10.2008, n. 169, ai sensi del quale la votazione sul comportamento degli studenti viene “attribuita collegialmente dal consiglio di classe”. Tale competenza appartiene al Consiglio di classe nella sua composizione ristretta ai soli docenti, e dunque senza la partecipazione allargata ai rappresentanti degli studenti e dei genitori, come espressamente stabilito dall’art. 5, comma 7 del D.Lgs. n. 297/1994, il quale fa espresso riferimento alla “sola presenza dei docenti” nel consiglio di classe in sede di valutazione periodica e finale degli alunni. Nel caso in esame, a causa del comportamento irresponsabile e gravemente indisciplinato manifestato dagli studenti durante il viaggio d’istruzione, il Consiglio di classe aveva attribuito il voto di condotta pari a 7 a tutti gli studenti che avevano partecipato a tale viaggio, mentre agli studenti che non vi avevano preso parte avevano attribuito lo stesso voto di condotta del primo trimestre. Ebbene, la sentenza ha ritenuto corretta tale valutazione, affermando che la valutazione del Consiglio di classe ben può essere rivolta nei confronti di tutti gli alunni che hanno partecipato al viaggio d’istruzione o far riferimento ad un singolo episodio, mediante una valutazione “collettiva” che tenga conto del comportamento di una molteplicità di alunni, il quale denoti scarso senso del rispetto delle regole del vivere civile. Inoltre, non sussiste uno specifico obbligo motivazionale a carico del Consiglio di classe: infatti, il voto di condotta esprime un giudizio che l’Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici ma, prima ancora, essenzialmente formativi ed educativi dei ragazzi e, come tale, attiene ad una sfera educativa che rappresenta il punto di incontro tra l’azione di più agenzie educative (in primo luogo la famiglia, ma anche la scuola stessa) le quali sono chiamate ad interagire quanto più possibile in maniera consapevole e coordinata. Per tali ragioni, mentre il voto delle singole materie è volto ad esprimere un giudizio didattico, ovvero relativo al processo di apprendimento (e deve essere giustificato in relazione all’avvenuta acquisizione delle nozioni previste dai programmi formativi), il voto in condotta, invece, esprime un giudizio più ampio, che investe sia la maturità personale complessiva della persona, sia la sua capacità di interazione con l’ambiente, nonché il grado di inserimento in quel sistema di valori che, sulla base della Carta Costituzionale, sono da considerarsi fondanti della società e del vivere civile. Pertanto l’assegnazione del voto di condotta costituisce espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di classe.
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#viaggi di istruzione#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#organi collegiali#genitori: organi collegiali#sola #attribuita #collettiva
Interventi a favore di alunni a rischio e di prevenzione delle tossicodipendenze - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 326
Normativa

1.  A favore dei minori indicati nell'art. 1 della legge 19 luglio 1991, n. 216, sono attuati, nell'ambito delle strutture scolastiche e con le modalità ivi previste, interventi finalizzati ad eliminare le condizioni di disagio. Ai sensi degli articoli 104, 105 e 106 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, concernenti interventi in materia di educazione alla salute, di informazione sui danni derivanti dall'alcolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate, si applicano, nel settore scolastico, le disposizioni di cui ai commi seguenti.
2.  Il Ministero della pubblica istruzione promuove e coordina le attività di educazione alla salute e di informazione sui danni derivanti dall'alcoolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate.
3.  Le attività di cui al comma 2 si inquadrano nello svolgimento ordinario dell'attività educativa e didattica, attraverso l'approfondimento di specifiche tematiche nell'ambito delle discipline curricolari.
4.  Il Ministro della pubblica istruzione approva programmi annuali differenziati per tipologie di iniziative e relative metodologie di applicazione, per la promozione di attività da realizzarsi nelle scuole, sulla base delle proposte formulate da un apposito comitato tecnico-scientifico da lui costituito con decreto, composto da venticinque membri, di cui diciotto esperti nel campo della prevenzione, compreso almeno un esperto di mezzi di comunicazione sociale, rappresentanti delle amministrazioni statali che si occupano di prevenzione, repressione e recupero nelle materie di cui al comma 2 e sette esponenti di associazioni giovanili e dei genitori.
5.  Il comitato, che funziona sia unitariamente sia attraverso gruppi di lavoro individuati nel decreto istitutivo, deve approfondire, nella formulazione dei programmi, le tematiche:
a)  della pedagogia preventiva;
b)  nell'impiego degli strumenti didattici, con particolare riferimento ai libri di testo, ai sussidi audiovisivi, ai mezzi di comunicazione di massa;
c)  dell'incentivazione di attività culturali, ricreative e sportive, da svolgersi eventualmente anche all'esterno della scuola;
d)  del coordinamento con le iniziative promosse o attuate da altre amministrazioni pubbliche con particolare riguardo alla prevenzione primaria.
6.  Alle riunioni del comitato, quando vengono trattati argomenti di loro interesse, possono essere invitati rappresentanti delle regioni, delle province autonome e dei comuni.
7.  In sede di formazione di piani di aggiornamento e formazione del personale della scuola è data priorità alle iniziative in materia di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze.
8.  Il provveditore agli studi promuove e coordina, nell'ambito provinciale, la realizzazione delle iniziative previste nei programmi annuali e di quelle che possono essere deliberate dalle istituzioni scolastiche nell'esercizio della loro autonomia.
9.  Nell'esercizio di tali compiti il provveditore si avvale di un comitato tecnico provinciale o, in relazione alle esigenze emergenti nell'ambito distrettuale o interdistrettuale, di comitati distrettuali o interdistrettuali, costituiti con suo decreto, i cui membri sono scelti tra esperti nei campi dell'educazione alla salute e della prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze nonché tra rappresentanti di associazioni di familiari. Detti comitati sono composti da sette membri.
10.  Alle riunioni dei comitati possono essere invitati a partecipare rappresentanti delle autorità di pubblica sicurezza, degli enti locali territoriali e delle unità sanitarie locali, nonché esponenti di associazioni giovanili.
11.  All'attuazione delle iniziative concorrono gli organi collegiali della scuola, nel rispetto dell'autonomia ad essi riconosciuta. Le istituzioni scolastiche interessate possono avvalersi anche dell'assistenza del servizio ispettivo tecnico.
12.  Il provveditore agli studi d'intesa con il consiglio scolastico provinciale, e sentito il comitato tecnico provinciale, organizza corsi di studio per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado sulla educazione sanitaria e sui danni derivanti ai giovani dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché sul fenomeno criminoso nel suo insieme, con il supporto di mezzi audiovisivi ed opuscoli. A tal fine può stipulare, con i fondi a sua disposizione, apposite convenzioni con enti locali, università, istituti di ricerca ed enti, cooperative di solidarietà sociale e associazioni iscritti all'albo regionale o provinciale da istituirsi a norma dell'art. 116 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Ai fini delle assegnazioni di cui all'articolo 105, comma 7, del medesimo testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ai predetti corsi di studio sono equiparate le altre iniziative di formazione sulla stessa materia promosse dall'amministrazione scolastica a livello nazionale e periferico o da enti e associazioni professionali, previa autorizzazione dell'amministrazione medesima.
13.  I corsi statali sperimentali di scuola media per lavoratori possono essere istituiti anche presso gli enti, le cooperative di solidarietà sociale e le associazioni iscritti nell'albo di cui all'art. 116 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, entro i limiti numerici e con le modalità di svolgimento di cui alle vigenti disposizioni. I corsi saranno finalizzati anche all'inserimento o al reinserimento nell'attività lavorativa.
14.  Le utilizzazioni del personale docente di ruolo di cui all'art. 456, possono essere disposte nel limite massimo di cento unità, ai fini del recupero scolastico e dell'acquisizione di esperienze educative, anche presso gli enti e le associazioni iscritti nell'albo di cui all'art. 116 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, a condizione che tale personale abbia documentatamente frequentato i corsi di cui al comma 12.
15.  Il Ministero della pubblica istruzione assegna annualmente ai provveditorati agli studi, in proporzione alla popolazione scolastica di ciascuno, fondi per le attività di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze da ripartire tra le singole scuole sulla base dei criteri elaborati dai comitati provinciali, con particolare riguardo alle iniziative di cui al comma 17.
16.  L'onere derivante dal funzionamento del comitato tecnico-scientifico di cui al comma 4 e dei comitati di cui al comma 9 è valutato in complessive lire 4 miliardi in ragione d'anno a decorrere dall'anno 1990. Il Ministro della pubblica istruzione con proprio decreto disciplina l'istituzione e il funzionamento del comitato tecnico-scientifico e dei comitati provinciali, distrettuali e interdistrettuali e l'attribuzione dei compensi ai componenti dei comitati stessi.
17.  I provveditori agli studi, di intesa con i consigli di istituto e con i servizi pubblici per l'assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, istituiscono centri di informazione e consulenza rivolti agli studenti all'interno delle scuole secondarie superiori.
18.  I centri possono realizzare progetti di attività informativa e di consulenza concordati dagli organi collegiali della scuola con i servizi pubblici e con gli enti ausiliari presenti sul territorio. Le informazioni e le consulenze sono erogate nell'assoluto rispetto dell'anonimato di chi si rivolge al servizio.
19.  Gruppi di almeno venti studenti anche di classi e di corsi diversi, allo scopo di far fronte alle esigenze di formazione, approfondimento ed orientamento sulle tematiche relative all'educazione alla salute ed alla prevenzione delle tossicodipendenze, possono proporre iniziative da realizzare nell'ambito dell'istituto con la collaborazione del personale docente, che abbia dichiarato la propria disponibilità. Nel formulare le proposte i gruppi possono esprimere loro preferenze in ordine ai docenti chiamati a collaborare alle iniziative.
20.  Le iniziative di cui al comma 19 rientrano tra quelle previste dall'art. 10, comma 2, lettera e), del presente testo unico, e sono deliberate dal consiglio d'istituto, sentito, per gli aspetti didattici, il collegio dei docenti.
21.  La partecipazione degli studenti alle iniziative, che si svolgono in orario aggiuntivo a quello delle materie curricolari, è volontaria.
22.  Ai fini dell'accesso ai finanziamenti da valere sul fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, il Ministero della pubblica istruzione propone all'approvazione del Ministro per gli affari sociali progetti mirati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze, previa predisposizione di studi di fattibilità, indicanti i tempi, le modalità e gli obiettivi che si intendono conseguire.
 

Keywords
#tabagismo #alcoolismo
Funzione docente - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 395
Normativa

1.  La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità.
2.  I docenti delle scuole di ogni ordine e grado, oltre a svolgere il loro normale orario di insegnamento, espletano le altre attività connesse con la funzione docente, tenuto conto dei rapporti inerenti alla natura dell'attività didattica e della partecipazione al governo della comunità scolastica.
In particolare essi:
a)  curano il proprio aggiornamento culturale e professionale, anche nel quadro delle iniziative promosse dai competenti organi;
b)  partecipano alle riunioni degli organi collegiali di cui fanno parte;
c)  partecipano alla realizzazione delle iniziative educative della scuola, deliberate dai competenti organi;
d)  curano i rapporti con i genitori degli alunni delle rispettive classi;
e)  partecipano ai lavori delle commissioni di esame e di concorso di cui siano stati nominati componenti.

Keywords
#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#personale docente#impulso #esplicazione
Funzione direttiva - Decreto legislativo 16/04/1994 n° 297 n° 396
Normativa

1.  Il personale direttivo assolve alla funzione di promozione e di coordinamento delle attività di circolo o di istituto; a tal fine presiede alla gestione unitaria di dette istituzioni, assicura l'esecuzione delle deliberazioni degli organi collegiali ed esercita le specifiche funzioni di ordine amministrativo, escluse le competenze di carattere contabile, di ragioneria e di economato, che non implichino assunzione di responsabilità proprie delle funzioni di ordine amministrativo.
2.  In particolare, al personale direttivo spetta:
a)  la rappresentanza del circolo o dell'istituto;
b)  presiedere il collegio dei docenti, il comitato per la valutazione del servizio dei docenti, i consigli di intersezione, interclasse, o di classe, la giunta esecutiva del consiglio di circolo o di istituto;
c)  curare l'esecuzione delle deliberazioni prese dai predetti organi collegiali e dal consiglio di circolo o di istituto;
d)  procedere alla formazione delle classi, all'assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell'orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d'istituto e delle proposte del collegio dei docenti;
e)  promuovere e coordinare, nel rispetto della libertà di insegnamento, insieme con il collegio dei docenti, le attività didattiche, di sperimentazione e di aggiornamento nell'ambito del circolo o dell'istituto;
f)  adottare o proporre, nell'ambito della propria competenza, i provvedimenti resi necessari da inadempienze o carenze del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario;
g)  coordinare il calendario delle assemblee di circolo o nell'istituto;
h)  tenere i rapporti con l'amministrazione scolastica nelle sue articolazioni centrali e periferiche, con gli enti locali che hanno competenze relative al circolo e all'istituto e con gli organi del distretto scolastico;
i)  curare i rapporti con gli specialisti che operano sul piano medico e socio-psico-pedagogico;
l)  curare l'attività di esecuzione delle normative giuridiche e amministrative riguardanti gli alunni e i docenti, ivi compresi la vigilanza sull'adempimento dell'obbligo scolastico, l'ammissione degli alunni, il rilascio dei certificati, il rispetto dell'orario e del calendario, la disciplina delle assenze, la concessione dei congedi e delle aspettative, l'assunzione dei provvedimenti di emergenza e di quelli richiesti per garantire la sicurezza della scuola.
3.  Il direttore didattico, sulla base di quanto stabilito dalla programmazione dell'azione educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi di cui all'art. 121 del presente testo unico e l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, assicurando, ove possibile, una opportuna rotazione nel tempo.
4.  Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche ai rettori e vice rettori dei convitti nazionali ed alle direttrici e vicedirettrici degli educandati femminili dello Stato, con gli adattamenti resi necessari dall'organizzazione e dalle finalità proprie di dette istituzioni.
5.  In caso di assenza o di impedimento del titolare, la funzione direttiva è esercitata dal docente scelto dal direttore didattico o dal preside tra i docenti eletti ai sensi dell'art. 7 del presente testo unico.

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#dirigente scolastico: poteri direttivi e di gestione#istruzione primaria#istruzione secondaria di primo grado#istruzione secondaria di secondo grado#economato
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Circolare - Decreto legislativo n. 150 del 2009 - Disciplina in tema di procedimento disciplinare e rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale - prime indicazioni circa l'applicazione delle nuove norme. 27/11/2009 n° 9
Prassi, Circolari, Note

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 

CIRCOLARE 27 novembre 2009 , n. 9 

OGGETTO: Decreto legislativo n. 150 del 2009 - Disciplina in tema di procedimento disciplinare e rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale - prime indicazioni circa l'applicazione delle nuove norme. 

Sono pervenute delle richieste di chiarimento da parte di alcune amministrazioni relativamente all'immediata applicabilità della nuova disciplina sul procedimento disciplinare e sui rapporti tra il procedimento disciplinare e il procedimento penale. In particolare, le disposizioni di cui agli artt. 55 bis e ter del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotti dall'art. 69 del d.lgs. n. 150 del 2009, hanno posto problemi di prima applicazione con riferimento ai procedimenti disciplinari già avviati e a quelle situazioni disciplinarmente rilevanti di cui l'amministrazione abbia già avuto notizia prima dell' entrata in vigore della nuova normativa.

Si ritiene opportuno fornire delle prime indicazioni al fine di contribuire all'uniforme applicazione della legge da parte delle amministrazioni pubbliche, ferma restando la riserva di successivi approfondimenti in relazione alle cospicue novità introdotte con la riforma.

In mancanza di una specifica disposizione transitoria, la questione dell'applicabilità dei menzionati artt. 55 bis e ter alle fattispecie disciplinari pendenti va risolta facendo riferimento ai principi generali. Soccorre in questo caso il principio generalissimo di cui all'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, secondo il quale, in assenza di diverse esplicite previsioni, la legge dispone solo per l 'avvenire.

L 'applicazione alla materia in esame di questa principio deve tener conto della circostanza che il presupposto per 1 'avvio del procedimento disciplinare è l'acquisizione della notizia dell' infrazione da parte del responsabile della struttura ovvero dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Infatti,dal momento di tale acquisizione decorrono i termini per la contestazione dell' addebito all'incolpato, che la nuova norma fissa in 20 giorni per Ie infrazioni di minor gravità (art. 55 bis comma 2) e 40 giorni per quelle di maggior gravità (art. 55 bis comma 4).

Inoltre, per un'esigenza di accelerazione della procedura, nel caso in cui la competenza spetti all'ufficio disciplinare, e dalla data di acquisizione della prima notizia dell'infrazione che, in base alla nuova norma, decorre il termine per la conclusione del procedimento, termine pari a 60 giorni nel caso di infrazioni di minor gravità (art. 55 bis comma 2) e 120 giorni per quelle di maggior gravità (art. 55 bis comma 4). Dunque il procedimento nella sua unitarietà si snoda a partire dall' acquisizione della notizia.

Da queste premesse deriva che la nuova disciplina procedurale si applica a tutti i fatti disciplinarmente rilevanti per i quali gli organi dell'amministrazione ai quali e
demandata la competenza a promuovere l'azione disciplinare acquisiscono la notizia dell'infrazione dopo l'entrata in vigore della riforma (16 novembre 2009).

In sintesi, si possono distinguere le seguenti situazioni:

1. gli organi titolari dell'azione disciplinare vengono a conoscenza dell'infrazione dopo l' entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009;
2. gli organi titolari dell'azione disciplinare sono venuti a conoscenza dell'infrazione prima dell' entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009.
La prima ipotesi ricorre quando il responsabile della struttura o l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari acquisiscono la notizia dell' infrazione dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009. Gli elementi rilevanti della fattispecie si manifestano durante la vigenza delle nuove norme e, pertanto, è chiaro
che per gli aspetti procedurali si applicano interamente i nuovi artt. 55 bis e ter del d.lgs. n. 165 del 2001.

Nel secondo caso, il responsabile della struttura o l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari hanno acquisito la notizia dell'infrazione prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009. In questa ipotesi, a prescindere dalla circostanza che il responsabile della struttura fosse o meno competente a promuovere l'azione disciplinare in base al precedente regime, il presupposto rilevante per l'avvio del procedimento si e verificato prima dell' entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009.
Quindi, per quanta riguarda la disciplina procedurale continuerà a farsi applicazione delle precedenti fonti di legge e di contratto collettivo. Ciò vale sia per lo svolgimento del procedimento disciplinare sia per i rapporti tra questo ed il procedimento penale.

Si segnala che l'applicazione a tali situazioni del regime precedente a tali situazioni comporta, ove ne sussistano i presupposti, anche la possibilità di ricorrere al cosiddetto patteggiamento previsto dall'originario art. 55, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale disposizione, come noto, prevede che con il consenso del dipendente la sanzione applicabile possa essere ridotta, ma in tal caso non e suscettibile di impugnazione. Questa particolare facoltà non può essere più esercitata per i procedimenti avviati dopo l' entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009, posto che nel nuovo regime la relativa disciplina non è più richiamata. Il comma 3 dell'art. 55 novellato stabilisce invece che i contratti collettivi possano disciplinare procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali e prevista la sanzione disciplinare del licenziamento. Un aspetto sostanziale importante nell'ambito di tale nuovo istituto è il fatto che, in base alla legge, la sanzione concordemente determinata all' esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per 1' infrazione per la quale si procede.

Nonostante la nuova conciliazione presenti caratteristiche diverse rispetto al patteggiamento, poiché l'una si colloca nella fase precedente l'irrogazione della sanzione mentre l'altro si svolge nella fase successiva in cui la sanzione e stata già irrogata, in questa momento storico di transizione (in cui si continua ad applicare anche il regime superato dalla nuova legge), si ritiene utile richiamare l'attenzione sul principio innovativo dell' immutabilità. Sarebbe infatti opportuno che le amministrazioni, ove facessero ricorso al patteggiamento, ispirassero la propria condotta al principio, introdotto dalla nuova normativa, che richiede il mantenimento della medesima tipologia di sanzione.

Naturalmente, per quanta riguarda la disciplina sostanziale relativa ad infrazioni e sanzioni, in virtù del principio generale di legalità, le nuove fattispecie disciplinari e penali, con le correlate sanzioni e pene, non potranno trovare applicazione a fatti che si sono verificati prima dell'entrata in vigore della legge in quanta più sfavorevoli all'incolpato. Quindi, anche nell'ipotesi in cui l'amministrazione abbia notizia dopo l' entrata in vigore del decreto legislativo di fatti commessi prima di tale momento, per gli aspetti sostanziali dovrà comunque far riferimento alla normativa contrattuale e legislativa previgente pur se per gli aspetti procedurali, come sopra precisato, dovrà applicare il nuovo regime.

Per quanta riguarda il regime delle impugnazioni, occorre tener conto di alcune espresse previsioni normative. In particolare, l'art. 73, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009 esclude espressamente la possibilità di impugnare sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina. Tale disposizione prevede contestualmente che "i procedimenti di impugnazione di sanzioni disciplinari pendenti dinanzi ai predetti collegi alla data di entrata in vigore del presene decreto sono definiti, a pena di nullità degli atti, entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla predetta data".

In tal caso è stata compiuta una precisa scelta del legislatore nel senso della non ulteriore applicabilità del regime precedente, con l'unica deroga relativa ai procedimenti già avviati che debbono essere portati a conclusione celermente.
Pertanto, anche nel caso in cui - per le ipotesi sopra indicate - si dovesse continuare ad applicare il precedente regime del procedimento disciplinare, le sanzioni non potranno comunque essere più impugnate di fronte ai collegi di disciplina (organismi che, peraltro, già avrebbero dovuto cessare con la tornata contrattuale 1998/2001, come previsto dall'art. 72, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, ma che di fatto hanno continuato la loro attività in alcune amministrazioni).

Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per la possibilità di impugnare le sanzioni disciplinari di fronte all' arbitro unico, secondo la disciplina contenuta nel CCNQ del 23 gennaio 2001 (prorogato con CCNQ del 24 luglio 2003), benché esso non venga espressamente menzionato nelle disposizioni normative. La motivazione risiede nel fatto che il novellato art. 55, comma 3 primo periodo, prevede che "la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari" . Si tratta di una norma imperativa, come stabilisce il precedente comma 1 che preclude, per l'avvenire, anche l'applicazione di clausole contenute in contratti collettivi già vigenti, in conseguenza del meccanismo della sostituzione automatica di clausole nulle introdotto dal medesimo comma 1 mediante il rinvio agli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c .. Pertanto, salva la possibilità di portare a conclusione i procedimenti di impugnazione già pendenti al momento dell' entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009 (nel caso dei collegi arbitrali entro il termine di 60 giorni dall' entrata in vigore del decreto legislativo a pena di nullità), da tale momento deve ritenersi preclusa l'impugnabilità delle sanzioni disciplinari sia ai collegi arbitrali di cui all'abrogato art. 55 sia all'arbitro unico di cui al CCNQ del 23 gennaio 2001.

IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L'INNOVAZIONE
F.to Renato Brunetta

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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Nota - D.P.R. n. 235 del 21 novembre 2007 - Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria 04/07/2008 n° 3602 PO
Prassi, Circolari, Note

Prot n. 3602/P0

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione 
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione 

Roma, 4 luglio 2008

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI

Al Sovrintendentcolastico per la Provincia di BOLZANO

Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di TRENTO

All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca BOLZANO

All’Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine BOLZANO

Al Sovrintendente agli Studi per la Regione Autonoma della Valle d’Aosta 
AOSTA

Ai Presidenti delle Consulte Provinciali Degli Studenti
LORO SEDI

Alle associazioni degli Studenti
LORO SEDI

Alle Associazioni dei Genitori
LORO SEDI 

Oggetto: D.P.R. n. 235 del 21 novembre 2007 -  Regolamento recante  modifiche ed integrazioni al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria

 

Nella Gazzetta n. 293 del 18.12.2007 è stato pubblicato il D.P.R  n. 235 del 21 novembre 2007 - Regolamento che apporta modifiche ed integrazioni al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria. 

PREMESSA

I fatti di cronaca che hanno interessato la scuola, negli ultimi anni, dalla trasgressione delle comuni regole di convivenza sociale agli episodi più gravi di violenza e bullismo hanno determinato l’opportunità di integrare e migliorare lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti, approvato con DPR n. 249/1998. La scuola, infatti, quale luogo di crescita civile e culturale della persona, rappresenta, insieme alla famiglia, la risorsa più idonea ad arginare il rischio del dilagare di un fenomeno di caduta progressiva sia della cultura dell’osservanza delle regole sia della consapevolezza che la libertà personale si realizza nel rispetto degli altrui diritti e nell’adempimento dei propri doveri.
Il compito della scuola, pertanto, è quello di far acquisire non solo competenze, ma anche valori da trasmettere per formare cittadini che abbiano senso di identità, appartenenza e responsabilità .
Al raggiungimento di tale obiettivo è chiamata l’autonomia scolastica, che consente alle singole istituzioni scolastiche di programmare e condividere con gli studenti, con le famiglie, con le altre componenti scolastiche e le istituzioni del territorio, il percorso educativo da seguire per la crescita umana e civile dei giovani.
Ed infatti obiettivo delle norme introdotte con il regolamento in oggetto, non è solo la previsione di sanzioni più rigide e più adeguate a rispondere a fatti di gravità eccezionale quanto, piuttosto la realizzazione di un’alleanza educativa tra famiglie, studenti ed operatori scolastici, dove le parti assumano impegni e responsabilità e possano condividere regole e percorsi di crescita degli studenti.
Con le recenti modifiche non si è voluto quindi stravolgere l’impianto culturale e normativo che sta alla base dello Statuto delle studentesse e degli studenti e che rappresenta, ancora oggi, uno strumento fondamentale per l’affermazione di una cultura dei diritti e dei doveri tra le giovani generazioni di studenti. Tuttavia, a distanza di quasi dieci anni dalla sua emanazione, dopo aver sentito le osservazioni e le proposte delle rappresentanze degli studenti e dei genitori,  si è ritenuto  necessario apportare delle modifiche alle norme che riguardano le sanzioni disciplinari (art. 4) e le relative impugnazioni (art. 5).
In particolare, anche di fronte al diffondersi nelle comunità scolastiche di fenomeni, talvolta gravissimi, di violenza, di bullismo o comunque di offesa alla dignità ed al rispetto della persona umana, si è inteso introdurre un apparato normativo che consenta alla comunità educante di rispondere ai fatti sopra citati con maggiore severità sanzionatoria.
Si è infatti voluto offrire alle scuole la possibilità di sanzionare con la  dovuta severità, secondo un criterio di gradualità e di proporzionalità, quegli episodi disciplinari che, pur rappresentando un’esigua minoranza rispetto alla totalità dei comportamenti aventi rilevanza disciplinare, risultano particolarmente odiosi ed intollerabili, soprattutto se consumati all’interno dell’istituzione pubblica preposta all’educazione dei giovani. La scuola deve poter avere gli strumenti concreti di carattere sia educativo che sanzionatorio per far comprendere ai giovani la gravità ed il profondo disvalore sociale di atti o  comportamenti di violenza, di sopraffazione nei confronti di coetanei disabili, portatori di handicap o, comunque, che si trovino in una situazione di difficoltà. Comportamenti che, come afferma chiaramente la norma, configurino delle fattispecie di reati che violano la dignità ed il rispetto della persona umana o che mettano in pericolo l’incolumità delle persone e che, al contempo, nei casi più gravi, siano caratterizzati dalla circostanza di essere stati ripetuti dalla stessa persona, nonostante per fatti analoghi fosse già stato sanzionato, e che quindi siano connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale nell’ambito della comunità scolastica. Di fronte a tali situazioni, che la norma descrive in via generale, la scuola deve poter rispondere con fermezza ed autorevolezza al fine di svolgere pienamente il suo ruolo educativo e, al tempo stesso, di prevenire il verificarsi dei predetti fatti.
I comportamenti riprovevoli, e connotati da un altissimo grado di disvalore sociale, non possono essere trattati al pari delle comuni infrazioni disciplinari, ma devono poter essere sanzionati con maggiore rigore e severità, secondo un principio di proporzionalità tra la sanzione irrogabile e l’infrazione disciplinare commessa.
 L’inasprimento delle sanzioni, per i gravi o gravissimi episodi sopra citati, si inserisce infatti in un quadro più generale di educazione alla cultura della legalità intesa come rispetto della persona umana e delle regole poste a fondamento della convivenza sociale.

CONTENUTO DEI REGOLAMENTI D’ISTITUTO

Occorre innanzitutto premettere che destinatari delle norme contenute nello Statuto delle Studentesse e degli Studenti sono gli alunni delle scuole secondarie  di 1° e 2° grado. Per gli alunni della scuola elementare risulta ancora vigente il Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297, salvo che con riferimento alle disposizioni da ritenersi abrogate per incompatibilità con la disciplina successivamente intervenuta. Le disposizioni così sopravvissute devono poi essere comunque “attualizzate” tramite la contestuale applicazione delle regole generali sull’azione amministrativa derivanti dalla L. n 241/1990, come più avanti si ricorderanno. 
La legge n. 241/1990, che detta norme sul procedimento amministrativo, costituisce comunque il quadro di riferimento di carattere generale per gli aspetti procedimentali dell’azione disciplinare nei confronti degli studenti.
Il D.P.R. in oggetto apporta sostanziali novità in materia di disciplina, con specifico riferimento alle infrazioni disciplinari, alle sanzioni applicabili e all’impugnazione di quest’ultime.
Le modifiche introdotte impongono alle singole istituzioni scolastiche di adeguare ad esse i regolamenti interni. 
Appare necessario, a seguito delle modifiche introdotte dal D.P.R. in oggetto, ricapitolare i contenuti dei regolamenti d’istituto in tema di disciplina, come risultanti unitariamente dalle vecchie e dalle nuove norme.
Detti regolamenti dovranno individuare: 

le mancanze disciplinari. Partendo dalla previsione dell’ art. 3 del  citato D.P.R. n 249/98, che individua dei macro-doveri comportamentali facenti riferimento ad ambiti generali del vivere insieme, i regolamenti delle istituzioni scolastiche devono declinare gli stessi, tramite la specificazione di doveri e/o divieti di comportamento e di condotta.le sanzioni  da correlare alle mancanze disciplinari. Le sanzioni diverse dall’allontanamento dalla comunità scolastica sono appannaggio del regolamento delle istituzioni scolastiche, che quindi le dovrà specificatamente individuare. A tal fine le istituzioni scolastiche si ispireranno al principio fondamentale della finalità educativa e “costruttiva” e non solo punitiva della sanzione e alla non interferenza tra sanzione disciplinare e valutazione del profitto (art 4, comma 3, DPR 249). Quello che si richiede alle scuole è uno sforzo di tipizzazione di quei comportamenti generali cui ricollegare le sanzioni e non un rinvio generico allo Statuto delle studentesse e degli studenti, che di per sé non contiene fattispecie tipizzate, se non nei casi gravissimi.gli organi competenti a comminare le sanzioni. Il regolamento d’istituto è chiamato ad identificare gli organi competenti ad irrogare le sanzioni diverse dall’allontanamento dalla comunità scolastica (ad es. docente, dirigente scolastico o consiglio di classe). Le sanzioni comportanti l’allontanamento dalla comunità scolastica sono, inoltre, riservate dal D.P.R. alla competenza del Consiglio di Classe e del Consiglio d’Istituto. 
Al riguardo va osservato che, a seguito delle recenti modifiche normative, la competenza di irrogare sanzioni che comportino l’allontanamento non viene più attribuita genericamente in capo ad un organo collegiale, come avveniva nel testo normativo previgente.
E’ stato, viceversa, specificato dall’art. 4 comma 6 che: a) le sanzioni ed i provvedimenti che comportano l’allontanamento dalla comunità scolastica per un periodo inferiore a 15 giorni sono sempre adottati dal CONSIGLIO DI CLASSE; b) le sanzioni che comportano un allontanamento superiore a 15 giorni, ivi compresi l’allontanamento fino al termine delle lezioni o con esclusione dallo scrutinio finale o la non ammissione all’esame di Stato conclusivo del corso di studi, sono sempre adottate dal CONSIGLIO DI ISTITUTO.
In particolare, con riferimento al Consiglio di classe si deve ritenere che l’interpretazione maggiormente conforme al disposto normativo (art. 5 D.Lgs. n. 297/1994) sia nel senso che tale organo collegiale quando esercita la competenza in materia disciplinare deve operare nella composizione allargata a tutte le componenti, ivi compresi pertanto gli studenti e i genitori, fatto salvo il dovere di astensione (es. qualora faccia parte dell’organo lo studente sanzionato o il genitore di questi)e di successiva e conseguente surroga.il procedimento di irrogazione delle sanzioni disciplinari, con specifico riferimento ad es. alla forma e alle modalità di contestazione dell’addebito;  forma e modalità di attuazione del contraddittorio; termine di conclusione.procedure di elaborazione condivisa e sottoscrizione del Patto educativo di  corresponsabilità. E’ questo un ulteriore e nuovo elemento di contenuto del regolamento d’istituto, introdotto dal D.P.R.n. 235 del 2007.  PRINCIPI GENERALI

Occorre tener presente che il nuovo testo normativo tende a sottolineare la funzione educativa della sanzione disciplinare, rafforzando la possibilità di recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica (Art. 4 comma 2).
Pertanto i regolamenti d’istituto individueranno le sanzioni disciplinari rispondenti alla predetta finalità, per esempio, le attività di volontariato nell’ambito della comunità scolastica, le attività di segreteria, la pulizia dei locali della scuola, le piccole manutenzioni, l’attività di ricerca, il riordino di cataloghi e di archivi presenti nelle scuole,la frequenza di specifici corsi di formazione su tematiche di rilevanza sociale o culturale, la produzione di elaborati (composizioni scritte o artistiche) che inducano lo studente ad uno sforzo di riflessione e di rielaborazione critica di episodi verificatisi nella scuola, etc. 
Le misure sopra richiamate, alla luce delle recenti modifiche si configurano non solo come sanzioni autonome diverse dall’allontanamento dalla comunità scolastica, ma altresì come misure accessorie che si accompagnano alle sanzioni di allontanamento dalla comunità stessa .
Le norme introdotte dal D.P.R. 235, però, tendono anche a sanzionare con  maggiore rigore i comportamenti più gravi, tenendo conto, non solo della situazione personale dello studente, ma anche della gravità dei comportamenti e delle conseguenze  da essi derivanti. Nell’attuazione delle suddette sanzioni, infatti, occorrerà ispirarsi al principio di gradualità della sanzione, in stretta correlazione con la gravità della mancanza disciplinare commessa.
Occorre, inoltre, sottolineare che le sanzioni disciplinari sono sempre temporanee ed ispirate, per quanto possibile, alla riparazione del danno. (Art.4 – Comma 5). 
Ove il fatto costituente violazione disciplinare sia anche qualificabile come reato in base all’ordinamento penale, si ricorda che il dirigente scolastico sarà tenuto alla presentazione di denuncia all’autorità giudiziaria penale in applicazione dell’art 361 c.p.. 
  
CLASSIFICAZIONE DELLE SANZIONI

Per maggiore chiarezza, si riporta una classificazione delle sanzioni disciplinari secondo un crescendo di gravità.
A tal proposito va precisato che, le esemplificazioni che seguono non sono esaustive delle possibili mancanze disciplinari, né delle possibili sanzioni, ma scaturiscono da una ampia ricognizione delle esperienze di molte scuole e dei loro regolamenti d’istituto.
A) Sanzioni diverse dall’allontanamento temporaneo dalla comunità scolastica (art. 4 – Comma 1) Si tratta di sanzioni non tipizzate né dal D.P.R. n. 249 né dal D.P.R. n. 235, ma che devono essere definite ed individuate dai singoli regolamenti d’istituto, insieme, come già detto nel paragrafo precedente, alle mancanze disciplinari, agli organi competenti ad irrogarle ed alle procedure 
B) Sanzioni che comportano l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per un periodo non superiore a 15 giorni  ( Art. 4 - Comma 8):
Tale sanzione - adottata dal Consiglio di Classe -  è comminata soltanto in caso di gravi o reiterate infrazioni disciplinari derivanti dalla violazione dei doveri di cui all’art. 3 del D.P.R.  n. 249/98.
Durante il suddetto periodo di allontanamento è previsto un rapporto con lo studente e con  i suoi genitori  al fine di preparare il rientro dello studente sanzionato nella comunità scolastica.
C) Sanzioni che comportano l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per un periodo  superiore a 15 giorni (Art. 4 – Comma 9). 
Le suddette sanzioni sono adottate dal Consiglio d’istituto, se ricorrono due condizioni, entrambe necessarie:
1) devono essere stati commessi “reati che violino la dignità e il rispetto della persona umana ( ad es. violenza privata, minaccia, percosse, ingiurie, reati di natura sessuale etc.), oppure deve esservi una concreta situazione di pericolo per l’incolumità delle persone (ad es. incendio o allagamento); 
2) il fatto commesso deve essere di tale gravità da richiedere una deroga al limite dell’allontanamento fino a 15 giorni previsto dal 7° comma dell’art. 4 dello Statuto. In tal caso la durata dell’allontanamento è adeguata alla gravità dell’infrazione, ovvero al permanere della situazione di pericolo.
  Si precisa che l’iniziativa disciplinare di cui deve farsi carico la scuola può essere assunta in presenza di fatti tali da configurare una fattispecie astratta di reato prevista dalla normativa penale.
Tali fatti devono risultare verosimilmente e ragionevolmente accaduti indipendentemente dagli autonomi e necessari accertamenti che, anche sui medesimi fatti, saranno svolti dalla magistratura inquirente e definitivamente acclarati con successiva sentenza del giudice penale.
Nei periodi di allontanamento superiori a 15 giorni, la scuola promuove  - in coordinamento con la famiglia dello studente e, ove necessario, con i servizi sociali e l’autorità giudiziaria - un percorso di recupero educativo  mirato all’inclusione, alla responsabilizzazione e al reintegro, ove possibile, nella comunità scolastica.
D) Sanzioni che comportano l’allontanamento  dello studente dalla comunità scolastica fino al termine dell’anno scolastico ( Art. 4 - comma 9bis):
L’irrogazione di tale sanzione, da  parte del Consiglio d’Istituto,  è prevista alle seguenti condizioni, tutte congiuntamente ricorrenti:
1) devono ricorrere situazioni di recidiva, nel caso di reati che violino la dignità e il rispetto per la persona umana, oppure atti di grave violenza o connotati da una particolare gravità tali da determinare seria apprensione a livello sociale;
2) non sono esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l’anno scolastico; 
Con riferimento alle sanzioni di cui ai punti C e D, occorrerà evitare che l’applicazione di tali sanzioni determini, quale effetto implicito, il superamento dell’orario minimo di frequenza richiesto per la validità dell’anno scolastico. Per questa ragione dovrà essere prestata una specifica e preventiva attenzione allo scopo di verificare che il periodo di giorni per i quali si vuole disporre l’allontanamento dello studente non comporti automaticamente, per gli effetti delle norme di carattere generale, il raggiungimento di un numero di assenze tale da compromettere comunque la possibilità per lo studente di essere valutato in sede di scrutinio.
E Sanzioni che comportano l’esclusione dello studente dallo scrutinio finale o la non ammissione all’esame di stato conclusivo del corso di studi (Art. 4 comma 9 bis e 9 ter)
Nei casi  più gravi di quelli già indicati al punto D ed al ricorrere delle stesse condizioni ivi indicate, il Consiglio d’istituto può disporre l’esclusione dello studente dallo scrutinio finale o la non ammissione all’esame di Stato conclusivo del corso di studi (Comma 9 bis).
E’ importante sottolineare che le  sanzioni disciplinari di cui ai punti B,C,D ed E possono essere irrogate soltanto previa verifica, da parte dell’istituzione scolastica, della sussistenza di elementi concreti e precisi dai quali si evinca la responsabilità disciplinare dello studente  (Comma 9 ter).

* * *

La sanzione disciplinare, inoltre, deve specificare in maniera chiara  le motivazioni che hanno reso necessaria l’irrogazione della stessa (art. 3 L. 241/1990) . Più la sanzione è grave e più sarà necessario il rigore motivazionale, anche al fine di dar conto del rispetto del principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione medesima.
Nel caso di sanzioni che comportano l’allontanamento fino alla fine dell’anno scolastico, l’esclusione dallo scrutinio finale, la non ammissione agli esami di stato, occorrerà, anche esplicitare i motivi per cui ”non siano esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l’anno scolastico”.
Di norma, (si rinvia in proposito alle disposizioni sull’autonomia scolastica) le sanzioni disciplinari,  al pari delle altre informazioni relative alla carriera  dello studente, vanno inserite nel suo fascicolo personale  e, come quest’ultimo, seguono lo studente  in occasione di trasferimento da una scuola ad un’altra o di passaggio da un grado all’altro di scuola. Infatti, le sanzioni disciplinari non sono considerati dati sensibili, a meno che nel testo della sanzione non si faccia riferimento a dati sensibili che riguardano altre persone coinvolte nei fatti che hanno dato luogo alla sanzione stessa (es. violenza sessuale). In tali circostanze si applica il principio dell’indispensabilità del trattamento dei dati sensibili che porta ad operare con “omissis” sull’identità delle persone coinvolte e comunque nel necessario rispetto del D.Lgs. n. 196 del 2003 e del DM 306/2007. 
Ai fini comunque di non creare pregiudizi nei confronti  dello studente che opera il passaggio all’altra scuola si suggerisce una doverosa riservatezza circa i fatti che hanno visto coinvolto lo studente. 
Va sottolineato, inoltre, che il cambiamento di scuola non pone fine ad un procedimento disciplinare iniziato, ma esso segue il suo iter fino alla conclusione.
Ovviamente i regolamenti d’istituto dovranno contenere anche precisazioni in ordine a quanto precede.

IMPUGNAZIONI

Per quanto attiene all’impugnazione  (Art. 5) delle suddette sanzioni disciplinari le modifiche introdotte dal regolamento in questione sono finalizzate a garantire da un lato “il diritto di difesa” degli studenti e, dall’altro, la snellezza e rapidità del procedimento, che deve svolgersi e concludersi alla luce di quanto previsto, della Legge 7 agosto 1990, n. 241.
Va rammentato, infatti, che il procedimento disciplinare verso gli alunni è azione di natura amministrativa, per cui il procedimento che si mette in atto costituisce procedimento amministrativo, al quale si applica la normativa introdotta dalla Legge  n. 241/90 e successive modificazioni, in tema di avvio del procedimento, formalizzazione dell’istruttoria, obbligo di conclusione espressa, obbligo di motivazione e termine.
Il sistema di impugnazioni delineato dall’art. 5 del D.P.R. non incide automaticamente sull’esecutività della sanzione disciplinare eventualmente irrogata, stante il principio generale che vuole dotati di esecutività gli atti amministrativi pur non definitivi: la sanzione potrà essere eseguita pur in pendenza del procedimento di impugnazione, salvo quanto diversamente stabilito nel regolamento di istituto. 
Contro le sanzioni disciplinari anzidette è ammesso ricorso da parte di chiunque vi abbia interesse (genitori, studenti), entro quindici giorni dalla comunicazione ad un apposito Organo di Garanzia interno alla scuola, istituito e disciplinato dai regolamenti delle singole istituzioni scolastiche. 
L’organo di garanzia dovrà esprimersi nei successivi dieci giorni (Art. 5  - Comma 1). 
Qualora l’organo di garanzia non decida entro tale termine, la sanzione non potrà che ritenersi confermata.
Si evidenzia che il Regolamento di modifica dello Statuto ha meglio definito, anche se non rigidamente, nel rispetto delle autonomie delle singole istituzioni scolastiche – la sua composizione. Esso – sempre presieduto dal Dirigente Scolastico - di norma, si compone , per la scuola secondaria  di 2° grado da un docente designato dal consiglio d’istituto, da un rappresentante eletto dagli studenti e da un rappresentante eletto dai genitori; per la scuola secondaria di 1° grado, invece, da un docente designato dal Consiglio d’istituto e da due rappresentanti eletti dai genitori  (Art. 5  - Comma 1). 
A proposito va sottolineato che i regolamenti dovranno precisare:
a) la composizione del suddetto organo in ordine:
1) al n. dei suoi membri, che in ragione delle componenti scolastiche che devono rappresentare non possono essere meno di quattro;
2) alle procedure di elezione e subentro dei membri, nonché alla possibilità di nominare membri supplenti, in caso di incompatibilità (es. qualora faccia parte dell’O.G. lo stesso soggetto che abbia irrogato la sanzione) o di dovere di astensione (es. qualora faccia parte dell’O.G. lo studente sanzionato o un suo genitore)
b) il funzionamento dell’organo di garanzia, nel senso che occorrerà precisare: 
1) se tale organo in prima convocazione debba essere “perfetto”(deliberazioni valide se sono presenti tutti i membri) e magari in seconda convocazione funzioni solo con i membri effettivamente partecipanti alla seduta o se, al contrario, non sia mai necessario, per la validità delle deliberazioni, che siano presenti tutti i membri;
2) il valore dell’astensione di qualcuno dei suoi membri (se influisca o meno sul conteggio dei voti).
L’organo di garanzia decide  - su richiesta degli studenti della scuola secondaria superiore o di chiunque vi abbia interesse -  anche sui conflitti che sorgono all’interno della scuola in merito all’applicazione del presente regolamento (Art. 5 Comma 2). 

ORGANO  DI  GARANZIA  REGIONALE 

Il comma 3 del citato art. 5 modifica l’ulteriore fase di impugnatoria: la competenza a decidere sui reclami contro le violazioni dello Statuto, anche contenute nei regolamenti d’istituto, già prevista dall’originario testo del DPR 249, viene specificatamente attribuita alla competenza del Direttore dell’Ufficio scolastico regionale.
Il rimedio in esame, attraverso la valutazione della legittimità del provvedimento in materia disciplinare, potrà costituire occasione di verifica del rispetto delle disposizioni contenute nello Statuto sia nell’emanazione del provvedimento oggetto di contestazione sia nell’emanazione del regolamento d’istituto ad esso presupposto.
E’ da ritenersi che, in tal caso, il termine per la proposizione del reclamo sia di quindici giorni, in analogia con quanto previsto dal comma 1 dell’art. 5, decorrenti dalla comunicazione della decisione dell’organo di garanzia della scuola o dallo spirare del termine di decisione ad esso attribuito.
  La decisione è subordinata al parere vincolante di un organo di garanzia regionale di nuova istituzione – che dura in carica due anni scolastici. Detto organo - presieduto dal Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale o da un suo delegato – è composto, di norma, per la scuola secondaria di II grado, da due studenti designati dal coordinamento regionale delle consulte provinciali degli studenti, da tre docenti  e da un genitore designatinell’ambito della comunità scolastica regionale. Per la scuola secondaria di I grado, in luogo degli studenti sono designati altri due genitori.
Con riferimento alla designazione dei genitori, nel rispetto dell’autonoma decisione di ciascun Ufficio Scolastico Regionale, si suggerisce che la stessa avvenga nell’ambito dei rappresentanti del Forum Regionale delle Associazioni dei genitori (FORAGS).  
Per quanto concerne, invece la designazione dei docenti,  lasciata alla competenza dei Direttori degli Uffici Scolastici Regionali, la scelta potrà tener conto, per quanto possibile, dell’opportunità di non procurare aggravi di spesa in ordine al rimborso di titoli di viaggio.
 L’organo di garanzia regionale, dopo aver verificato la corretta applicazione della normativa e dei regolamenti, procede all’istruttoria esclusivamente sulla base della documentazione acquisita o di memorie scritteprodotte da chi propone il reclamo o dall’Amministrazione (Comma 4).  Non è consentita in ogni caso l’audizione orale del ricorrente o di altri controinteressati.
Il comma 5 fissa il termine perentorio di 30 giorni, entro il quale l’organo di garanzia regionale deve esprimere il proprio parere. Qualora entro  tale termine l‘organo di garanzia  non abbia comunicato il parere o rappresentato esigenze istruttorie, per cui il termine è sospeso per un periodo massimo di 15 giorni e per una sola volta (Art.16 - comma 4 della Legge 7 agosto 1990, n. 241), il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale può decidere indipendentemente dal parere.  

PATTO EDUCATIVO DI CORRESPONSABILITÀ

Si tratta di un’assoluta novità (art. 5-bis dello Statuto), in diverse scuole già anticipata dalla prassi in essere. 
La disposizione di cui all’art. 5 bis va coordinata con le altre disposizioni dello Statuto ed in particolare, laddove fa riferimento a “diritti e doveri nel rapporto fra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie”, essa va coordinata con gli artt. 2 e 3 che prevedono già “diritti” e “doveri” degli studenti, anche al fine di distinguere il Patto educativo di corresponsabilità, così introdotto, dal regolamento d’istituto e/o di disciplina.
Può allora osservarsi che i destinatari naturali del patto educativo di cui alla disposizione in questione siano i genitori, ai quali la legge attribuisce in primis il dovere di educare i figli (art. 30 Cost., artt. 147, 155, 317 bis c.c.) 
L’obiettivo del patto educativo, in sostanza, è quello di impegnare le famiglie, fin dal momento dell’iscrizione, a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa.
La scuola dell’autonomia può svolgere efficacemente la sua funzione educativa soltanto se è in grado di instaurare una sinergia virtuosa, oltre che con il territorio, tra i soggetti che compongono la comunità scolastica: il dirigente scolastico, il personale della scuola, i docenti, gli studenti ed i genitori. L’introduzione del patto di corresponsabilità è orientata a porre in evidenza il ruolo strategico che può essere svolto dalle famiglie nell’ambito di un’alleanza educativa che coinvolga la scuola, gli studenti ed i loro genitori ciascuno secondo i rispettivi ruoli e responsabilità. 
Il “patto” vuole essere dunque uno strumento innovativo attraverso il quale declinare i reciproci rapporti, i diritti e i doveri che intercorrono tra l’istituzione scolastica e le famiglie.
La norma, contenuta nell’art. 5 bis, si limita ad introdurre questo strumento pattizio e a definire alcune caratteristiche generali lasciando alla libertà delle singole istituzioni scolastiche autonome il compito di definire contenuti e modelli applicativi che devono scaturire dalle esigenze reali e dall’esperienza concreta delle scuole, non potendo essere astrattamente enucleati a livello centrale.
Ad esempio, a fronte del ripetersi di episodi di bullismo o di vandalismo, ritenendosi di orientare prioritariamente l’azione educativa al rispetto dell’ “altro”, sia esso persona o patrimonio, la scuola opererà su un doppio versante: da un lato potrà intervenire sulla modifica del regolamento d’istituto individuando le sanzioni più adeguate, dall’altro, si avvarrà del Patto educativo di corresponsabilità, per rafforzare la condivisione da parte dei genitori delle priorità educative e del rispetto dei diritti e dei doveri di tutte le componenti presenti nella scuola. 
Ciò consente di distinguere dunque, sul piano concettuale, il Patto educativo di corresponsabilità dal regolamento d’istituto.
Patto condiviso tra scuola e famiglia sulle priorità educative il primo, vincolante con la sua sottoscrizione; atto unilaterale della scuola verso i propri studenti teso a fornire loro la specificazione dei comportamenti ad essi consentiti o vietati il secondo, vincolante con la sua adozione e pubblicazione all’albo.
L’azione della scuola tesa alla sottoscrizione del Patto potrà costituire occasione per la diffusione della conoscenza della parte disciplinare del regolamento d’istituto (così come degli altri “documenti” di carattere generale che fondano le regole della comunità scolastica, quali il Piano dell’offerta formativa e  la Carta dei servizi), ma i due atti dovranno essere tenuti distinti nelle finalità e nel contenuto.
Appare il caso di evidenziare che l’introduzione del Patto di corresponsabilità si inserisce all’interno di una linea di interventi di carattere normativo e amministrativo attraverso i quali si sono voluti richiamare ruoli e responsabilità di ciascuna componente della comunità scolastica: docenti, dirigenti scolastici, studenti e, da ultimo, genitori. Al fine di consentire all’istituzione scolastica di realizzare con successo le finalità educative e formative cui è istituzionalmente preposta, ciascun  soggetto è tenuto ad adempiere correttamente ai doveri che l’ordinamento gli attribuisce. In questa ottica, pertanto, gli studenti sono tenuti ad osservare i doveri sanciti dallo Statuto degli studenti e delle studentesse, in particolare quelli contemplati negli articoli 3 e 4 del D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249 come modificato ed integrato dal recente D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235; il personale docente quelli attinenti alla deontologia professionale enucleati dalla legge e dai Contratti collettivi nazionali di lavoro.
L’inosservanza di tali doveri comporterà, per gli studenti, l’applicazione delle sanzioni disciplinari secondo il sistema che è stato sopra illustrato, per il personale scolastico, l’esercizio rigoroso, tempestivo ed efficace del potere disciplinare anche alla luce di quanto previsto dalla più recente normativa (si veda, in particolare, la circolare n. 72 del 19 dicembre 2006 del M.P.I. -  Procedimenti e sanzioni disciplinari nel comparto scuola. Linee di indirizzo generali - e l’art. 2 comma 1 del D.L. 7 settembre 2007 n.147, convertito, con modificazioni, nella Legge 25 ottobre 2007 n.176).
Con particolare riferimento alla responsabilità civile che può insorgere a carico dei genitori, soprattutto in presenza di gravi episodi di violenza, di bullismo o di vandalismo, per eventuali danni causati dai figli a persone o cose durante il periodo di svolgimento delle attività didattiche, si ritiene opportuno far presente che i genitori, in sede di giudizio civile, potranno essere ritenuti direttamente responsabili dell’accaduto, anche a prescindere dalla sottoscrizione del Patto di corresponsabilità, ove venga dimostrato che non abbiano impartito ai figli un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti. Tale responsabilità, riconducibile ad una colpa in educando, potrà concorrere con le gravi responsabilità che possono configurarsi anche a carico del personale scolastico, per colpa in vigilando, ove sia stato omesso il necessario e fondamentale dovere di sorveglianza nei confronti degli studenti.
Sulla base di quanto sopra chiarito, e nell’ambito delle valutazioni autonome di ciascuna istituzione scolastica, il Patto di corresponsabilità potrà contenere degli opportuni richiami e rinvii alle disposizioni previste in materia dalla normativa vigente, allo scopo di informare le famiglie dei doveri e delle responsabilità gravanti su di loro in uno spirito di reciproca collaborazione che deve instaurarsi tra le diverse componenti della comunità scolastica. 
Infatti i doveri di educazione dei figli e le connesse responsabilità, non vengono meno per il solo fatto che il minore sia affidato alla vigilanza di altri (art. 2048 c.c., in relazione all’art. 147 c.c.)..
La responsabilità del genitore (art. 2048, primo comma, c.c.) e quella del “precettore” (art. 2048, secondo comma c.c.)  per il fatto commesso da un minore affidato alla vigilanza di questo ultimo, non sono infatti tra loro alternative, giacchè l’affidamento del minore alla custodia di terzi, se solleva il genitore dalla presunzione di “culpa in vigilando”, non lo solleva da quella di “culpa in educando”, rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore pur quando si trovi sotto la vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti (Cass. Sez III, 21.9.2000, n. 12501; 26.11.1998, n. 11984).
Il patto di corresponsabilità, pertanto, potrà richiamare le responsabilità educative che incombono sui genitori, in modo particolare nei casi in cui i propri figli si rendano responsabili di danni a persone o cose derivanti da comportamenti violenti o disdicevoli che mettano in pericolo l’incolumità altrui o che ledano la dignità ed il rispetto della persona umana.
In ogni caso, resta fermo che il Patto di corresponsabilità non potrà mai configurarsi quale uno strumento giuridico attraverso il quale introdurre delle clausole di esonero dalla responsabilità riconducibile in capo al personale scolastico in caso di violazione del dovere di vigilanza. Tale obbligo nei confronti degli studenti è infatti previsto da norme inderogabili del codice civile; di conseguenza, nell’ipotesi in cui il patto contenesse, in maniera espressa o implicita, delle clausole che prevedano un esonero di responsabilità dai doveri di vigilanza o sorveglianza  per i docenti o per il personale addetto, tali clausole dovranno ritenersi come non apposte in quanto affette da nullità.
Con riferimento, poi,  alle modalità di elaborazione, il D.P.R. 235 (comma 2 dell’art. 5 bis) rimette al regolamento d’istituto la competenza a disciplinare le procedure di elaborazione e di sottoscrizione del Patto. Ciò significa che la scuola, nella sua autonomia, ove lo preveda nel regolamento d’istituto, ha la facoltà di attribuire la competenza ad elaborare e modificare il patto in questione al Consiglio di istituto,dove sono rappresentate le diverse componenti della comunità scolastica, ivi compresi i genitori e gli studenti.
  Quanto al momento di sottoscrizione del patto, l’art. 5 bis comma 1 dispone che questa debba avvenire, da parte dei genitori e degli studenti, “contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica”. Come è noto, la procedura di iscrizione inizia con la presentazione della domanda, in generale entro gennaio, e termina con la conferma dell’avvenuta iscrizione, a seguito dell’acquisizione del titolo definitivo per il passaggio alla classe successiva, alla fine dell’anno scolastico di riferimento.
  Pertanto, è  proprio nell’ambito delle due settimane di inizio delle attività didattiche – art. 3 comma 3 – che ciascuna istituzione potrà porre in essere le iniziative più opportune per la condivisione e la presentazione del patto di corresponsabilità. (v.allegato)

Si invitano, pertanto, le singole istituzioni scolastiche a far pervenire presso il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca - Dipartimento per l’Istruzione - Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, all’indirizzo e-mail:studenti@istruzione.it  o via fax al numero 06/58495911, degli esempi di patti che verranno adottati al fine di raccogliere esperienze e metterle a disposizione di tutte le scuole italiane durante questa fase sperimentale di prima applicazione della nuova normativa. 

IL MINISTRO
F.to Maria Stella Gelmini

Keywords
#studenti: azione disciplinare#condividere #bullismo #educazione #severità #rigore #vandalismo #enucleare #tipizzare #alleanza #scaturire
Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) - Delibera - Linee guida n. 5, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici” - Aggiornate al d.lgs. 56 del 19/4/2017 con deliberazione del Consiglio n. 4 del 10 gennaio 2018 16/11/2016 n° 1190
Prassi, Circolari, Note

In ottemperanza a quanto previsto dall’art. 78 del d.lgs. 19 aprile 2016, n. 50 (di seguito Codice dei contratti pubblici), con le presenti linee guida vengono definiti i criteri e le modalità per l’iscrizione all’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici (di seguito Albo) da parte dei soggetti dotati di requisiti di compatibilità e moralità, nonché di
comprovata competenza e professionalità nello specifico settore a cui si riferisce il contratto. Con successivo Regolamento saranno definite le modalità per la trasmissione della documentazione necessaria per l’iscrizione all’Albo.
Le disposizioni contenute nelle presenti linee guida non si applicano alle procedure di aggiudicazione di contratti di appalto o concessioni effettuate dagli enti aggiudicatori che non siano amministrazioni aggiudicatrici quando svolgono una delle attività previste dagli articoli 115-121 del Codice.

Premessa

1. Ai sensi dell’art. 77 del Codice dei contratti pubblici la valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico, quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, compete a una commissione giudicatrice, composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l'oggetto del contratto. Per poter far parte della
commissione gli esperti devono necessariamente essere iscritti all’Albo, anche se appartenenti alla stazione appaltante che indice la gara. È da considerarsi interno alla stazione appaltante il commissario di gara scelto tra i dipendente dei diversi enti aggregati ai sensi dell’art. 37, commi 3 e 4, del Codice dei contratti pubblici, anche se gli stessi non hanno perfezionato
l’iter di costituzione delle forme aggregative di cui ai citati commi, a condizione che abbiano deliberato di dare vita alle medesime. Appartengono sempre alla stazione appaltante e non devono essere iscritti all’albo il segretario e il custode della documentazione di gara, se diverso dal segretario.

2. L’Albo è composto da:
a) una sezione ordinaria contenente l’elenco degli esperti che possono essere selezionati dall’Autorità a seguito di richiesta delle stazioni appaltanti nonché direttamente dalle stesse quando ricorrano le condizioni di cui al punto 3;
b) una sezione speciale, prevista dall’art. 77, comma 3, per le procedure di aggiudicazione svolte da Consip S.p.A., Invitalia S.p.A. e dai Soggetti Aggregatori Regionali di cui all’art. 9 del d.l. 66/2014, convertito con modificazioni dalla legge 89/2014.

3. In caso di affidamento di contratti per i servizi e le forniture d’importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, per i lavori di importo inferiore a un milione di euro o per quelli che non presentano particolare complessità, le stazioni appaltanti hanno la possibilità di nominare alcuni componenti interni, escluso il Presidente, nel rispetto del principio di rotazione. Sono considerate di non particolare complessità i sistemi dinamici di acquisizione di cui all’art. 55 del Codice dei contratti pubblici, le procedure interamente gestite tramite piattaforme telematiche di negoziazione, ai sensi dell’art. 58 del Codice dei contratti pubblici e quelle che prevedono l’attribuzione di un punteggio tabellare secondo criteri basati sul principio on/off (in presenza di un determinato elemento è attribuito un punteggio predeterminato, senza alcuna valutazione discrezionale, in assenza è attribuito un
punteggio pari a zero) sulla base di formule indicate nella documentazione di gara.

4. Nel caso di affidamento di contratti per servizi e forniture di elevato contenuto scientifico tecnologico o innovativo, relativi ad attività di ricerca e sviluppo, in considerazione della specificità dei profili, la stazione appaltante, quando ritiene che ricorrano le ragioni di cui all’art. 77, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, invia entro 30 giorni antecedenti il termine per la richiesta dell’elenco di candidati, una richiesta motivata all’Autorità per la selezione di componenti scelti tra un ristretto numero di esperti anche interni della medesima stazione appaltante. Nella richiesta, la stazione appaltante deve indicare i motivi per cui ritiene che non si possa far ricorso a esperti selezionati con estrazione tra quelli presenti nelle sottosezioni dell’Albo.
L’Autorità, può richiedere integrazioni alla documentazione prodotta o convocare in audizione la stazione appaltante. Ove l’Autorità non concordi su tutti o parte dei profili proposti procede con i criteri ordinari di estrazione nella sottosezione che la stazione appaltante deve comunque indicare nella richiesta.

5. L’elenco degli esperti iscritti all’Albo è pubblicato sul sito dell’Autorità. Sono sottratti alla pubblicazione i dati personali non pertinenti o eccedenti rispetto al fine di rendere conoscibile l’Albo.

1. Adempimenti delle stazioni appaltanti e la funzionalità delle commissioni giudicatrici

1.1 Nei documenti di gara, le stazioni appaltanti devono fornire informazioni dettagliate sulla composizione della commissione giudicatrice, sulle modalità di scelta degli eventuali componenti interni e di nomina del presidente, nonché sulle funzioni e compiti della commissione. La stazione appaltante deve indicare:
1) numero di membri della commissione giudicatrice (3 o 5). Al fine di ridurre i costi della gara e velocizzare i tempi di aggiudicazione è opportuno che le stazioni appaltanti prevedano un numero di commissari, di regola, pari a 3, salvo situazioni di particolare complessità nel quale il numero di commissari può essere elevato a 5;
2) caratteristiche professionali dei commissari di gara. I commissari devono essere iscritti nelle sottosezioni che individuano le professionalità possedute. La stazione appaltante deve motivare adeguatamente circa le professionalità richieste per la alutazione dell’offerta dal punto di vista tecnico ed economico. In generale sarà necessario ricorrere a esperti caratterizzati da professionalità distinte, a titolo esemplificativo, nei seguenti casi:
   1) contratti misti di appalto;
   2) gare su più lotti distinti, con unica commissione giudicatrice;
   3) affidamenti particolarmente complessi, ad esempio finanza di progetto, che richiedono la presenza di esperti di aree diverse.
3) qualora ne ricorrano le condizioni, numero di componenti interni della commissione. A tal fine occorre contemperare le esigenze di contenimento dei tempi e dei costi, insite nella scelta di commissari interni, con quelle di imparzialità, qualità degli affidamenti e prevenzione della corruzione, alla base dell’art. 77 del Codice dei contratti pubblici. Con l’eccezione degli affidamenti di contratti per i servizi e le forniture di elevato contenuto scientifico tecnologico o innovativo di cui all’art. 77, c. 3, la nomina di commissari interni, una volta entrato a regime il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, può essere effettuata solo quando nell’Albo vi siano un numero di esperti della stazione appaltante sufficiente a consentire il rispetto dei principi di indeterminatezza del nominativo dei commissari di gara prima della presentazione delle offerte (di cui all’art. 77, comma 7 del Codice dei contratti pubblici) e della rotazione delle nomine (di cui all’art. 77, comma 3 del Codice dei contratti pubblici). Nelle more le stazioni appaltanti procederanno alla nomina degli
interni iscritti all’albo, nei limiti delle disponibilità in organico.
4) modalità di selezione dei componenti, esterni e interni, prevedendo che la nomina dei commissari avviene dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte.
Inoltre, per quanto riguarda i componenti esterni, l’art. 77 stabilisce che:
a) l’Autorità ha cinque giorni di tempo per inviare la lista dei candidati decorrenti dalla data di invio della richiesta da parte della stazione appaltante;
b) la stazione appaltante procede con sorteggio pubblico alla scelta dei candidati;
c) i sorteggiati devono pronunciarsi, al momento dell’accettazione dell’incarico, in merito all’inesistenza di cause di incompatibilità e di astensione.
Ferma restando la libertà della stazione appaltante di scegliere il momento d’invio della richiesta all’Autorità della lista di candidati, purché successiva al momento di presentazione delle offerte, è opportuno che questa avvenga in prossimità della seduta in cui si aprono le offerte tecniche, almeno 15 giorni prima. Contestualmente all’invio della richiesta, la stazione appaltante rende nota la data e le modalità del sorteggio. Procedure analoghe devono essere seguite dalla stazione appaltante per la nomina dei componenti interni;
5) compiti attribuiti alla commissione giudicatrice. Il Codice dei contratti pubblici prevede che la commissione giudicatrice è responsabile della valutazione delle offerte tecniche ed economiche. La stazione appaltante può prevedere ulteriori adempimenti per la commissione, purché questi siano indicati nella documentazione di gara. Tra questi è da ricomprendere l’ausilio al RUP nella valutazione della congruità delle offerte tecniche, rimessa a quest’ultimo dalle Linee guida n. 3 del 26 ottobre 2016. Alla commissione non possono essere attribuiti compiti di amministrazione attiva, che competono alla stazione appaltante;
6) criteri per la scelta del Presidente. Tra i criteri possono essere previsti quello della competenza, la valutazione dei curricula, gli anni di esperienza maturati o il sorteggio;
7) durata prevista per i lavori della commissione giudicatrice, numero di sedute, pubbliche o riservate, previste per la commissione e i mezzi tecnici necessari per consentire ai commissari che ne facciano richiesta di lavorare a distanza, in modo da assicurare la riservatezza delle comunicazioni;
8) modalità di svolgimento dei lavori da parte della commissione. In generale la commissione i) apre in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche al fine di procedere alla verifica dell’integrità e della presenza dei documenti richiesti nel bando di gara ovvero della lettera di invito; ii) in una o più sedute riservate, o lavorando da remoto, mediante un canale telematico che assicuri l’autenticità nonché la riservatezza delle comunicazioni, la commissione valuta le offerte tecniche e procede alla assegnazione dei relativi punteggi applicando i criteri e le formule indicati nel bando o nella lettera di invito; iii) successivamente, in seduta pubblica, la commissione da lettura dei punteggi attribuiti alle singole offerte tecniche, procede alla apertura delle buste contenenti le offerte economiche e, data lettura dei ribassi espressi in lettere e delle riduzioni di ciascuna di esse, procede alla individuazione delle offerte che superano la soglia di anomalia di cui all’art. 97, comma 3 del Codice dei contratti pubblici ovvero indica al RUP le offerte che, secondo quanto previsto dall’art. 97, comma 6 del Codice dei contratti pubblici appaiono, sulla base di elementi specifici, potenzialmente anomale, ferma restando la facoltà del RUP di decidere al riguardo.

1.2 L’Autorità con ulteriori Linee Guida disciplina:
a) le procedure informatiche per garantire la casualità della scelta;
b) le modalità per garantire la corrispondenza tra la richiesta di professionalità da parte della stazione appaltante e la sezione di riferimento dell’Albo;
c) le modalità per garantire la rotazione degli esperti. Al riguardo rilevano il numero di incarichi effettivamente assegnati;
d) le comunicazioni che devono intercorrere tra l’Autorità, stazioni appaltanti e i commissari di gara per la tenuta e l’aggiornamento dell’Albo;
e) i termini del periodo transitorio da cui scatta l’obbligo del ricorso all’Albo.

1.3 Le stazioni appaltanti, una volta ricevuto l’elenco dei candidati, devono procedere al sorteggio pubblico, con procedure che garantiscano almeno la piena conoscenza della data del sorteggio e delle modalità di svolgimento dello stesso da parte di tutti i concorrenti. A tal fine esse dovranno indicare sul profilo di committente la data e la seduta apposita, ovvero altra seduta utile anche all’esercizio di altre funzioni, in cui svolgerà il sorteggio.

1.4 Al fine di velocizzare le operazioni di selezione della commissione giudicatrice, la stazione appaltante, al momento in cui riceve l’elenco dei candidati, comunica a questi ultimi l’oggetto della gara, il nominativo delle imprese ammesse, la data del sorteggio, quella per l’accettazione dell’incarico e quella della seduta pubblica di apertura delle offerte tecniche, cui la commissione deve partecipare. In tal modo il candidato è messo fin da subito nella condizione di poter valutare l’esistenza di cause di incompatibilità e di impossibilità a svolgere l’incarico, nonché, nel caso dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, attivare le procedure per la richiesta dell’autorizzazione di cui al punto 3.7. In caso di sussistenza delle predette cause di incompatibilità e/o impossibilità o di diniego dell’autorizzazione, il candidato ne dà tempestiva comunicazione alla stazione appaltante.

1.5 La stazione appaltante pubblica tempestivamente, comunque prima dell’insediamento della commissione, sul profilo del committente, nella sezione “amministrazione trasparente”, la composizione della commissione giudicatrice, i curricula dei componenti (art. 29, comma 1, del Codice dei contratti pubblici), il compenso dei singoli commissari e il costo complessivo,
sostenuto dall’amministrazione, per la procedura di nomina. La stazione appaltante dà comunicazione all’Autorità dell’avvenuta pubblicazione entro 3 giorni dalla stessa.

1.6 Nella valutazione dell’offerta tecnica la commissione di gara opera in piena autonomia rispetto alla stazione appaltante e deve valutare il contenuto dell’offerta secondo i criteri motivazionali presenti nei documenti di gara. Le stazioni appaltanti assicurano gli strumenti di ausilio ai commissari di gara per risolvere questioni di tipo amministrativo al fine di non
determinare interferenze nel processo di valutazione delle offerte.

1.7 Ai fini della prevenzione della corruzione il presidente della commissione e/o i singoli commissari segnalano immediatamente all’Autorità e, ove ravvisino ipotesi di reato, alla Procura della Repubblica competente qualsiasi tentativo di condizionamento della propria attività da parte di concorrenti, stazione appaltante e, in generale, di qualsiasi altro soggetto in grado di influenzare l’andamento della gara.

1.8 In caso di impedimento di uno o più candidati designati, ovvero in presenza di una causa ostativa di cui ai paragrafi 2 e 3, sarà individuato un sostituto nella rosa dei soggetti proposti dall’Autorità. Se i soggetti in lista non sono sufficienti, la stazione appaltante richiede all’Autorità un’integrazione alla lista dei candidati.

2. Comprovata esperienza e professionalità

Sezione ordinaria
2.1 La sezione ordinaria dell’Albo è divisa in sottosezioni individuate sulla base della normativa ordinistica e della nuova classificazione delle professioni CP2011, adottata dall’Istat in recepimento della International Standard Classification of Occupations – Isco08, dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. L’elenco delle sottosezioni è contenuto nell’Allegato. L’Allegato è aggiornato periodicamente con deliberazione dell’Autorità, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

2.2 Possono iscriversi a ciascuna sottosezione i seguenti soggetti:
a. professionisti la cui attività è assoggettata all’obbligo di iscrizione in ordini o collegi;
b. professionisti la cui attività non è assoggettata all’obbligo di iscrizione in ordini o collegi;
c. dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, secondo la definizione di cui all’art. 3, comma 1 lett. a) del Codice dei contratti pubblici;
d. professori ordinari, professori associati, ricercatori delle Università italiane e posizioni assimilate.

2.3 I professionisti esercenti professioni regolamentate per poter essere iscritti nell’Albo devono dimostrare di possedere i seguenti requisiti:
a) iscrizione all’ordine o collegio professionale di appartenenza da almeno 5 anni o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, 10 anni;
b) rispetto degli obblighi formativi di cui all’art. 7 del d.P.R. 7 agosto 2012, n. 137;
c) assenza di sanzioni disciplinari della censura o più gravi comminate dall’ordine o dal collegio nell’ultimo triennio o della sanzione della cancellazione;
d) regolarità degli obblighi previdenziali;
e) possesso della copertura assicurativa obbligatoria di cui all’art. 5 del d.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, per la copertura di danni all’amministrazione aggiudicatrice, anche in conseguenza di richieste risarcitorie di terzi;
f) aver svolto, nell’ultimo triennio, almeno 3 incarichi o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, 5 incarichi relativi alla sottosezione per cui si chiede l’iscrizione.
Rientrano tra gli incarichi oggetto di valutazione, oltre a quelli tipici dell’attività svolta, l’aver svolto funzioni di responsabile unico del procedimento, commissario di gara, direttore dei lavori o direttore dell’esecuzione. È valutabile tra gli incarichi l’aver conseguito un titolo di formazione specifica (master, dottorato, Phd) nelle materie relative alla contrattualistica pubblica o alla specifica sottosezione per cui si chiede l’iscrizione.

2.4 I professionisti la cui attività non è assoggettata all’obbligo di iscrizione in ordini o collegi devono dimostrare di possedere i seguenti requisiti:
a) eventuale iscrizione a un’associazione professionale di cui all’art. 2, comma 1, della legge
14 gennaio 2013, n. 4 o abilitazione all’esercizio di professioni non regolamentate da
almeno 5 anni o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, 10 anni. In assenza di
abilitazione o iscrizione a un’associazione professionale, documentazione attestante lo
svolgimento dell’attività professionale per un periodo pari a quello di cui al periodo
precedente;
b) eventuale assolvimento della formazione permanente di cui all’art. 2, comma 2, della legge
14 gennaio 2013, n. 4;

c) in caso di iscrizione a un’associazione professionale, assenza di sanzioni disciplinari della censura o più gravi comminate dalla stessa nell’ultimo triennio o della sanzione della cancellazione;

d) certificato di conformità alla norma tecnica UNI per la singola professione, laddove prevista, ai sensi dell’art. 6 della legge 14 gennaio 2013, n. 4;
e) regolarità degli obblighi previdenziali;
f) possesso di una copertura assicurativa che copra i danni che possono derivare dall’attività di commissario di gara, per la copertura di danni all’amministrazione aggiudicatrice, anche in conseguenza di richieste risarcitorie di terzi;
g) aver svolto almeno 3 incarichi o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, 5 incarichi relativi alla sottosezione per cui si chiede l’iscrizione. Rientrano tra gli incarichi oggetto di valutazione, oltre a quelli tipici dell’attività svolta, l’aver svolto funzioni di responsabile unico del procedimento, commissario di gara, direttore dei lavori o direttore dell’esecuzione. È valutabile tra gli incarichi l’aver conseguito un titolo di formazione specifica (master, dottorato, Phd) nelle materie relative alla contrattualistica
pubblica o alla specifica sottosezione per cui si chiede l’iscrizione.

2.5 I dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici possono essere iscritti se dimostrano di possedere i requisiti di cui ai punti 2.3 o 2.4. In alternativa i dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici devono dimostrare di possedere i seguenti requisiti:
a) essere alla dipendenze di una amministrazione aggiudicatrice da almeno 5 anni o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, da almeno 10 anni e avere un titolo di studio pari almeno alla laurea magistrale, o al diploma di laurea secondo il vecchio ordinamento;
b) abilitazione all’esercizio dell’attività professionale laddove prevista;
c) assenza di sanzioni disciplinari della censura o più gravi comminate nell’ultimo triennio, di procedimenti disciplinari per infrazioni di maggiore gravità in corso, o della sanzione del licenziamento;
d) possesso di una copertura assicurativa per poter svolgere la funzione di commissario in amministrazioni diverse da quelle di appartenenza che copra i danni che possono derivare dall’attività di commissario di gara, per la copertura di danni all’amministrazione aggiudicatrice, anche in conseguenza di richieste risarcitorie di terzi. L’assenza di un’idonea copertura assicurativa preclude la possibilità di svolgere incarichi all’esterno della propria amministrazione;
e) aver svolto almeno 3 incarichi o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, 5 incarichi relativi alla sottosezione per cui si chiede l’iscrizione. Rientrano tra gli incarichi oggetto di valutazione, oltre a quelli tipici dell’attività svolta, l’aver svolto
funzioni di responsabile unico del procedimento, commissario di gara, direttore dei lavori o direttore dell’esecuzione. È valutabile tra gli incarichi l’aver conseguito un titolo di formazione specifica (master, dottorato, Phd) nelle materie relative alla contrattualistica pubblica o alla specifica sottosezione per cui si chiede l’iscrizione.

2.6 I professori ordinari, professori associati, ricercatori delle Università italiane e posizioni assimilate possono essere iscritti se dimostrano di possedere i requisiti di cui ai punti 2.3, 2.4 o 2.5. In alternativa devono dimostrare di possedere i seguenti requisiti:
a) svolgere la propria attività nel settore di riferimento da almeno 5 anni o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, da almeno 10 anni;
b) assenza di sanzioni disciplinari della censura o più gravi comminate nell’ultimo triennio, di procedimenti disciplinari per infrazioni di maggiore gravità in corso, o della sanzione con efficacia sospensiva;
c) possesso di una copertura assicurativa che copre i danni che possono derivare dall’attività di commissario di gara, per la copertura di danni all’amministrazione aggiudicatrice, anche in conseguenza di richieste risarcitorie di terzi;
d) aver svolto almeno 3 incarichi o, nel caso di affidamenti di particolare complessità, 5 incarichi relativi alla sottosezione per cui si chiede l’iscrizione. Rientrano tra gli incarichi oggetto di valutazione, oltre a quelli tipici dell’attività svolta, l’aver svolto
funzioni di responsabile unico del procedimento, commissario di gara, direttore dei lavori o direttore dell’esecuzione. È valutabile tra gli incarichi l’aver conseguito un titolo di formazione specifica (master, dottorato, Phd) nelle materie relative alla contrattualistica pubblica o alla specifica sottosezione per cui si chiede l’iscrizione.

2.7 Il personale in quiescenza può essere iscritto all’Albo, purché in possesso dei requisiti di cui ai punti 2.3, 2.4, 2.5 o 2.6, secondo quanto previsto dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica 4 dicembre 2014, n. 6, Interpretazione e applicazione dell’articolo 5, comma 9 del decreto legge n. 95 del 2012, come
modificato dall’articolo 6 del decreto legge 24 giugno 2014, n.90.

2.8 In caso di passaggio tra le categorie di cui al punto 2.2, l’esperto per dimostrare di possedere i requisiti di comprovata competenza e professionalità previsti nei punti precedenti può cumulare i requisiti posseduti.

2.9 Sono considerati di particolare complessità, in via esemplificativa ma non esaustiva, gli affidamenti relativi a:
a) procedure di project financing;
b) lavori, servizi o forniture a elevato contenuto tecnologico;
c) lavori, servizi o forniture caratterizzati da significativa innovatività;
d) lavori da svolgersi in particolari circostanze ambientali, climatiche, geologiche (ad esempio in aree sismiche, zone soggette ad alluvioni, zone con particolari caratteristiche orografiche)

e) lavori aventi ad oggetto la costruzione, la manutenzione o la ristrutturazione di beni ambientali e culturali, anche nel sottosuolo;
f) lavori relativi al settore ambientale, con particolare riferimento, ad es., alle attività di bonifica dei siti inquinati ovvero quelle di gestione di rifiuti pericolosi;
g) forniture di dispositivi medici.

Sezione speciale

2.10 Possono iscriversi nella Sezione speciale dell’Albo i dipendenti di Consip S.p.A., Invitalia S.p.A. e dei Soggetti Aggregatori Regionali di cui all’art. 9 del d.l. 66/2014, convertito con modificazioni dalla legge 89/2014, nonché gli esperti che hanno prestato attività di consulenza per i medesimi soggetti per un periodo non inferiore a due anni.

2.11 Possono essere, altresì, iscritti alla Sezione speciale i dirigenti delle amministrazioni aggiudicatrici, i primari ospedalieri e le posizioni assimilate.

2.12 Per essere iscritti alla Sezione speciale i soggetti di cui ai punti 2.10 e 2.11 devono essere in possesso dei medesimi requisiti di cui ai punti 2.3, 2.4, 2.5 e 2.6.

2.13 La Sezione speciale si articola nelle medesime sottosezioni di cui al punto 2.1.

3. Requisiti di moralità e compatibilità

Condizioni di iscrizione
3.1 Non possono essere iscritti all’Albo, né far parte della commissione giudicatrice neppure come segretario o custode della documentazione di gara:

a) coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanne anche non definitive per i delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, diversi da quelli indicati alla lettera a);
c) coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 323, 325, 326, 331, secondo comma, 334, 346-bis, 353 e 353-bis, 354, 355 e 356 del codice penale nonché all’articolo 2635 del codice civile;
d) coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva per i delitti, consumati o tentati, di frode ai sensi dell'articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, delitti, consumati o tentati, commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, e di eversione dell'ordine costituzionale reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche; delitti di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del codice penale, riciclaggio di proventi di attività criminose o
finanziamento del terrorismo, quali definiti all'articolo 1 del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109 e successive modificazioni; sfruttamento del lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani definite con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24;
e) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico
servizio diversi da quelli indicati alla lettera c);
f) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo;
g) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento anche non definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159.

3.2 Le cause di esclusione di cui al punto 3.1 operano anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l'applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.

3.3 Non possono, altresì, essere iscritti all’Albo coloro che, in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi.

La riabilitazione
3.4 La sentenza di riabilitazione, ovvero il provvedimento di riabilitazione previsto dall'articolo 70 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ai sensi degli articoli 178 e seguenti del codice penale, costituiscono causa di estinzione delle esclusioni di cui al punto 3.1

3.5 La revoca della sentenza di riabilitazione comporta il ripristino della causa di esclusione.

La dichiarazione di inesistenza di cause di incompatibilità o di astensione
3.6 Al momento dell’accettazione dell’incarico, o in una fase antecedente, i commissari di gara devono dichiarare l’inesistenza delle cause d’incompatibilità o di astensione. L’assenza di cause di incompatibilità, astensione, esclusione previste dall’art. 77 del Codice dei contratti pubblici e dalle presenti Linee guida deve persistere per tutta la durata dell’incarico. Si tratta in particolare di:
a) le cause di incompatibilità di cui all’art. 77, comma 4, del Codice dei contratti pubblici; 

b) non avere, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale per l’affidamento in esame. Non trovarsi in alcuna delle situazione di conflitto di interesse di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62. In particolare, non possono essere assunti incarichi di commissario qualora la suddetta attività può coinvolgere interessi propri, ovvero di parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente;
c) non aver ricoperto cariche di pubblico amministratore (componente di organo amministrativo, incarichi amministrativi di vertice), nel biennio antecedente all'indizione della procedura di aggiudicazione, per l’amministrazione che ha indetto la gara.

3.7 Il dipendente delle amministrazioni aggiudicatrici deve produrre, oltre alla dichiarazione sull’insussistenza delle cause ostative previste dall’articolo 77 del Codice dei contratti pubblici e dalle presenti Linee guida e di impedimento all’incarico, anche
l’autorizzazione di cui all’articolo 53, comma 7, del d.lgs. 165/2001 della propria amministrazione, o per chi non è assoggettato alla disciplina di cui al d.lgs. 165/2001 nei casi in cui è prevista dagli ordinamenti peculiari delle singole amministrazioni.

4. Modalità di iscrizione e di aggiornamento dell’Albo
L’iscrizione all’Albo

4.1 I candidati in possesso dei requisiti di esperienza, di professionalità e di onorabilità sopra descritti possono iscriversi all’Albo, secondo le modalità e i tempi previsti dall’Autorità nel proprio regolamento. La dichiarazione del possesso dei requisiti di moralità avviene compilando formulari predisposti dall’Autorità.

4.2 I candidati fanno domanda di iscrizione accedendo direttamente al sito dell’ANAC, all’indirizzo comunicato con successivo atto, riempiendo i campi obbligatori e facoltativi e caricando la documentazione richiesta, inclusa copia di un documento di riconoscimento.
Alla domanda deve essere allegato un indirizzo PEC per le successive comunicazioni. 

4.3 I candidati possono, in alternativa alla documentazione a comprova dei requisiti di esperienza e professionalità, presentare al momento della registrazione una certificazione del proprio stato rilasciata, su domanda, dall’ordine, collegio, associazione professionale o amministrazione di appartenenza, che attesti il possesso dei predetti requisiti di cui al punto 2. Tale certificazione rileva ai fini della verifica del possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione.

4.4 L’iscrizione all’Albo sarà possibile nelle date indicate dall’Autorità, con apposita comunicazione. A cadenze prestabilite sarà possibile procedere con nuove iscrizioni.

4.5 Fino alla piena interazione dell’Albo con le banche dati istituite presso le amministrazioni detentrici delle informazioni inerenti ai requisiti dei commissari, la verifica dei requisiti dei commissari estratti è effettuata con le modalità di cui all’art. 216, comma 12 del Codice dei contratti pubblici. Successivamente alla piena interazione le stazioni appaltanti verificano i requisiti di cui all’art. 77, comma 9 del Codice dei contratti pubblici, mentre l’Autorità verifica gli ulteriori requisiti di cui al paragrafo 3.1.

L’aggiornamento dell’Albo
4.6 L’Autorità procede alla verifica, a campione, sulla correttezza e sul mantenimento nel tempo di quanto autodichiarato per l’iscrizione, anche avvalendosi dell’ausilio del Corpo della Guardia di Finanza, ai sensi dell’art. 213, comma 5, del Codice dei contratti pubblici.

4.7 Periodicamente sono inviate richieste agli esperti presenti nell’elenco per verificare il permanere dei requisiti d’iscrizione. Gli esperti, una volta ricevuta la richiesta, devono inviare entro 30 giorni dal ricevimento, una dichiarazione formale, su un modello
predisposto dall’Autorità, del permanere dei requisiti.

4.8 Nel caso di modifiche delle condizioni soggettive (ad esempio un pubblico dipendente che cambia amministrazione o un esperto che cambia indirizzo PEC), che non incidono sul possesso dei requisiti è necessaria, comunque, un’immediata segnalazione al fine dell’aggiornamento dell’Albo. Ciò per permettere al sistema di funzionare; si ricorda, ad esempio, che le comunicazioni con gli esperti avvengono esclusivamente via PEC.

4.9 La circostanza di ritrovarsi in una delle condizioni di cui al paragrafo 3, incidendo su un elemento fondamentale per svolgere il ruolo di commissario di gara, deve essere immediatamente segnalata all’Autorità da parte del soggetto interessato e/o della stazione appaltante in sede di verifica del permanere dei requisiti del commissario. Le stazioni appaltanti devono comunicare, ai sensi degli artt. 216, comma 12 e 77, comma 9 del Codice dei contratti pubblici, il mancato possesso dei requisiti o la dichiarazione di incompatibilità dei candidati; le stazioni appaltanti segnalano, altresì, i casi in cui i commissari di gara, nell’esercizio delle proprie funzioni, hanno concorso all’approvazione di atti dichiarati illegittimi, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa.

4.10 Determinano, altresì, il venir meno dei requisiti di moralità comportamenti gravemente negligenti nello svolgimento del compito di commissario di gara, segnalate all’Autorità dalla stazione appaltante, nonché le accertate mancate segnalazioni di tentativi di condizionamento dell’attività della commissione e/o del singolo commissario, da parte di singoli concorrenti, della stazione appaltante o di qualunque altro soggetto in grado di influenzare l’andamento della gara.

4.11 A seguito delle segnalazioni o da informazioni comunque acquisite dall’Autorità che incidono sulla moralità dell’esperto, l’Autorità può procedere alla cancellazione dello stesso dall’Albo. A tal fine provvede all’invio di una nota in cui si comunicano le contestazioni e si assegna un termine non superiore a trenta giorni per eventuali osservazioni o controdeduzioni. Nel periodo intercorrente tra l’invio della nota e quello della decisione di cancellazione o di mantenimento nell’Albo è sospesa l’attività in corso nelle commissioni di gara attive e la possibilità di essere estratto per nuove commissioni di gara.

4.12L’esperto escluso può, a seguito di modifiche intervenute che incidono positivamente sui requisiti di moralità (ad esempio, sentenza di proscioglimento dei reati che avevano determinato l’impossibilità di iscrizione all’Albo), richiedere all’Autorità di rivedere i motivi di esclusione dall’Albo.

Sanzioni
4.13 La mancata dichiarazione dell’inesistenza delle cause d’incompatibilità o di astensione, di cui ai punti 3.6 e 3.7, determina l’impossibilità di procedere alla nomina dell’esperto nella commissione giudicatrice disposta con atto della stazione appaltante. La reiterata omissione della presentazione della dichiarazione determina la cancellazione dell’esperto dall’Albo da parte dell’Autorità. Trascorso un periodo di 2 anni l’esperto può proporre una nuova domanda di iscrizione all’Albo.

4.14Al fine di tutelare la serietà dell’iscrizione, previo contraddittorio, viene cancellato dall’Albo quell’esperto che ha rifiutato per 3 volte, nel corso di un biennio, la candidatura o la nomina a commissario di gara, per motivi diversi dall’incompatibilità. Trascorso un periodo di 2 anni l’esperto può ripresentare una nuova domanda di iscrizione all’Albo.

4.15 Il rifiuto o l’omissione, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni richieste nelle presenti linee guida, nel regolamento di attuazione delle stesse o a seguito di specifiche richieste da parte dell’ANAC di informazioni comporta, le conseguenze di cui all’art. 213, comma 13, del Codice dei contratti pubblici. 

4.16 Coloro che alla richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell’Autorità ai fini dell’iscrizione all’Albo forniscano informazioni o esibiscano documenti non veritieri ovvero forniscano alle stazioni appaltanti dichiarazioni non veritiere circa l’inesistenza delle cause d’incompatibilità o di astensione, di cui al punto 3.6, oltre alla sanzione di cui all’art. 213, comma 13, del Codice dei contratti pubblici, nei casi di particolare gravità possono essere cancellati dall’Albo.

5. Periodo transitorio
5.1 Le Linee Guida di cui al punto 1.2 saranno emanato entro tre mesi dalla pubblicazione del DM di cui al comma 10 dell’art. 77 del Codice dei contratti pubblici.

5.2 Le linee guida di cui al punto precedente fissano la data dalla quale saranno accettate le richieste di iscrizione all’Albo. Con deliberazione che sarà adottata entro tre mesi dalla data di cui al periodo precedente, l’Autorità dichiarerà operativo l’Albo e superato il periodo transitorio di cui all’art. 216, comma 12, primo periodo, del Codice dei contratti pubblici.


Approvate dal Consiglio dell’Autorità nell’Adunanza del 10 gennaio 2018 con Deliberazione n. 4
Il Presidente Raffaele Cantone
Depositato presso la Segreteria del Consiglio il 17 gennaio 2018
Il Segretario, Maria Esposito

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Elezioni degli organi collegiali a livello di Istituzione scolastica per l’A.S. 2019/2020
Nota 1 ottobre 2019, n. 20399
Pagina: 18
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#circolo #elezione #consiglio #seggio #lista #istituto #rappresentante #elettore #scuola #elettorato
Gli Organi Collegiali: elezioni, composizione, funzionamento, competenze e responsabilità
(Approfondimento a cura di Mario Paladini)
Pagina: 3
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