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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Interruzione dell'erogazione della acqua nel periodo estivo: il Ds può chiudere la scuola?
Può il dirigente scolastico nel periodo estivo e comunque in periodo di non svolgimento delle attività didattiche chiudere la scuola per mancanza di acqua?...
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Progetti Erasmus: se la docente coordinatrice andrà in quiescenza dal primo settembre, come procedere?
Riprendendo precedenti risposte ad analoghi quesiti, in merito all’iter di individuazione del personale esperto cui affidare incarichi per particolari attività o progetti (ivi compresi i progetti Erasmus+), occorre inquadrare il problema premettendo un breve excursus normativo e giurisprudenziale sulla materia. Nel rispetto dei principi di efficienza, imparzialità e buon andamento di cui all’articolo 97 della Costituzione, le Pubbliche Amministrazioni utilizzano le risorse umane di cui sono dotate al fine di soddisfare i propri fabbisogni. L’art. 7, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» (di seguito, anche «T.U. Pubblico Impiego»), prevede, infatti, che la possibilità di conferire un contratto di lavoro autonomo a personale esterno debba essere subordinata al preliminare accertamento, da parte della Pubblica Amministrazione, dell’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al proprio interno (cfr. ex multis Corte dei Conti Emilia-Romagna, deliberazione n. 241/2021/INPR del 16 novembre 2021). Inoltre, nel caso poi di mancato esperimento di una procedura comparativa ai sensi dell'art.7 comma 6 bis d.lgs. n. 165/2001, è illegittimo l’incarico eventualmente conferito “intuitu personae”, vale a dire in via diretta (quale si configurerebbe la prosecuzione dell’incarico della docente in quiescenza), e il Dirigente che lo ha conferito ha l'onere di risarcire l'erario pubblico per il danno subito. (Corte Conti reg., Lazio, sez. giurisd., 22/10/2013, n. 703). Dalla lettura combinata delle diverse disposizioni, parrebbe quindi che, sempre e comunque, l’Istituzione scolastica, in via preliminare, debba verificare se siano presenti o disponibili al proprio interno le risorse professionali di cui necessita. Solo successivamente è possibile stipulare, con soggetti esterni, contratti di lavoro autonomo in favore di esperti aventi particolare e comprovata specializzazione, ex art. 7, c. 6 del citato D.Lgs. 165/2001, e sempre ricorrendo alla pubblicazione di un avviso pubblico. Tanto premesso, riteniamo che la docente in quiescenza dal primo settembre prossimo decada automaticamente dall’incarico all’atto della cessazione, assumendo lo status di personale esterno/estraneo all’Istituzione Scolastica (come di fatto e di diritto si configura il personale in pensione). Riteniamo pertanto che, avendo l’istituto a suo tempo emanato un avviso rivolto al personale interno, non sia possibile far proseguire l’incarico conferito al personale cessato (candidatosi quando ancora era in servizio, quindi in qualità di interno e come tale incaricato) oltre la scadenza del rapporto di servizio. Infatti, la prosecuzione delle attività nell'ambito del progetto Erasmus+, dovrebbe comportare la trasformazione dell’incarico in un contratto di prestazione d'opera; atto che, tuttavia, caratterizza il rapporto con soggetti estranei all’amministrazione. In tal modo, però, verrebbe violato il corretto iter di individuazione degli “esperti” che, in base alle disposizioni di cui all’art. 7 del D.Lgs 165/2001, prevede che il personale estraneo all’amministrazione (come di fatto si configurano i dipendenti in quiescenza) venga individuato attraverso apposito avviso, subordinato all’assenza o indisponibilità di personale interno. Pertanto, nella necessità, dal 1 settembre, di individuare nuovamente la funzione di coordinatore del progetto, è opinione di chi scrive che occorra procedere, in ordine, con: - emanazione di ulteriore avviso di selezione per l’individuazione di nuovo personale interno disponibile (e competente) a svolgere detto incarico; - eventuale avviso indirizzato al personale di altre Istituzioni scolastiche (incarichi di “collaborazioni plurime” ex articoli 35 e 57 del CCNL 29/11/2007), in caso di esito negativo della procedura sopra indicata; - in ultimo, avviso di selezione pubblica, ex art. 7, comma 6, del D.Lgs 165/2001, rivolto al personale estraneo, nel caso di esito negativo dell’avviso per incarichi di collaborazione plurima. Si ricorda infine che, in base ai chiarimenti forniti dalla Circolare Funzione Pubblica n. 6 del 2014 - “Interpretazione e applicazione dell'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dall'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90”- , il personale in quiescenza può svolgere solo incarichi onerosi che non rientrino in quelli di studio, consulenza, dirigenza o direzione, fattispecie che, a nostro avviso, non dovrebbero comunque riguardare l’incarico di coordinatore di progetto (cfr. ex multis Deliberazione n. 133/2023 Sezione regionale di controllo Corte Conti Lazio).
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Distributori automatici: un parere sulla convenzione pluriennale che vorremmo attivare con l'ente provinciale...
Il quesito contiene più questioni separate: partendo dal fondo, è vero che gli incentivi tecnici sono corrisposti solo in caso di valore dell’appalto superiore a 500.000 euro. Tuttavia, nel caso in esame si ha a che fare con una concessione di servizi, il cui valore si calcola non sulla spesa della stazione appaltante ma sul fatturato stimato del concessionario. Con il parere del 17 aprile 2024, n. 2445, il MIT ha confermato l'applicazione degli incentivi alle funzioni tecniche ex art. 45 D.Lgs. 36/2023 anche per tali contratti pubblici. La risposta ai tre quesiti, nell’ordine nel quale sono posti, è dunque la seguente: - sì, è possibile. La nota ministeriale non ha il potere di sovvertire l’art. 62 del Codice Appalti, il quale riconosce la facoltà di procedere tramite ricorso ad una SAQ; - non possiamo dare una risposta fondata, per due ragioni: 1) dal 2016, ovvero dall’entrata in vigore delle disposizioni in tema di incentivi tecnici, le Amministrazioni dell’Istruzione non hanno mai preso in considerazione la questione dell’applicazione dell’allora vigente art. 113 D.Lgs. 50/2016, nemmeno in sede contrattuale; 2) forse conseguentemente, nessun revisore si è mai espresso sul punto. La nostra opinione è che non si possa fare senza un regolamento o una contrattazione, ma è impossibile procedere senza almeno un’indicazione di base ministeriale, in ritardo sul punto ormai dal 2016; - sì, si tratta di un accordo previsto dall’art. 15 L. 241/1990 e dall’art. 30 D.Lgs. 267/2000, come indicato dalla nuova edizione del cd. Quaderno n. 1.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
A causa di problemi sulla piattaforma Mepa, un'agenzia di viaggi presenta l'offerta via PEC: può essere accettata?
Un’offerta presentata via PEC non è ammissibile perché viola il principio di segretezza. Come è ovvio, infatti, una comunicazione a mezzo PEC può essere ricevuta, aperta, letta, comunicata a terzi e perfettamente richiusa, senza che la sua apertura sia visibile (a differenza di quel che accade per un plico di carta, oggi di impossibile utilizzo, e per le offerte presentate tramite una qualunque PAD, MePA incluso). Di conseguenza, l’offerta presentata a mezzo PEC non è ammissibile. L’unico modo di consentire all’impresa la partecipazione sarebbe quello di riaprire i termini della partecipazione alla gara, il che sarebbe possibile solo nel caso in cui l’impresa dimostri che non è riuscita a partecipare a causa di un guasto tecnico. A certificare tale funzionamento, tuttavia, deve essere ANAC: sul sito di Acquisti in Rete (https://www.acquistinretepa.it/opencms/opencms/manutenzione.html) vengono normalmente pubblicati i casi di fermi tecnici e guasti, e non risultano eventi in linea con quanto esposto. Non solo: la chiusura dell’agenzia il sabato è del tutto irrilevante, e avrebbe consentito all’operatore economico di partecipare. Ne deriva l’impossibilità di tenere in considerazione l’offerta a mezzo PEC e, almeno apparentemente da quanto esposto, l’illegittimità di ogni riapertura termini.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Un dipendente con mansioni ridotte chiede di poter usufruire dei permessi L. 104 per assistenza al padre disabile...
La risposta è affermativa, di seguito le motivazioni. In particolare dovrebbe trattarsi dei 3 giorni di permesso mensili previsti dall’art. 33, comma 3, della Legge 104/92 per assistenza al padre titolare sempre per la stessa legge della disabilità con connotazione di gravità riconosciuta ai sensi dell’art.3 comma 3. La legge non preclude la possibilità che anche un disabile con connotazione di gravità possa assistere un familiare anch’esso disabile. Al riguardo la circolare 13/2010 della Funzione Pubblica al punto 3 precisa:”Analogamente, le nuove norme non precludono espressamente ad un lavoratore in situazione di handicap grave di assistere altro soggetto che si trovi nella stessa condizione e, pertanto, in presenza dei presupposti di legge, tale lavoratore potrà fruire dei permessi per se stesso e per il famigliare disabile che assiste. Stesso orientamento INPS nella circolare 53/2008 che al punto 6 precisa :”Sempre nell’ottica di garantire il pieno godimento dei benefici previsti dall’attuale normativa, si ritiene che il lavoratore con disabilità grave, che già beneficia dei permessi ex lege 104/92 per se stesso, possa anche cumulare il godimento dei tre giorni di permesso mensile per assistere un proprio familiare con handicap grave, senza che debba essere acquisito alcun parere medico legale sulla capacità del lavoratore di soddisfare le necessità assistenziali del familiare anch’esso in condizioni di disabilità grave». Ciò precisato, si ritiene che anche l'inidoneità alle mansioni ridotte non possa precludere là possibilità di usufruire dei permessi per il padre. Quindi si ritiene che la domanda del collaboratore non può essere rifiutata. Si aggiunge che l’art. 68 del vigente CCNL in merito alle modalità di fruizione precisa: ”I dipendenti ATA hanno diritto, ove ne ricorrano le condizioni, a fruire dei tre giorni di permesso di cui all’ art. 33, comma 3, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104. Tali permessi sono utili al fine delle ferie e della tredicesima mensilità e possono essere utilizzati ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili. 2. Al fine di garantire la funzionalità del servizio e la migliore organizzazione dell’attività amministrativa, il dipendente, che fruisce dei permessi di cui al comma 1, predispone, di norma, una programmazione mensile dei giorni in cui intende assentarsi, da comunicare all’ufficio di appartenenza all’inizio di ogni mese. 3. In caso di necessità ed urgenza, la relativa comunicazione può essere presentata nelle 24 ore precedenti la fruizione dello stesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il dipendente utilizza il permesso.”
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Il servizio prestato presso le Poste è valutabile per le graduatorie di terza fascia ATA?
Gentile utente, il servizio prestato presso le Poste non è valutabile nelle graduatorie di istituto di III fascia del personale ata, il cui aggiornamento è stato disposto con D.M. 89/2024. Infatti ai sensi delle tabelle di valutazione di titoli e servizi allegate al decreto sono vaautabili solo i servizi prestati alle dirette dipendenze delle amministrazioni statali ed enti locali e non servizi prestati presso aziende autonome come le Ferrovie Dello Stato e le Poste e Telecomunicazioni. Nella circolare n. 8166/2009 il MIM aveva chiarito che i servizi prestati presso Poste e Telecomunicazioni; Ferrovie dello Stato; Azienda di stato Servizi Telefonici sono considerati come servizi prestati presso le Amministrazioni Statali se prestati rispettivamente fino al 31.12.1993 ( Poste e telecomunicazioni), 13.06.1985 (Ferrovie dello Stato) , 13.12.1992 ( Azienda di Stato Servizi Telefonici ) " Nella faq n. 22 inserita sul sito ufficale del MIM nella sezione dedicata alle graduatorie di istituto del personale ata il MIM ha fornito un link con l'elenco delle ammInistrazioni statali i cui servizi sono valutabili e tra cui non figurano le Poste e Telecomunicazioni.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
La fruizione delle ferie per una dipendente in aspettativa ex art. 59 a cui è stato prorogato il contratto...
Ai sensi dell'art. 59 del CCNL 2007 (ora cfr art. 70 CCNL 2024) il personale ATA può accettare, nell’ambito del comparto scuola, contratti a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede. L’accettazione dell’incarico comporta l’applicazione della relativa disciplina prevista dal CCNL per il personale assunto a tempo determinato, fatti salvi i diritti sindacali. Per quanto concerne le ferie del personale ex art. 59 ricordiamo che il MEF, con una mail del 21 luglio 2009 indirizzata all’USP di Torino, ha precisato che per il personale ATA con contratto a tempo indeterminato che accetta un incarico a tempo determinato ai sensi dell’art. 59 del C.C.N.L. 2006/2009, non è previsto da alcuna disposizione di legge o contrattuale il pagamento delle ferie non godute (pagamento comunque ora non più possibile alla luce della normativa sulla Spending Review), le quali devono essere concesse o disposte (se non fruite durante il corso dell’anno), al rientro nella sede di titolarità (cfr anche l’Orientamento applicativo SCU14 dell'ARAN per il Comparto Scuola). Il citato Orientamento applicativo (SCU14) ARAN per il Comparto Scuola ha precisato: “Al personale a tempo indeterminato che accetta un incarico a tempo determinato, ai sensi dell’art. 59 del CCNL 2006/2009, spetta il pagamento delle ferie non godute? Si precisa che il parere sulla legalità del decreto di liquidazione delle ferie maturate e non godute esula dai compiti di questa Agenzia che può, invece, formulare orientamenti riguardanti le clausole contrattuali. Nel caso specifico l’art. 59 del CCNL 2006/2009 consente al personale ATA di accettare contratti a tempo determinato, nell’ambito del comparto scuola e di durata non inferiore ad un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede. L’accettazione dell’incarico prevede l’applicazione della disciplina prevista dallo stesso CCNL per il personale assunto a tempo determinato, fatti salvi i diritti sindacali. In materia di ferie l’art 13, comma 8, (norma comune sia per il personale docente e ATA a tempo indeterminato sia per il personale docente e ATA a tempo determinato) esplicita perentoriamente che le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili tranne quanto previsto dal comma 15 (all’atto di cessazione dal rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti non siano state fruite). Il comma 10, del medesimo articolo, stabilisce che la fruizione della ferie non godute a causa di particolari esigenze di servizio o in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia dal suddetto personale possa essere differita rispetto a quanto disciplinato dal precedente comma 9. Pertanto, a parere di questa Agenzia, per quanto espressamente previsto dal vigente CCNL e considerato che personale destinatario dell’art. 59 rientrando nella sede di titolarità al termine del contratto a tempo determinato non cessa il rapporto di lavoro, non si ravvisano le condizioni per attivare un provvedimento di liquidazione del compenso sostitutivo per le ferie maturate e non fruite. La fruizione delle ferie maturate e non godute dovrebbe essere favorita al rientro nella sede di titolarità.” Nel caso di specie, al momento del collocamento in aspettativa (1 settembre 2023) ex art. 59, la dipendente aveva un residuo di ferie maturate come a.a. che dovevano essere fruita al rientro il 1° luglio 2024 nel profilo ATA (dalla supplenza come docente). In argomento si è pronunciato l'ARAN con l'Orientamento Applicativo SCU_093 del 15 luglio 2015 che riportiamo in integrale: "L’istituto scolastico, presso il quale il personale ATA è in assegnazione provvisoria, è tenuto a far fruire le ferie da questi già maturate e non godute presso la scuola di titolarità? L’art. 13, comma 10, del CCNL del 29/11/2007 del comparto scuola, prevede espressamente che: in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell’anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale docente, a tempo indeterminato, entro l’anno scolastico successivo nei periodi di sospensione dell’attività didattica. In analoga situazione, il personale ATA fruirà delle ferie non godute non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA. Pertanto, in generale, l’assistente amministrativo può fruire delle ferie maturate nell’anno precedente entro il 30 aprile dell’anno successivo. In proposito, però, sembra utile evidenziare che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse. Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici". Quindi, in via generale, il dipendente avrebbe potuto fruire, di norma entro il 30 aprile, delle ferie maturate come c.s. anche nel periodo di assegnazione ex art. 59 come a.a. Ad ogni modo questa possibilità va contemperata tenuto conto della durata del contratto come a.a. tenuto conto che in detto periodo la scuola di utilizzazione deve ordinariamente procedere alla programmazione delle ferie che il dipendente sta maturando nel profilo di assistente. Nel caso ciò non fosse possibile le ferie saranno fruite al rientro nella scuola di titolarità. Ora alla dipendente è stato prorogato il contratto come docente sino al 31 agosto 2024. Nulla esclude che le ferie maturate nel precedente A.S. possano essere fruite nella attuale situazione; fermo restando che allorchè detta fruizione fosse incompatibile con la proroga della supplenza, queste andranno fruite al rientro nella scuola di titolarità mentre non è possibile la monetizzazione non essendo una situazione di cessazione dal servizio.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Dipendente con inidoneità assoluta temporanea: la malattia d'ufficio può decorrere al rientro dalla ferie?
Allorché in sede di visita medica collegiale la Commissione Medica non pervenga al normale giudizio del riconoscimento dell’inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa non le è precluso il potere di esprimere giudizi più limitati, come ad esempio sulla durata dell’infermità: in questi casi trattasi di malattia temporanea da cui scaturisce l’obbligo per il d.s. di collocare, con apposito provvedimento, il dipendente interessato in malattia di ufficio a meno che si tratti di una inidoneità relativa con possibilità di richiesta di utilizzazione in altri compiti (ma nel caso di specie è assoluta e temporanea). La malattia d'ufficio rileva ai fini del superamento del periodo di comporto. La Cassazione, con la Sentenza n. 24027 del 24/11/2016, ha ribadito che nel periodo di comporto devono essere computati anche i giorni non lavorativi e festivi cadenti nel periodo di assenza per malattia, sussistendo una presunzione di continuità dell'episodio morboso (Cfr. Cass. 4/10/23 n. 27980) Detta presunzione di continuità opera sia per le festività ed i giorni non lavorativi che cadano nel periodo della certificazione, sia nella diversa ipotesi di certificati in sequenza di cui il primo attesti la malattia sino all'ultimo giorno lavorativo che precede il riposo domenicale (ossia fino al venerdì) ed il secondo la certifichi a partire dal primo giorno lavorativo successivo alla domenica (ovvero dal lunedì). Infatti, la prova idonea a smentire la suddetta presunzione di continuità può essere costituita soltanto dalla dimostrazione dell'avvenuta ripresa dell'attività lavorativa, atteso che solo il ritorno in servizio rileva come causa di cessazione della sospensione del rapporto, con la conseguenza che i soli giorni che il lavoratore può legittimamente richiedere che non siano conteggiati nel periodo di comporto sono quelli successivi al suo rientro in servizio (Cfr. anche Cass. 10 novembre 2004, n. 21385, e Cass. 29/12/2008, n. 29317; Cass. 13/9/2019, n. 22928). Per interrompere il comporto, per giurisprudenza pacifica, (cfr. da ultimo Cassazione Ordinanza 14/09/2020, n. 19062), il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, non sussistendo una incompatibilità assoluta tra malattia e ferie. Ciò premesso, a nostro avviso, soprattutto alla luce della giurisprudenza sulle ferie da ultimo richiamata, si ritiene che il provvedimento di collocamento in malattia d'ufficio decorra dal 27 luglio 2024. Non riteniamo applicabile al caso di specie il disposto dell'art. 13 comma 13 del CCNL 2007 "Le ferie sono sospese da malattie adeguatamente e debitamente documentate che abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero o si siano protratte per più di 3 giorni. L'Amministrazione deve essere posta in grado, attraverso una tempestiva comunicazione, di compiere gli accertamenti dovuti".
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Cessazione del rapporto di lavoro e liquidazione delle ferie non godute: facciamo il punto...
Per quanto concerne la traslazione delle ferie, l'art. 13, comma 10, del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024, prevede che in caso di particolari esigenze di servizio ovvero in caso di motivate esigenze di carattere personale e di malattia, che abbiano impedito il godimento in tutto o in parte delle ferie nel corso dell'anno scolastico di riferimento, le ferie stesse saranno fruite dal personale docente, a tempo indeterminato, entro l'anno scolastico successivo nei periodi di sospensione dell'attività didattica. In analoga situazione, il personale ATA fruirà delle ferie non godute di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA. Il nuovo CCNL 2024 non ha introdotto ulteriori disposizioni in materia. L'ARAN, nelle raccolte sistematiche degli Orientamenti Applicativi, ha precisato che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. L’assegnazione delle ferie rientra tra i compiti gestionali del datore di lavoro a cui, pertanto, verrebbe imputata, in caso di mancato godimento delle stesse, la relativa responsabilità, con le eventuali conseguenze anche sotto il profilo del risarcimento del danno; l’onere della prova spetta al datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver fatto il possibile per consentire ai lavoratori la fruizione delle ferie. Pertanto, in via ordinaria, l’amministrazione è tenuta ad assicurare il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto delle scadenze previste dal contratto, attraverso la predisposizione di appositi piani ferie e, in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi, anche mediante l’assegnazione d’ufficio delle stesse. Un’attenta pianificazione delle ferie, infatti, è diretta a garantire, da un lato, il diritto dei dipendenti al recupero delle proprie energie psicofisiche e, dall’altro, ad assicurare la funzionalità degli uffici. L'ARAN (Orientamento 8.4 della Raccolta Sistematica sulle Ferie e Festività del dicembre 2015), ha precisato, in riferimento all’espressione “motivate esigenze di carattere personale” contenuta nel comma 10 dell’art. 13 del CCNL 2007, che qualunque esigenza, purché motivata, del dipendente può dar luogo al rinvio all’anno successivo e non deve trattarsi quindi necessariamente di impossibilità di fruizione delle stesse da parte dell’interessato. Infatti, il concetto di ” motivate esigenze personali” è sicuramente più ampio e generico di quello di “impossibilità”, e quindi può ricomprendere ipotesi riconducibili alle più diverse motivazioni e non solo quelle di impedimento oggettivo o soggettivo alla fruizione delle ferie, come avveniva precedentemente in virtù dell’art. 4 del DPR n. 395/1988. Le ipotesi di rinvio dovrebbero, tuttavia, rappresentare un’eccezione che, in virtù del richiamo all’art. 2109 c.c. ed ai principi di buona organizzazione, consente alle amministrazioni di procedere ad una adeguata programmazione annuale dei calendari feriali del personale, in modo da evitare ogni possibile disfunzione, ed anche, in caso di inerzia o di resistenza dei dipendenti rispetto tali piani, di fissare essa stessa i periodi di fruizione delle ferie. La formulazione letterale della norma "il personale ATA fruirà delle ferie non godute di norma non oltre il mese di aprile dell’anno successivo, sentito il parere del DSGA" depone nel senso che il termine del 30 aprile non è perentorio ed in presenza, di adeguata motivazione, può anche essere oltrepassato. L'ARAN con l' Orientamento Applicativo SCU_093 del 15 luglio 2015 ha ribadito che la mancata fruizione delle ferie per motivi di servizio, entro i termini contrattualmente previsti, deve rappresentare un fatto eccezionale in quanto il diritto alle ferie viene qualificato, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico (in primo luogo dall’art. 36 della Costituzione) come un diritto irrinunciabile per il lavoratore. L' art. 38 CCNL 2024, abrogando l'art. 41 del CCNL 2018, ha sostituito il comma 15 dell'art. 13 del CCNL 2007 con il seguente "Le ferie maturate e non godute per esigenze di servizio sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme di legge e delle relative disposizioni applicative". Ed, infatti, per quanto concerne la monetizzazione, la Dichiarazione Congiunta n. 2 prevede quanto segue "In relazione a quanto previsto all’art. 38 (Ferie) le parti si danno reciprocamente atto che, in base alle circolari applicative di quanto stabilito dall’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012 convertito nella legge n. 135 del 2012 (MEF-Dip. Ragioneria Generale dello Stato prot. 77389 del 14/09/2012 e prot. 94806 del 9/11/2012- Dip. Funzione Pubblica prot. 32937 del 6/08/2012 e prot. 40033 dell’8/10/2012), all’atto della cessazione del servizio le ferie non fruite sono monetizzabili solo nei casi in cui l’impossibilità di fruire delle ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente e assoluta, congedo obbligatorio per maternità o paternità. Resta fermo, inoltre, anche quanto previsto dall’art. 1, commi 54, 55 e 56 della legge n. 228 del 2012". La Cassazione ha altresì affermato che spetta la monetizzazione delle ferie non godute se la mancata fruizione non è imputabile al lavoratore (Cass. 15652/2018; 20091/2018); il dipendente interessato deve provare che il mancato godimento è stato cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da cause di forza maggiore. Ciò premesso, riteniamo che, in applicazione della normativa suesposta e non essendo in presenza di cause oggettive di impossibilità di fruizione, si ritiene che il DSGA debba comunque fruire delle ferie in primis quelle relative allo scorso anno scolastico e poi di quelle del corrente A.S. con adeguata programmazione. Non sappiamo il motivo della mancata fruizione delle ferie dell'A.S. precedente. Si rileva, infatti, che per il DSGA è prevista la sostituzione in caso di assenza secondo le procedure previste dalla normativa vigente. Conclusivamente, si ritiene che le ferie possono essere monetizzate all'atto della cessazione del servizio ( come è per l'appunto il collocamento in quiescenza) solo in presenza di cause oggettive come quelle richiamate nella Dichiarazione Congiunta n. 2 al CCNL 2024. Le scadenze presenti potrebbero essere ricondotte a motivate esigenze di servizio che seppur in via generale consentono la monetizzazione in realtà potrebbero esporre ad eventuali rilievi in sede di controllo in quanto la scuola avrebbe dovuto pianificare le ferie compatibilmente alle esigenze di servizio ed alla possibilità di sostituzione del Direttore. Pertanto, solo le ferie residue ( di quest'anno) la cui fruizione è oggettivamente impossibile per motivate esigenze di servizio potranno essere oggetto di pagamento con relativo provvedimento adeguatamente motivato. Ricordiamo che il provvedimento di ferie non godute non è soggetto al controllo preventivo di legittimità ma a controllo successivo. Ricevuti i decreti in questione, la RTS provvederà all’applicazione in NOIPA, sotto la diretta responsabilità dell’amministrazione ordinante, di quanto in essi disposto, salvo i casi di manifesta e grave illegittimità. In tali ipotesi, infatti, in virtù dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione, di leale collaborazione istituzionale ed a tutela del pubblico erario, la Ragioneria sospenderà, provvisoriamente, l’esecuzione del provvedimento e segnalerà la circostanza all’Amministrazione emanante, affinché la stessa provveda in via di autotutela. Ove ciò non si verifichi, l'ufficio procederà secondo le vigenti disposizioni in materia di denuncia di danno erariale (cfr Circolare RTS Napoli n. 77918 del 31-05-2017). In via generale, nei provvedimenti di liquidazione delle ferie devono essere sempre esplicitati in maniera chiara e dettagliata i motivi che hanno determinato l’impossibilità per il dipendente (docente o ATA) di fruire delle ferie nei tempi normativamente previsti.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
PNRR Next generation classroom: mancata validazione della rendicontazione intermedia per mancanza del CUP nei mandati e nella relativa quietanza..
Come si legge in tutte le Istruzioni Operative emanate dal MIM per le Azioni del PNRR (per il PNRR Scuola 4.0 si veda la prot. 107624 del 21.12.2022) “Il Codice Unico di Progetto (CUP) garantisce la tracciabilità delle spese e consente la verifica in itinere dei possibili casi di frode, corruzione, conflitto di interessi e di doppio finanziamento. Per tale ragione ciascun progetto finanziato con i fondi del PNRR – Next generation EU deve essere obbligatoriamente contraddistinto per tutta la sua durata da un proprio codice CUP. (…) Si raccomanda di prestare la massima attenzione nella gestione del CUP in quanto lo stesso non potrà più essere sostituito essendo vincolato all’atto di finanziamento, e, pertanto, non dovrà in alcun modo essere cambiato, revocato o cancellato durante tutto il ciclo di vita del progetto. Il CUP dovrà essere riportato obbligatoriamente su tutta la documentazione e gli atti relativi al progetto (determine, avvisi, procedure selettive, gare, ordini, contratti, fatture, mandati di pagamento, etc.).” Ciò significa che, nel caso in trattazione, si rende necessario integrare e rettificare il mandato in questione attraverso le consuete procedure di correzione tipiche degli atti amministrativi. Pertanto, è nostro avviso che l’errore possa essere sanato attraverso i seguenti passaggi: • Emanare circostanziato e motivato decreto con cui viene disposta l’inserimento nel mandato del CUP, per mero errore materiale non indicato in precedenza. • Tale decreto, oltre che essere pubblicato in Amministrazione Trasparente, dovrà essere inviato al fornitore, allegato al mandato di pagamento e alla relativa quietanza, nonchè congiuntamente inserito in piattaforma Futura (o inviato all’Unità di Missione) ad integrazione e sanatoria delle rendicontazione non validata. Concludiamo, come di consueto, precisando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, contano moltissimo le indicazioni che periodicamente vengono dal Ministero, che raccoglie casi e poi pubblica indicazioni per le scuole o le fornisce direttamente in risposta ad appositi quesiti.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Corsi di formazione: come procedere per determinare i costi della manodopera?
Il comma sedicesimo dell’art. 23 D.Lgs. 50/2106 è ora abrogato. Risulta applicabile l’art. 108, comma nono D.Lgs. 36/2023, che dispone come segue: “Nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”. L’eccezione di cui all’ultima parte del periodo appare applicabile all’erogazione di corsi per la formazione. Nel caso in cui il quesito riguardi attività negoziale finanziata, si consiglia tuttavia di consultare l’autorità erogatrice del finanziamento, giacché tale Ente avrebbe il potere di esigere la predeterminazione degli oneri per la sicurezza a prescindere dalla normativa codicistica.
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Data di pubblicazione: 26/07/2024
Incarico triennale di RSPP a docente di altro istituto: possiamo mantenerlo in servizio se dal 1° settembre andrà in pensione?
La risposta è negativa; la scuola dovrà procedere nuovamente con l'iter previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008. Per quanto concerne la designazione del RSPP nelle scuole, l’art. 32, ai commi 8 e 9, del D.Lgs. 81/08, recita: “8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e universitari e nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, individuandolo tra: a) il personale interno all’unità scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile; b) il personale interno ad una unità scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad operare in una pluralità di istituti. 9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8, gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell’opera di un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista.” La scuola deve quindi rispettare l'ordine di priorità sopra descritto. In argomento il T.A.R. Campania, Sezione Quarta, con la Sentenza 15/01/2018 n. 334, ha ribadito che, nel bando di selezione indetto da un istituto per la carica di RSPP, l'incarico debba essere affidato a personale esterno alla scuola esclusivamente se non è disponibile personale interno all'unità scolastica, in possesso dei requisiti specifici o personale interno ad un'altra unità scolastica in possesso dei medesimi requisiti che si dichiari disponibile ad operare in una pluralità di istituti. La scuola potrà conferire l’incarico ad un RSPP esperto allorchè vi sia la mancanza del personale di cui alle lett. a) e b) e quindi la scuola non può procedere a individuare un RSPP esterno se ha "saltato" il passaggio di cui alla lettera b). Il docente di cui al quesito ha avuto la precedenza in quanto rientrante nella lettera b). Se detto presupposto è confermato, al momento del pensionamento questo rileverebbe come esterno all'Amministrazione ( anche come titolare di ditta individuale) e quindi la scuola deve procedere nuovamente con l'iter sopra descritto. Allorchè la scuola dovesse procedere con la fase c), ( in mancanza delle lettere a) e b) non potrebbe affidare direttamente l'incarico al precedente RSPP. Per quanto concerne la selezione di esperti esterni l'art. 7, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001 prevede che le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, le procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione. Se, invece, si trattasse di ditta individuale si applicherebbe la normativa di cui al Codice degli Appalti ( D.Lgs. n. 36 del 2023) e quindi l'affidamento diretto con il rispetto del principio di rotazione.
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Data di pubblicazione: 25/07/2024
L'utilizzazione di un dipendente perdente posto trasferito in una scuola che condivide un suo plesso con la nostra sede di segreteria...
Le normative attuali non consentono la "cessione" del personale ATA ad altra istituzione scolastica, diversa da quella di titolarità. In particolare, non è possibile utilizzare lo strumento di cui all'art. 7 del DPR 275/1999, perché il comma 3 del medesimo articolo limita, espressamente, al solo personale docente la possibilità dello "scambio temporaneo", legato, oltretutto, a specifici progetti e non allo svolgimento di funzioni ordinarie del proprio profilo professionale. Né è applicabile al caso prospettato il successivo comma 7 dell'art. 7 cit., che prevede la possibilità di definire l'organico degli istituti "in modo da consentire l'affidamento a personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori", confermando così che non è possibile utilizzare tali strumenti di Rete per l'esercizio delle ordinarie funzioni istituzionali, ma soltanto al fine di realizzare specifici progetti che richiedono specifiche competenze. Quanto sopra è confermato dall'art. 57 del CCNL comparto scuola per il triennio 2006-2009, che subordina la possibilità di utilizzazione del personale ATA presso altra istituzione scolastica, diversa da quella di titolarità, alla necessità di realizzare specifiche attività, le quali richiedano il possesso, da parte del personale utilizzato, di particolari competenze professionali non presenti in quella scuola. Lo stesso art. 57 precisa che tali collaborazioni non comportano esoneri, neanche parziali, relativamente al servizio da prestare nella scuola di titolarità, qualificandosi esse, pertanto, come attività aggiuntive e relative, comunque, a specifici progetti che richiedano specifiche competenze e non ad ordinarie attività del proprio profilo professionale. Si conferma, pertanto, che a nostro parere quanto prospettato nel quesito, ovvero l'affidamento, alla medesima unità di personale ATA, in via ordinaria e non legata a un determinato progetto da realizzare, per il quale siano necessarie competenze particolari e specifiche, di compiti afferenti due diverse istituzioni scolastiche, non possa essere realizzato in quanto contrario alle norme che regolano l'utilizzazione del personale scolastico.
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Data di pubblicazione: 25/07/2024
Una docente ha già usufruito dell'aspettativa per motivi familiari: può presentare una nuova richiesta essendo trascorso un quinquennio?
Una docente di ruolo ha presentato domanda di aspettativa per motivi personali e familiari ai sensi dell’art. 70 del DPR 3/1957 a far data dal...
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Data di pubblicazione: 25/07/2024
Bar d'istituto: scopriamo che il contratto, scaduto, è intestato ad un altro esercente rispetto al titolare...
Il quesito pone una questione formale sul come fare pervenire il pagamento di un canone di concessione, ma il problema sembra tutt’altro: l’intestazione del contratto, peraltro scaduto, ad altro operatore economico non legittima la scuola all’incasso di un canone. Ferma la questione fiscale, di cui abbiamo più volte rimarcato i confini in risposta a vari quesiti, il punto principale va valutato sotto diversi aspetti: - allo stato, non c’è modo di affidare una concessione di servizi relativa al bar, nemmeno in affidamento diretto, a causa del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti; - l’operatore economico non può operare senza un contratto, per diverse ragioni, prima fra le quali un potenziale difetto di copertura assicurativa; - l’operatore economico non ha alcuna ragione di versare un canone senza un contratto che lo obblighi: non si può escludere che, in seguito, realizzi questo aspetto e ne chieda conto, senza contare che il versamento del canone andrebbe in qualche modo a legittimare la posizione dell’operatore senza contratto e selezionato senza gara. In sostanza, dunque, il punto non riguarda le modalità di pagamento del canone, ma la debenza o meno della cifra, che allo stato attuale è esclusa e rischia di comportare conseguenze ulteriori.
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Data di pubblicazione: 25/07/2024
Aggiornamento delle graduatorie di terza fascia del personale ATA e possesso della “Certificazione Internazionale di Alfabetizzazione Digitale”...
Con l'aggiornamento 3^ ATA d'Istituto DM 89 del 21/05/2024 è stato previsto come propedeutico al titolo di accesso per alcuni profili la Certificazione...
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Un docente in aspettativa presenta una domanda di dimissioni volontarie retroattive: può essere accettata?
Un docente in aspettativa per altra attività lavorativa da luglio 2023 fino a luglio 2024 con superamento del periodo di prova a gennaio 2024, a giugno 2024...
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Facciamo il punto sul computo delle ferie spettanti al Dirigente scolastico...
In merito alla questione relativa al sabato l’art. 13 del CCNL dell’area istruzione e ricerca 2016-2018, ad oggi vigente, prevede ai cc. 1-3: “1. Il dirigente ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito. 2. In caso di distribuzione dell'orario settimanale di lavoro su cinque giorni, la durata delle ferie è di 28 giorni lavorativi, comprensivi delle due giornate previste dall'art. 1, comma 1, lettera "a", della L. 23 dicembre 1977, n. 937. 3. In caso di distribuzione dell'orario settimanale di lavoro su sei giorni, la durata del periodo di ferie è di 32 giorni, comprensivi delle due giornate previste dall'art. 1, comma 1, lettera "a", della L. 23 dicembre 1977, n. 937”. Risulta, pertanto, che, nel caso in cui le attività settimanali siano articolate su cinque giorni, il dirigente scolastico non dovrà usufruire di un giorno di ferie per ‘coprire’ il sabato, giorno per cui non è previsto che si svolgano attività; qualora, invece, le attività settimanali siano articolate su sei giorni e il sabato rientri tra i giorni di ferie di cui il dirigente intende fruire, è di tutta evidenza che il dirigente dovrà ‘coprire’ con le ferie anche la giornata di sabato. In merito ai giorni di chiusura dell’edificio scolastico deliberata dal Consiglio di istituto si prende atto che secondo le indicazioni fornite da alcuni uffici scolastici regionali (ad es. Nota USR Lombardia 7 aprile 2016, n. 5571) i dirigenti scolastici dovrebbero fruire di ferie nei giorni di chiusura della scuola deliberati dai competenti organi collegiali. Non si condivide tale interpretazione in quanto l’art. 13, c. 9 del CCNL dell’area istruzione e ricerca 2016-2018 prevede che “[…] costituisce specifica responsabilità del dirigente programmare, organizzare e comunicare le proprie ferie tenendo conto delle esigenze del servizio a lui affidato, coordinandosi con quelle generali della struttura di appartenenza, provvedendo affinché sia assicurata, nel periodo di sua assenza, anche mediante delega di funzioni nel rispetto della vigente normativa, la continuità delle attività ordinarie e straordinarie”. Tale previsione normativa esclude, a parere di chi scrive, che il dirigente sia obbligato a ‘coprire’ con ferie giorni in cui la scuola è chiusa per delibera dei competenti organi collegiali. Si coglie, comunque, l’occasione per ricordare quanto disposto dall’art. 15 (impegno di lavoro) del CCNL area V dell’11 aprile 2006, ad oggi vigente: “1. In relazione alla complessiva responsabilità per i risultati, il dirigente organizza autonomamente i tempi ed i modi della propria attività, correlandola in modo flessibile alle esigenze della Istituzione cui è preposto e all'espletamento dell'incarico affidatogli. 2. Qualora, in relazione ad esigenze eccezionali, si determini un'interruzione od una riduzione del riposo fisiologico giornaliero o settimanale o, comunque, derivante da giorni di festività, al dirigente scolastico deve essere in ogni caso garantito, una volta cessate tali esigenze eccezionali, un adeguato recupero del tempo di riposo sacrificato alle necessità del servizio”. Il c. 1 stabilisce che l’attività del dirigente deve essere organizzata, dal dirigente stesso, nei tempi e nei modi correlati in maniera flessibile alle esigenze dell’ufficio a cui il dirigente è preposto ai fini dell’espletamento dell’incarico. In tale quadro il c. 2 consente al dirigente di fruire di adeguato recupero del tempo sacrificato alle necessità del servizio per la gestione di esigenze eccezionali che ha determinato un’interruzione o una riduzione del riposo fisiologico giornaliero o settimanale. A titolo di mero esempio, se di domenica il dirigente ha dovuto lavorare per un’esigenza eccezionale di servizio (situazione non infrequente in tale contesto emergenziale), il dirigente può, documentando agli atti tale evenienza, fruire di un giorno di recupero del tempo di riposo fisiologico.
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Concessione dei locali ad un ITS: chi deve provvedere al reclutamento del personale ATA?
Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono organismi introdotti nell’ordinamento nazionale dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e dal D.P.C.M. 25 gennaio 2008, che, nel rispetto delle competenze regionali, ne definisce gli obiettivi, le tipologie di intervento, le caratteristiche dei percorsi, gli standard organizzativi delle strutture di gestione. In particolare, la L. n.40/07, facendo salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e nel rispetto delle competenze degli Enti locali e delle Regioni, ammette, tra l’altro, la possibilità di poter costituire, in ambito provinciale o sub-provinciale, strutture che operano nel settore del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore, denominate appunto “istituti tecnici superiori”, nel rispetto della riorganizzazione del sistema di istruzione e formazione tecnica, tenendo in considerazione il potenziamento dell’alta formazione professionale e delle misure per valorizzare la filiera tecnico-scientifica. Sotto il profilo giuridico, gli ITS, così delineati, possono essere considerate fondazioni di partecipazione di natura privata con personalità giuridica di diritto pubblico, del tutto assimilabili alle istituzioni scolastiche e formative, che nascono con l’intento di riorganizzare il canale della formazione superiore, che non rappresentano né una prosecuzione della scuola superiore né un percorso universitario, ma si collocano in un nuovo sistema denominato “terziario post-secondario”. La formazione terziaria professionalizzante è realizzata dagli ITS - Istituti Tecnici Superiori – ora denominati Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) dalla legge n. 99 del 15 luglio 2022. Il Sistema di istruzione tecnologica superiore istituito dalla nuova legge pone le basi per ampliare la formazione professionalizzante di tecnici con elevate competenze tecnologiche e tecniche professionali, allo scopo di contribuire in modo sistematico a sostenere le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo e di assicurare, con continuità, l'offerta di tecnici superiori a livello post-secondario in relazione alle aree tecnologiche considerate strategiche nell'ambito delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico e di riconversione ecologica. Alla luce di quanto premesso, l'ITS può, anzi deve, emanare avvisi pubblici di selezione ed individuazione del personale di cui necessita, precisandone titoli e requisiti, perchè ha l'obbligo, appunto, di servirsi di procedure ad evidenza pubblica, senza tuttavia poter far ricorso all'istituto delle collaborazioni plurime, artt. 35 e 57 del CCNL comparto scuola del 29.11.2007, confermati anche dai successivi CCNL scuola 2016-2018 e 2019-2021, perchè tale istituto è riservato esclusivamente al personale in servizio nelle istituzioni scolastiche e nei rapporti tra diverse istituzioni scolastiche. Pertanto, a parere di chi scrive, il reclutamento del personale ATA di cui l'ITS ha bisogno, deve avvenire a cura del medesimo, attraverso le già citate procedure aperte ad evidenza pubblica e rivolte a chiunque ne abbia interesse e possegga i titoli ed i requisiti richiesti.
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Docenti della scuola che partecipano a progetti inseriti nel PTOF in qualità di esperti esterni di un'associazione: sussiste incompatibilità?
La situazione descritta nel quesito presenta, a nostro avviso, delle criticità. Per quanto concerne la situazione della docente Presidente dell'Associazione (che ha avuto l'utilizzazione dei locali della scuola) si ritiene quanto segue. Ai sensi dell'art. 53 del D.Lgs. 165/2001 dispone che resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del DPR 10/01/1957, n. 3. Lo stesso articolo prevede che gli incarichi retribuiti conferiti ai pubblici dipendenti devono essere previamente autorizzati dall'Amministrazione di appartenenza. Tali incarichi sono quelli, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Per poter svolgere attività ed incarichi extraistituzionali è necessaria l'autorizzazione del dirigente scolastico (cfr art. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001). A meno che non si tratti di personale in part time con prestazione lavorativa non superiore al 50% i presupposti per il conferimento di incarichi extraistituzionali a dipendenti pubblici sono l'occasionalità, la saltuarietà, la mancanza di conflitto di interessi anche potenziale, la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento, con l'ulteriore precisazione che l’attività deve essere svolta necessariamente al di fuori dell’orario di servizio (cfr Circolare Funzione Pubblica n. 3 del 1997; Parere Funzione Pubblica 24 gennaio 2012, n. 1). Più in generale la normativa prevede che possono essere autorizzati altri incarichi di lavoro che rispondano a tali condizioni: - la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico; - il non conflitto con gli interessi dell’amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione; - la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento. Ricordiamo, inoltre, che a chiusura dei lavori del tavolo tecnico, a cui hanno partecipato il Dipartimento della Funzione Pubblica, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l'ANCI e l'UPI, avviato ad ottobre 2013 in attuazione di quanto previsto dall'intesa sancita in Conferenza unificata il 24 luglio 2013, è stato formalmente approvato il documento contenente "Criteri generali in materia di incarichi vietati ai pubblici dipendenti". Nel Documento è precisato che sono da considerare vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche a tempo pieno e con percentuale di tempo parziale superiore al 50% (con prestazione lavorativa superiore al 50%) gli incarichi che presentano le caratteristiche della abitualità e professionalità nonchè che si pongano in conflitto di interessi. Sono da considerare vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche con percentuale di tempo parziale pari o inferiore al 50% (con prestazione lavorativa pari o inferiore al 50%) gli incarichi che presentano le caratteristiche del conflitto di interessi. Gli incarichi che presentano i caratteri della abitualità e professionalità ai sensi dell'art. 60 del d.P.R. n. 3/57, sicché il dipendente pubblico non potrà "esercitare attività commerciali, industriali, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro". L'incarico presenta i caratteri della professionalità laddove si svolga con i caratteri della abitualità, sistematicità/non occasionalità e continuità, senza necessariamente comportare che tale attività sia svolta in modo permanente ed esclusivo (art. 5, d.P.R. n. 633 del 1972; art. 53 del d.P.R. n. 917 del 1986; Cass. civ., sez. V, n. 27221 del 2006; Cass. civ., sez. I, n. 9102 del 2003). Sono altresì vietati gli incarichi che, sebbene considerati singolarmente e isolatamente non diano luogo ad una situazione di incompatibilità, considerati complessivamente nell'ambito dell'anno solare, configurano invece un impegno continuativo con le caratteristiche della abitualità e professionalità, tenendo conto della natura degli incarichi e della remunerazione previsti. Ricordiamo che già la Circolare n. 3 del 19 febbraio 1997 del Dipartimento della Funzione Pubblica, aveva chiarito che le attività consentite sono un’eccezione rispetto al prevalente e generale principio di incompatibilità, con la conseguenza che il potere di autorizzazione delle amministrazioni deve essere esercitato secondo criteri oggettivi e idonei a verificare la compatibilità dell’attività extra istituzionale in base alla natura della stessa, alle modalità di svolgimento e all’impegno richiesto. Conseguentemente, le attività extra istituzionali sono da considerarsi incompatibili quando oltrepassano i limiti della saltuarietà e occasionalità. Pertanto i requisiti per autorizzare un incarico sono: - la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico. Sono, quindi, autorizzabili le attività esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite periodicamente e retribuite, qualora per l’aspetto quantitativo e per la mancanza di abitualità, non diano luogo ad interferenze con l’impiego; - la necessità che l’attività svolta non sia in conflitto con gli interessi dell’Amministrazione e con il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione; - la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento, con la ulteriore precisazione che l’attività deve essere svolta necessariamente al di fuori dell’orario di servizio. La carica in questione è compatibile - e quindi potrà essere concessa l'autorizzazione - se connotata da temporaneità e saltuarietà della prestazione; alla stessa stregua non è incompatibile se a titolo gratuito. Ricordiamo che però non deve mai esserci la sussistenza di conflitto di interessi (es. attività della associazione con alunni delle classi del docente). In tal senso ricordiamo anche l'art. 5 del DPR 62/2013 ai sensi del quale "Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio. Il presente comma non si applica all’adesione a partiti politici o a sindacati". Dal momento che alle attività dell'associazione coinvolge alunni della scuola (e presumibilmente alunni della classe della docente) riteniamo che ci sia un conflitto di interessi che rende incompatibile la carica nella misura in cui l'associazione va a collaborare con la scuola. Per quanto concerne i docenti impegnati nelle attività dell'Associazione (che poi rientrano nei progetti PTOF) si rileva preliminarmente che il docente interno non è obbligato ad avanzare la sua candidatura nell'ambito di un progetto della scuola. Tuttavia, riteniamo che, sotto il profilo della normativa sulle incompatibilità, non sia possibile autorizzare la prestazione lavorativa presso l'associazione che andrebbe poi a collaborare con la scuola nell'ambito del suddetto progetto. Per quanto concerne più specificamente la compatibilità con l'attività di docenza svolta ricordiamo che l’art. 53, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 prevede espressamente che sono esclusi dal regime di autorizzazione e quindi sono pienamente compatibili i compensi derivanti dalle seguenti attività: a) collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali; c) partecipazione a convegni e seminari; d) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; f) incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; f-bis) attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione o di docenza e di ricerca scientifica. Trattasi di attività liberalizzate, sottratte a qualsiasi regime autorizzatorio e liberamente espletabili. Unico intrinseco limite al libero espletamento di tali attività è dato dalla loro compatibilità con l’ordinaria prestazione lavorativa presso il datore p.a. Detti incarichi dovranno essere svolti al di fuori dell'orario di servizio e non pregiudicare, di conseguenza, l'ordinaria attività di servizio presso la scuola. A chiusura dei lavori del tavolo tecnico, a cui hanno partecipato il Dipartimento della Funzione Pubblica, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l'ANCI e l'UPI, avviato ad ottobre 2013 in attuazione di quanto previsto dall'intesa sancita in Conferenza unificata il 24 luglio 2013, è stato formalmente approvato il documento contenente "Criteri generali in materia di incarichi vietati ai pubblici dipendenti". Nel documento è stato precisato che sono vietati anche gli incarichi che, pur rientrando nelle ipotesi di deroga dall'autorizzazione di cui all'art. 53, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, presentano una situazione di conflitto di interesse. In generale, tutti gli incarichi che presentano un conflitto di interesse per la natura o l'oggetto dell'incarico o che possono pregiudicare l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente. La valutazione operata dall'amministrazione circa la situazione di conflitto di interessi va svolta tenendo presente la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la sua posizione nell'ambito dell'amministrazione, la competenza della struttura di assegnazione e di quella gerarchicamente superiore, le funzioni attribuite o svolte in un tempo passato ragionevolmente congruo. La valutazione deve riguardare anche il conflitto di interesse potenziale, intendendosi per tale quello astrattamente configurato dall'art. 7 del d.P.R. n. 62/2013. Inoltre, nel documento viene precisato che sono preclusi a tutti i dipendenti gli incarichi, ivi compresi quelli rientranti nelle ipotesi di deroga dall'autorizzazione di cui all'art. 53, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001 (e tra i quali rientra, in via generale, anche l'attività di docenza), che interferiscono con l'attività ordinaria svolta dal dipendente pubblico in relazione al tempo, alla durata, all'impegno richiestogli, tenendo presenti gli istituti del rapporto di impiego o di lavoro concretamente fruibili per lo svolgimento dell'attività; la valutazione va svolta considerando la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la posizione nell'ambito dell'amministrazione, le funzioni attribuite e l'orario di lavoro. Conclusivamente, l'incarico in questione (in quanto comunque riconducibile a docenza) rientra tra quelli non soggetti ad autorizzazione, fermo restando che detto incarico dovrà essere vietato allorchè interferisca con l'attività ordinaria del docente secondo le indicazioni fornite nel Documento e sopra riportate. Ribadiamo, infatti, che sono preclusi gli incarichi, pur rientranti nelle ipotesi di deroga dall'autorizzazione di cui all'art. 53, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, che interferiscono con l'attività ordinaria svolta dal dipendente pubblico in relazione al tempo, alla durata, all'impegno richiestogli, tenendo presenti gli istituti del rapporto d’impiego o di lavoro concretamente fruibili per lo svolgimento dell'attività. Quindi, il docente per poter svolgere attività di docenza per conto della associazione, seppur non sia richiesta formalmente l'autorizzazione, dovrà comunque rappresentare alla scuola detta circostanza per mettere l’Amministrazione nelle condizioni di valutare se esistono cause preclusive allo svolgimento del compito; ciò anche per evitare, allorchè dette cause si manifestassero nel corso dell'espletamento della attività di docenza, un provvedimento dell'Amministrazione di divieto allo svolgimento di detta attività. Tuttavia, abbiamo delle forti perplessità legate ad una valutazione di convenienza dell'intera vicenda. Dal momento che è la scuola a gestire il Progetto si rileva che prima di rivolgersi all'esterno deve valutare la presenza di risorse interne che, nel caso di specie, sono presenti nella figura del docente. Quindi, la scuola non potrebbe, a nostro avviso, conferire un incarico ad un esterno (che impiega poi però un soggetto interno alla scuola stessa). Ma anche nella situazione così come è strutturata, è ben vero che la docenza non è soggetto ad autorizzazione ma potrebbero profilarsi anche delle problematiche di conflitto di interesse in quanto parteciperebbero anche alunni della scuola alla presenza del docente interno che, però, in questo rileverebbe come "esterno". Conclusivamente, in merito alla situazione descritta nel quesito, si ritiene quanto segue. Dal momento che comunque l'attività sarebbe svolta da docenti interni (in quanto aventi i requisiti necessari a svolgere l'incarico) sarebbe preferibile non passare attraverso il conferimento di un incarico ad un esterno ma di affidare direttamente l'incarico ai docenti interni in questione. Invece, attesa la realtà dei fatti per come descritti nel quesito, si ritiene che non sia possibile, quanto meno sotto il profilo del conflitto di interessi e della trasparenza nei rapporti con le famiglie, autorizzare quanto richiesto e quindi l'attività dei docenti coinvolti allo stato si presenta incompatibile.
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Permessi brevi per il personale ATA: possono essere concessi per un minutaggio inferiore all'ora?
L'art. 16 del CCNL 2007 non è stato abrogato dal CCNL 2024 e quindi è tuttora in vigore. Questa la previsione del CCNL: "1. Compatibilmente con le esigenze di servizio, al dipendente con contratto a tempo indeterminato e al personale con contratto a tempo determinato, sono attribuiti, per esigenze personali e a domanda, brevi permessi di durata non superiore alla metà dell'orario giornaliero individuale di servizio e, comunque, per il personale docente fino ad un massimo di due ore. Per il personale docente i permessi brevi si riferiscono ad unità minime che siano orarie di lezione. 2. I permessi complessivamente fruiti non possono eccedere 36 ore nel corso dell'anno scolastico per il personale A.T.A.; per il personale docente il limite corrisponde al rispettivo orario settimanale di insegnamento. 3. Entro i due mesi lavorativi successivi a quello della fruizione del permesso, il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate in una o più soluzioni in relazione alle esigenze di servizio. Il recupero da parte del personale docente avverrà prioritariamente con riferimento alle supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi, con precedenza nella classe dove avrebbe dovuto prestare servizio il docente in permesso. 4. Nei casi in cui non sia possibile il recupero per fatto imputabile al dipendente, l'Amministrazione provvede a trattenere una somma pari alla retribuzione spettante al dipendente stesso per il numero di ore non recuperate. 5. Per il personale docente l’attribuzione dei permessi è subordinata alla possibilità della sostituzione con personale in servizio". Per quanto concerne la fruizione per frazione inferiori all'ora, non prevedendo nulla il CCNL, si può richiamare quanto precisato dall'ARAN, nella raccolta sistematica sui permessi brevi del Comparto Autonomie Locali (ma i principi generali possono essere applicati anche all'art. 16) ove è stato chiarito che "L’ampia e generica formulazione della disciplina contrattuale, ad avviso della scrivente Agenzia, consente l’utilizzo dei permessi di cui si tratta anche, eventualmente, per un periodo di tempo inferiore all’ora. Tuttavia, anche in questo caso, è necessario il rispetto integrale delle regole stabilite nel citato art. 20 del CCNL del 6.7.1995 (per il personale scolastico ovviamente il riferimento è all'art. 16 CCNL 2007)".
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Scuola dell'infanzia e ingresso per i bambini che compiono gli anni dopo il 31 dicembre...
Un regolamento scolastico non può modificare una norma di legge; è dunque da considerare illegittimo e da eliminare. Le iscrizioni alla scuola dell’infanzia sono disciplinate dal DPR 89/2009 e dalla nota ministeriale che viene diramata annualmente. L’art. 2, comma 1, prescrive che: “1. La scuola dell'infanzia accoglie bambini di età compresa tra i tre e i cinque anni compiuti entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento”. Subito dopo il comma 2 aggiunge: “Su richiesta delle famiglie sono iscritti alla scuola dell'infanzia, le bambine e i bambini che compiono tre anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento. Al fine di garantire qualità pedagogica, flessibilità e specificità dell'offerta educativa in coerenza con la particolare fascia di età interessata, l'inserimento dei bambini ammessi alla frequenza anticipata è disposto alle seguenti condizioni: a) disponibilità' dei posti; b) accertamento dell'avvenuto esaurimento di eventuali liste di attesa; c) disponibilità di locali e dotazioni idonei sotto il profilo dell'agibilità e funzionalità, tali da rispondere alle diverse esigenze dei bambini di età inferiore a tre anni; d) valutazione pedagogica e didattica, da parte del collegio dei docenti, dei tempi e delle modalità dell'accoglienza.”. Rispetto al comma 2 è possibile fare le seguenti considerazioni: - La locuzione “sono iscritti” non lascia margini a dubbi e tanto meno a ipotesi di non rispettare l’indicazione data. La norma attribuisce alle famiglie una facoltà, non assoluta ma condizionata, che non può comunque essere negata. - L’inserimento è disposto in presenza di alcune condizioni, che riguardano: o la disponibilità dei posti per accogliere gli alunni anticipatari o l’esaurimento di eventuali liste di attesa costituite da nati entro il 31 dicembre o l’idoneità dei locali e delle dotazioni necessarie a fare fronte alle esigenze di bambini particolarmente piccoli (alla quale si può sempre provvedere con specifici interventi dell’amministrazione comunale) o la valutazione circa i tempi e le modalità dell’accoglienza dei bambini anticipatari; che non può essere scambiata con la valutazione dell’opportunità di “rifiutare” l’iscrizione dei bambini anticipatari o di “procrastinarne” l’ingresso a scuola al compimento del terzo anno d’età, ma i tempi di effettiva permanenza a scuola nelle prime settimane. Ne consegue che le uniche motivazioni che potrebbero giustificare il non accoglimento dell’iscrizione di un bambino che compia i tre anni entro il 30 aprile sono costituite dalla dimostrazione che non esistono posti disponibili, rispetto al numero massimo di alunni che la scuola può ospitare e dalla presenza di una lista di attesa composta da bambini che i tre anni li compiono entro il 31 dicembre. In assenza di queste due condizioni i bambini anticipatari dovranno essere accolti, adeguando nel modo più idoneo locali e strutture di supporto e progettando una fase di inserimento/adattamento che tenga conto delle loro particolari esigenze. In presenza di disponibilità di posti le insegnanti non hanno alcun titolo ad apportare modifiche alla legge. I bambini anticipatari vanno accolti e seguiti e supportati in relazione alle loro eventuali difficoltà iniziali di adattamento al nuovo ambiente scolastico. Il dirigente scolastico non può che attenersi alla legge. Deve quindi proporre al consiglio d’istituto la revoca del regolamento a suo tempo adottato e procedere, in vista dell’avvio del nuovo anno scolastico, all’ingresso degli alunni anticipatari fin dal primo giorno di attività didattica e in numero pari ai posti effettivamente disponibili. Contemporaneamente dovrà richiedere al Comune di provvedere ad eventuali adattamenti nelle strutture e negli arredi e alle insegnanti che provvedano a redigere un piano di inserimento iniziale degli alunni anticipatari, tale da metterli nelle condizioni migliori per affrontare la loro prima esperienza scolastica.
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Fusione di diversi Istituti: è possibile affidare un contratto con la nuova scuola allo stesso operatore economico uscente nella scuola cessata?
Non ci sono molte fonti utili a dirimere la questione. Fra le due tesi possibili, propendiamo per l’applicazione della rotazione. Nel dettaglio: - si potrebbe sostenere che la successione di enti pubblici “azzeri” l’effetto della rotazione in ragione del nuovo soggetto pubblico che ne emerge, ma nessuna disposizione caldeggia tale soluzione; - appare invece più ragionevole sostenere che il nuovo ente pubblico succede al precedente in ogni rapporto giuridico, in continuità di negozi attivi e passivi. Conseguentemente, anche l’effetto della rotazione di cui all’art. 49 D.Lgs. 36/2023 dovrebbe trovare applicazione al nuovo ente pubblico. Ribadiamo che a tale conclusione giungiamo solo sulla base della nostra lettura del fenomeno di successione fra enti pubblici, ma anche che nessuna fonte ufficiale in tema di appalti pubblici – almeno a nostra conoscenza – giustifica tale interpretazione.
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
L'articolazione oraria dei docenti nella scuola dell'infanzia e primaria alla luce del nuovo CCNL...
L’art. 43, comma 9, del CCNL di comparto per il triennio 2019/21 prevede che l’orario del personale docente: “può essere articolato, sulla base della pianificazione annuale delle attività e nelle forme previste dai vigenti ordinamenti, in maniera flessibile e su base plurisettimanale, in misura, di norma, non eccedente le quattro ore”. Questo significa che la pianificazione dell’orario dei docenti deve essere contemplata all’interno del Piano annuale delle attività del personale docente, ai sensi dell’art. 43, comma 4, e che un docente può incrementare il proprio orario di servizio fino ad un massimo di 4 ore, che recupererà successivamente in periodi di rallentamento delle attività didattiche. Per la scuola dell’infanzia è opportuno e legittimo utilizzare intensivamente le insegnanti nella prima settimana di inserimenti/adattamento dei bambini, soprattutto di quelli anticipatari. È comunque importante garantire che il recupero delle ore eccedenti non incida sull’orario settimanale dell’attività didattica; nel senso che il recupero dovrà incidere soltanto sulla fase di compresenza delle due insegnanti assegnate alla sezione. Per la scuola primaria è possibile adottare un progetto che riduca l’orario della prima settimana e che preveda il recupero delle ore non lavorate per effettuare attività curricolari richiedenti la compresenza dei docenti. In questo caso, però, il computo delle ore va fatto sull’orario di attività didattica in classe, che è pari a 22 ore settimanali, lasciando fuori le due ore da dedicare alla programmazione settimanale. Per lo stesso motivo le due ore di programmazione settimanale non possono essere utilizzate per la festa di Natale o per quella di fine anno. Il CCNL di comparto per il triennio 2019/21, all’art. 43, comma 5, prescrive, infatti, che: “Alle 22 ore settimanali di insegnamento stabilite per gli insegnanti della scuola primaria, vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, esclusivamente alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l'orario delle lezioni”. Va notata l’introduzione dell’avverbio “esclusivamente” (assente nei precedenti CCNL), proprio al fine di impedire che l’attività di programmazione venga utilizzata per finalità improprie. È dunque necessario individuare un’altra modalità organizzativa in rapporto all’organizzazione delle feste scolastiche. Per la scuola secondaria di primo grado vale il richiamo all’art. 43, comma 9, già richiamato per la scuola dell’infanzia. Per quanto riguarda i quesiti specifici è possibile fornire le seguenti risposte, - L’organizzazione dell’orario scolastico e delle forme di flessibilità applicate costituisce materia di informazione sindacale prevista all’art. 30, comma 9, lettera b1), che stabilisce che è anche materia di confronto: “l’articolazione dell’orario di lavoro del personale docente, educativo ed ATA, nonché i criteri per l’individuazione del medesimo personale da utilizzare nelle attività retribuite con il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”. In proposito va chiarito che il confronto presuppone l’esistenza di una precedente fase di informazione alla parte sindacale. Quindi soltanto successivamente all’informativa le parti, e in particolare la parte sindacale, hanno la facoltà di chiedere formalmente l’apertura di una sessione di confronto per approfondire le informazioni ricevute in sede di informativa, ma possono anche non avvalersene. Quindi l’informazione sull’articolazione dell’orario del personale costituisce un obbligo per il dirigente scolastico, il confronto costituisce, invece, una opportunità di cui ci si può o meno avvalere. - Il comma 9 dell’art. 43 prevede che l’articolazione flessibile dell’orario scolastico sia riportata all’interno del Piano annuale delle attività del personale docente (e, a parte, nel Piano annuale delle attività del personale ATA) e il comma 4 ha stabilito che: “Il piano, comprensivo degli impegni di lavoro, è deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione didattico-educativa e con la stessa procedura è modificato, nel corso dell’anno scolastico, per far fronte a nuove esigenze. Di tale piano è data informazione alle OO.SS. di cui all’art. 7.”. Come già rilevato in risposta a precedenti quesiti, su quest’articolo del CCNL di comparto si è riproposta un’annosa polemica sulla discutibile prerogativa assegnata al collegio docenti di deliberare un documento che ha un prevalente carattere organizzativo e gestionale e quindi dovrebbe rientrare nelle competenze del dirigente scolastico, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.lgs. 165/2001. Si obietta però sul fatto che il Piano dovrebbe contenere scelte relative anche all’utilizzo dell’organico dell’autonomia e alla pianificazione di particolari attività rivolte agli alunni e quindi da questo discenderebbe un interesse dell’organo collegiale a partecipare a tali decisioni. La diatriba non è stata mai risolta e forse non lo sarà mai, anche se sarebbe abbastanza semplice distinguere l’ambito organizzativo da quello didattico e separare i due ambiti di competenza anche in sede contrattuale. Nel caso in questione il contenuto del Piano avrebbe uno stretto collegamento con la programmazione delle attività didattiche ed è quindi opportuno che il collegio docenti possa esprimersi sul modello di flessibilità oraria che si intende adottare.
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Data di pubblicazione: 24/07/2024
Fruizione delle ferie per il personale a t.d.: un parere dopo la recente Ordinanza della Corte di Cassazione...
Sono a porre il seguente quesito, soprattutto alla luce della recente sentenza che ha condannato il Mim al pagamento di ferie non fruite a docente...
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