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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Progetti PNRR: è possibile conferire l'incarico al personale non più in servizio che si era candidato in qualità di interno?
Riprendendo precedenti risposte, ricordiamo che le Istruzioni Operative del Ministero, prot. n. 132935 del 15.11.2023 (DM 65/2023) e prot. 141549 del 07/12/2023 (DM 66/2023), prevedono che “Il personale necessario ed essenziale allo svolgimento delle attività di progetto, in qualità di formatore o esperto in possesso delle relative competenze, deve essere individuato dalle scuole, soggetti attuatori degli interventi, nel rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, pubblicità, assenza di conflitto di interessi, attraverso procedure selettive”. Analoghe indicazioni sono contenute anche nel Vademecum di supporto alle scuole per il conferimento degli incarichi individuali nell’ambito delle Azioni di potenziamento delle competenze STEM e multilinguistiche (DM 65/2023) dove si legge “Le Istituzioni scolastiche che intendono conferire incarichi individuali aventi ad oggetto le attività come sopra elencate devono espletare specifiche procedure di individuazione del soggetto incaricato nel rispetto dei generali principi di trasparenza, pubblicità, parità di trattamento, buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa. Le Istituzioni scolastiche effettuano preventivamente una ricognizione interna e, ove la stessa dia esito infruttuoso, ovvero nell’eventualità in cui, in aggiunta al personale interno individuato, si renda necessario avvalersi di ulteriori figure tramite incarichi individuali non presenti nel contesto scolastico, procedono all’affidamento dell’incarico ai sensi dell’art. 7, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.” Le istruzioni e chiarimenti forniti dal MIM, tuttavia, non recano alcuna indicazione in merito alle scelte da intraprendere e gli orizzonti temporali da considerare in presenza situazioni di precarietà del personale, come rappresentato nel quesito, assai diffuse nel contesto scolastico nazionale. Tanto premesso, riteniamo che il personale con contratto a tempo determinato, individuato in qualità di personale interno, decada automaticamente dalle graduatorie e dall’individuazione all’atto della cessazione, assumendo lo status di personale esterno/estraneo all’Istituzione Scolastica (come di fatto e di diritto si configurano i supplenti cessati). Riteniamo pertanto che, avendo l’istituto a suo tempo emanato un avviso rivolto al personale interno, non sia possibile formalizzare l’incarico al personale a tempo determinato (candidatosi quando ancora era in servizio, quindi in qualità di interno e come tale individuato) oltre la scadenza del contratto di lavoro. Infatti, il conferimento degli incarichi al personale non più in servizio (e quindi estraneo) comporterebbe la stipula di un contratto di prestazione d'opera; atto che caratterizza il rapporto con soggetti estranei all’amministrazione. In tal modo, però, verrebbe violato il corretto iter di individuazione degli “esperti” che, in base alle disposizioni di cui all’art. 7 del D.Lgs 165/2001, prevede che il personale estraneo all’amministrazione (come di fatto si configurano i supplenti cessati) venga individuato attraverso apposito avviso, subordinato all’assenza o indisponibilità di personale interno (disposizione richiamata anche nel citato Vademecum). Similmente dicasi per il personale trasferito o in servizio presso altra istituzione scolastica che, dopo la chiusura del rapporto di servizio con l’Istituto, cessa dallo status di personale interno assumendo quindi lo status di personale di altra Scuola, da individuarsi (eventualmente ed in subordine alle graduatorie del personale interno) mediante avviso per incarichi di “collaborazione plurima” ex articoli 35 e 57 del CCNL 29/11/2007. Tanto premesso siamo dell’avviso che occorra, in primis, decretare la revisione della graduatoria, a suo tempo predisposta, dando la precedenza al personale interno ancora in servizio e annullando in autotutela le precedenti individuazioni di soggetti non più in carico all’Istituto. Inoltre, qualora si rendesse necessario reperire nuove e ulteriori figure, riteniamo che occorra ripetere l’iter di individuazione, ovvero procedere, in ordine, con: - emanazione di ulteriore avviso di selezione per l’individuazione di nuovo personale interno disponibile (e competente) a svolgere detto incarico ; - eventuale avviso indirizzato al personale di altre Istituzioni scolastiche (incarichi di “collaborazioni plurime” ex articoli 35 e 57 del CCNL 29/11/2007), in caso di esito negativo della procedura sopra indicata; - in ultimo, avviso di selezione pubblica, ex art. 7, comma 6, del D.Lgs 165/2001, rivolto al personale estraneo, nel caso di esito negativo dell’avviso per incarichi di collaborazione plurima. Concludiamo, come di consueto, precisando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, le risposte date tengono conto dello stato delle conoscenze attuali.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Dipendente che percepisce una posizione economica aggiuntiva e si rifiuta di eseguire le mansioni assegnategli: che fare?
Le posizioni economiche sono attribuite previa graduatoria dei partecipanti alla procedura selettiva definita in base alla valutazione conseguita dagli stessi al termine di un apposito corso di formazione diretto a tutto il personale che potrebbe concorrere alla selezione (art. 52 del CCNL) La posizione economica consente di individuare, in aggiunta ai compiti già previsti dagli specifici profili professionali, attività lavorative caratterizzate da autonomia operativa, per svolgere ulteriori e più complesse mansioni. Il rifiuto di svolgere questi ulteriori compiti comporta la perdita del beneficio economico. In tal caso il dirigente scolastico ne dà comunicazione all’ufficio scolastico territorialmente competente affinché provveda alla revoca del citato beneficio. Il Dirigente Scolastico valuterà l’opportunità se attivare il relativo procedimento disciplinare, in quanto il personale ATA accettando il beneficio economico (attribuito a seguito di una procedura selettiva a cui il dipendente chiede di partecipare), implicitamente accetta anche i relativi oneri. Poiché la posizione economica è legata alla valorizzazione della professionalità e non all'obbligo di svolgere determinati incarichi, ne segue che il personale affetto da determinate patologie non può essere, per ciò stesso, privato della medesima posizione. In questi casi, dovranno essere conferiti al dipendente unicamente incarichi compatibili con le proprie condizioni di salute. Se queste facessero dubitare dell'idoneità del dipendente, l'amministrazione, allora, dovrebbe inviare lo stesso dipendente a visita medico collegiale, d'ufficio, al fine di verificarne l'idoneità al servizio. Si tratterebbe, come è evidente, di una questione del tutto estranea a quella dell'attribuzione della posizione economica. Conclusivamente, il personale affetto da determinate patologie non può essere privato, solo per tale disabilità, della medesima posizione. In questi casi, dovranno essere conferiti al dipendente unicamente incarichi compatibili con le proprie condizioni di salute.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Banchi con le rotelle non inventariati: possono essere allocati presso i locali del Comune di appartenenza a seguito di delibera del CdI?
Come già detto in precedenti risposte, il problema dell’accumulo dei “banchi a rotelle”, inviati dal Ministero durante l’emergenza pandemica, stanno spingendo moltissime scuole ad intraprendere iniziative analoghe a quelle indicate nel quesito. Risulta tuttavia difficoltoso individuare la corretta procedura in quanto detti materiali, essendo beni acquistati dalla pubblica amministrazione (centrale), non è chiaro se e come possano essere ceduti. Molte Istituzioni scolastiche hanno già avanzato appositi quesiti all’Amministrazione, senza però, ad oggi, aver ricevuto risposte certe dal Ministero dell’Istruzione. Fermo restando che reputiamo, comunque, opportuno che l’Istituto rivolga apposito interpello al competente Ministero, dal canto nostro condividiamo l’ipotesi del coinvolgimento del Comune di appartenenza (e nello specifico della persona del Sindaco, quale rappresentante della comunità ed organo locale dello Stato, che agisce anche in qualità di ufficiale del Governo, a mente degli articoli 50 e 54 del D.Lgs 267/2000) a cui, previo formale accordo, potrebbero essere conferiti i banchi attraverso un contratto di comodato gratuito. E’ opinione di chi scrive, quindi, che, previa delibera del Consiglio di Istituto, sia percorribile il conferimento dei banchi sotto forma di comodato al Comune di riferimento, nella persona del Sindaco. E' una soluzione che mantiene comunque la proprietà del bene in capo allo scuola. Resta fermo il discorso dell'opportunità dell'interpello più sopra richiamato, viste lo polemiche che su questo tipo di bene tendono a innescarsi.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Quale data apporre sui diplomi di istruzione di secondo grado?
Premesso che non vengono fornite istruzioni operative univoche dal MIM, considerato comunque che con l'utilizzo dell'applicazione Commissione web la data è personalizzabile, si ritiene che, per omogeneità e per rendere chiara la sessione d'esame in cui si è conseguito il titolo, sia opportuno inserire la data di chiusura della sessione d'esame, che corrisponde peraltro alla pubblicazione degli esiti.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Contrattazione integrativa di istituto: i criteri per l'assegnazione delle risorse del FMOF...
I punti indicati nel quesito si riferiscono a momenti diversi di relazioni sindacali. Per quanto attiene al punto b3) di informazione, si tratta di fornire i dati relativi al precedente anno scolastico. Il CCNL di comparto 2019-2021 precisa, chiudendo definitivamente vecchie questioni, che alle rappresentanze sindacali va trasmesso un elenco delle attività che sono state retribuite, indicando per ciascuna di esse l'importo erogato e il numero di lavoratori coinvolti. E' evidente che da un siffatto elenco non sia possibile risalire ai nominativi dei lavoratori che hanno percepito compensi; in ogni caso, il CCNL esclude espressamente la possibilità di tale associazione. La trasmissione delle informazioni non deve avvenire a richiesta, ma è un obbligo dell'amministrazione nei confronti della RSU e delle OOSS firmatarie del CCNL. Per quanto attiene al punto b1) di confronto, spetta all'amministrazione individuare i criteri in base ai quali individuare il personale da utilizzare nelle attività retribuite a carico del FMOF. Non esistono criteri prestabiliti, potendo scegliere l'amministrazione (ovvero, il dirigente scolastico che la rappresenta) i criteri che ritiene più funzionali alla realizzazione del PTOF. Tali criteri vanno trasmessi alla RSU e alle OOSS per l'eventuale avvio del confronto. Si ricorda che quest'ultimo, infatti, si attiva solo se richiesto dalle rappresentanze sindacali entro 5 giorni dal ricevimento delle informazioni (a meno che l'amministrazione non ritenga essa stessa di avviarlo, pur non essendo tenuta a farlo). Il confronto, nelle istituzioni scolastiche, può durare al massimo 10 giorni (nel senso che gli incontri relativi al confronto devono svolgersi in tale arco temporale) e si conclude con un verbale di sintesi delle posizioni espresse. La decisione finale spetta unicamente all'amministrazione. Per quanto attiene ai punti c2), c3), c4), c7) e c11) di contrattazione integrativa, essi non si riferiscono strettamente al FMOF, perché riguardano anche risorse non ricomprese in esso, come la quota delle risorse relative ai PCTO, a progetti nazionali e comunitari, alla formazione del personale e ai progetti di orientamento. Non esistono criteri prestabiliti; ma a differenza dei criteri per l'individuazione del personale da retribuire, che come abbiamo visto sono decisi dall'amministrazione, sia pure previa informazione seguita da eventuale confronto, i criteri per l'attribuzione e la determinazione dei compensi accessori devono essere (fuori del caso dell'adozione di un atto unilaterale, nel caso in cui il raggiungimento di un accordo si riveli impossibile) frutto di un'intesa fra l'amministrazione, rappresentata dal dirigente scolastico, e i rappresentanti dei lavoratori, ovvero la RSU e le OOSS firmatarie del CCNL. Non esiste alcuna particolare regola per la definizione di tali criteri, che possono essere contrattati liberamente, con l'unico vincolo di assegnare ciascuna voce del FMOF alle attività ad essa corrispondenti (es. incarichi specifici, funzioni strumentali, ecc.), tenendo presente che, al contrario, eventuali economie relative ad anni scolastici precedenti possono essere destinate a qualunque attività, senza essere più soggette al vincolo di destinazione. Infine, pur non esistendo come si è visto criteri prestabiliti, assume particolare importanza il disposto di cui all'art. 4, comma 2 del CCNL, che definisce così il fine delle relazioni sindacali: "Attraverso il sistema delle relazioni sindacali: - si persegue l’obiettivo di contemperare il miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti con l’esigenza di incrementare l’efficacia e l’efficienza dei servizi prestati a vantaggio della collettività; - si migliora la qualità delle decisioni assunte; - si sostengono la crescita professionale, la valorizzazione e l’aggiornamento del personale, nonché i processi di innovazione organizzativa; - si attua la garanzia di sicure condizioni di lavoro." Ciò aiuta a comprendere il motivo per il quale il legislatore, nel quadro del d.lgs. 165/2001, ha previsto un meccanismo di relazioni sindacali. Si vuole che le esigenze dell'amministrazione, che sono quelle di assicurare l'efficienza e l'efficacia dei propri servizi, si incontrino con le esigenze dei lavoratori, i cui rappresentanti mirano a migliorare le loro condizioni di lavoro. Tali esigenze sono spesso opposte e il sistema delle relazioni sindacali è stato ideato con l'obiettivo di ricomporre ogni frattura, nell'interesse dell'intera collettività. Tale dichiarazione può apparire solo di principio, ma nella pratica può essere di grande utilità farne uso, al fine di prevenire e sanare eventuali conflitti.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
C'è una tempistica da rispettare per attivare le procedure per la sostituzione di un docente assente?
Rispetto al quesito posto, si fa presente che la normativa non prevede in nessun caso la necessità di attendere un tempo predeterminato prima di poter attivare le procedure per la sostituzione di un docente assente, quale che sia la sua posizione giuridica. Va ricordato che, ai sensi dell’articolo 1, comma 333, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, non e? possibile conferire supplenze brevi al personale docente, per il primo giorno di assenza del titolare, fatte salve la tutela e la garanzia dell’offerta formativa e il rispetto delle norme di prevenzione e protezione dei rischi. Le procedure per la sostituzione, pertanto, possono essere avviate dal momento stesso in cui diviene nota l’assenza stessa. Tuttavia, per evidenti ragioni organizzative, sarà opportuno attendere di conoscere formalmente anche la durata dell’assenza, in modo da poter avviare la procedura di sostituzione con piena cognizione di causa, oltre che per dare seguito alle indicazioni contenute nell’articolo 13, comma 4, lettera a), dell’ordinanza ministeriale n. 88 del 2024, ove si prevede che la proposta di assunzione inviata al supplente deve contenere “i dati essenziali relativi alla supplenza, e cioe? la data di inizio, la durata, l’orario complessivo settimanale, distinto con i singoli giorni di impegno”. Le modalità da seguire nella procedura di sostituzione sono dettagliatamente descritte dall’intero articolo 13 poc’anzi citato, alla cui attenta lettura si rimanda, anche per poter eventualmente chiarire ulteriori possibili dubbi. E’ opportuno da ultimo richiamare, per le supplenze fino a 10 giorni nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, le indicazioni contenute nella nota del Direttore generale per il personale scolastico prot. 160706 del 9 ottobre 2024, che prevede la possibilità per i dirigenti scolastici di attivare le procedure cosiddette “di interpello” di cui all’articolo 13, comma 23, della citata ordinanza prima che si manifesti la concreta esigenza di sostituzione.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Progetti PNRR: che conseguenze in caso di raggiungimento parziale del target indicato al momento della stesura?
Per quanto riguarda tutte e tre le linee di finanziamento indicate – ricollegate ai DD.MM. nn. 65 e 66/2023 e n. 19/2024 – la risposta alle domande formulate va ricercata nel testo dell’accordo di concessione sottoscritto dalla istituzione scolastica e dall’Unità di Missione del PNRR costituita presso il MIM. Con riferimento al D.M. n. 65/2023, secondo il relativo accordo di concessione: - “Con la sottoscrizione del presente accordo di concessione, il Soggetto attuatore si obbliga a: • garantire il raggiungimento di milestone e target della linea di investimento di cui alla Missione 4 – Componente 1 – Investimento 3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi”, così come indicati nel progetto, nonché il principio DNSH, pena la decadenza dal finanziamento […]” (art. 5, c. 1); - “1. L’Unità di missione del PNRR del Ministero dell’istruzione e del merito può procedere a dichiarare la decadenza del soggetto attuatore dal finanziamento concesso nei seguenti casi: • mancata conclusione del progetto entro il termine definito nel progetto, salvo la concessione di eventuali proroghe; • realizzazione di intervento diverso rispetto a quello autorizzato e di attività difformi rispetto a quelle indicate nelle Istruzioni operative; • affidamento dei servizi, da parte del soggetto attuatore, mediante procedure di gara, in violazione di quanto previsto dal codice dei contratti pubblici e dalle disposizioni di semplificazioni previste per l’attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza; • accertata sussistenza di situazione di conflitto di interessi, in caso di valutazione delle offerte; • progetto interessato da indagine giudiziaria contro la pubblica amministrazione comunicato dall’Autorità giudiziaria al Ministero dell’istruzione e del merito; • mancata adozione di misure adeguate volte a rispettare il principio di sana gestione finanziaria secondo quanto disciplinato nel regolamento finanziario (UE, Euratom) n. 2018/1046 e nell’articolo 22 del regolamento (UE) n. 2021/241, in particolare in materia di prevenzione dei conflitti di interessi, delle frodi, della corruzione e di recupero e restituzione dei fondi che sono stati indebitamente assegnati; • mancata adozione di misure adeguate volte a rispettare il principio DNSH. 2. Per altri casi, è possibile attivare rettifiche finanziarie di irregolarità in percentuale variabile” (art. 10). Di identico contenuto risultano gli artt. 5, c. 1 e 10 degli accordi di concessione relativi alle due ulteriori linee di finanziamento, quella derivante dal D.M. n. 66/2023 e quella derivante dal D.M. n. 19/2024. Come evidente, l’art. 10 non ricollega automaticamente il definanziamento al mancato raggiungimento degli obiettivi e al mancato rispetto dei termini. Ciò significa che, qualora dette ipotesi si avverassero, dovrebbe aprirsi uno spazio di interlocuzione tra l’istituzione scolastica e l’Unità di Missione sulle cause che le hanno generate al fine di evitare il definanziamento stesso. L’assenza di automatismi, in altri termini, garantisce uno spazio per l’emersione delle criticità rilevate dalla scuola nello svolgimento dei percorsi formativi e per la loro valutazione e il loro apprezzamento da parte dell’Unità di Missione. Si richiama, peraltro, alla possibilità – prevista dall’art. 9 degli accordi di concessione sopra citati – di proporre variazioni al progetto “per aspetti di dettaglio e/o esigenze di adeguamento dei percorsi formativi programmati e delle correlate attività previste”, tenuto conto che “In ogni caso eventuali modifiche particolarmente rilevanti al progetto devono essere comunicate tramite apposito sistema informativo all’Unità di missione del PNRR del Ministero dell’istruzione e del merito, che si riserva la facoltà di non riconoscere ovvero di non approvare spese relative a variazioni delle attività del progetto non comunicate”. Dunque, in vista del raggiungimento del target si possono rimodulare i percorsi formativi nella durata e nel contenuto, previa comunicazione all’Unità di Missione, in modo da intercettare le esigenze manifestate dai destinatari dei percorsi medesimi e garantire la maggiore adesione possibile. Ciò premesso, se l’Unità di Missione – all’esito della strada tracciata – riterrà di procedere alla decadenza dal finanziamento, ovviamente la scuola dovrà far fronte alla restituzione delle quote eventualmente già ricevute anche facendo ricorso alla richiesta di fondi straordinari all’USR territorialmente competente, in caso di incapienza delle risorse disponibili. Per quanto riguarda il dirigente scolastico, egli potrà essere ritenuto responsabile – sotto il profilo disciplinare e quello amministrativo-contabile – solo se il mancato raggiungimento dei target e dei milestone e il conseguente definanziamento siano a lui addebitabili sulla base delle regole generalmente applicabili: se i percorsi non sono stati avviati per motivazioni oggettive (quale, ad esempio, la mancanza di adesioni nonostante reiterate richieste in tal senso) oppure, nonostante la rimodulazione degli stessi, non sono stati raggiungi i target per il venir meno degli iscritti ai corsi durante il loro svolgimento, appare evidente che il dirigente non potrà risponderne, mancando l’imputabilità allo stesso a titolo di colpa o dolo. Si fa notare in conclusione che il Governo, impegnato per lo Stato italiano nel raggiungimento dei target e dei milestone, ha interesse al raggiungimento dei target nazionali poiché a quelli è ricollegata l’erogazione delle successive tranche di finanziamento europeo: in altri termini, nel caso in cui il target complessivo stabilito a livello nazionale fosse raggiunto, probabilmente l’Unità di Missione potrebbe non avere interesse ad applicare in maniera puntuale il disposto dell’accordo di concessione.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
A seguito di un festival musicale riceviamo una donazione, da parte di una Fondazione, da corrispondere ai docenti accompagnatori come rimborso spese...
L’erogazione della Fondazione parrebbe rientrare nell'ambito di una donazione liberale che, pertanto, deve essere trattata alla luce delle vigenti disposizioni del D.I. n.129/2018. Certamente, essa non rientra nello schema tipico della sponsorizzazione, non essendovi alcuna sinergia in vista del conseguimento di uno specifico interesse pubblico condiviso, né sono presenti tutti gli elementi tipici del contratto di sponsorizzazione. Nello specifico la donazione formulata dall’Ente parrebbe connotare la particolare fattispecie della donazione modale, ex art. 793 del codice civile. La donazione modale è un contratto di donazione gravato da un “modus”, cioè da un onere a carico del donatario che, però, non è tenuto al suo adempimento oltre i limiti del valore della cosa donata. Lo spirito di liberalità tipico della donazione è perfettamente compatibile con l'imposizione di un onere al beneficiato, purché tale onere, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio senza snaturare l'essenza di atto di liberalità della donazione. Nel caso specifico l’adempimento (onere) posto dal donatore consiste nel riconoscimento agli insegnanti accompagnatori delle spese sostenute per la partecipazione a festival musicale. Attualmente la disciplina vigente prevede che la formale volontà di accettare la donazione o l'atto di liberalità venga espressa dal dirigente scolastico, previa deliberazione del Consiglio di circolo o istituto, e sia immediatamente efficace, senza la necessità di alcuna ulteriore autorizzazione (art. 25 del D.lgs. 165/2001, artt. 3, 4, 44, 45 e 48 del DI 129/2018). In linea generale, sarebbe quindi necessario, in primis, che l’Istituto acquisisse apposita comunicazione da parte della Fondazione, contenente indicazioni circa la specifica volontà di destinazione, e che il Dirigente Scolastico (ove non avesse già provveduto) sottoponesse quanto prima al Consiglio di Istituto la delibera di accettazione della donazione in parola, vincolando l'importo elargito alle finalità indicate dal donante.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Ritiro di uno studente ultrasedicenne: quali adempimenti deve attivare la scuola?
Chiedo cortese parere sulle potestà autorizzative/coercitive della scuola in merito all'obbligo scolastico, ovvero come comportarsi in caso di ritiro di ultrasedicenne...
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Finanziamenti PNRR 4.0: è possibile procedere con nuovi affidamenti dopo il 15 settembre?
Con nota prot. 125321 del 23/9/2024 l’Unità di Missione ha comunicato che “Con riferimento alle procedure previste per l’attuazione della linea di investimento 3.2 “Scuola 4.0: scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori”, Missione 4, Componente 1, del PNRR, in relazione alle risorse assegnate con decreto ministeriale 8 agosto 2022, n. 218, si comunica che, in considerazione di richieste pervenute dalle Istituzioni scolastiche relative al completamento degli allestimenti degli ambienti per il differimento nella consegna delle forniture, la data prevista dall’articolo 4, comma 2, dell’accordo di concessione, RELATIVA ALLA REALIZZAZIONE DEGLI AMBIENTI INNOVATIVI DI APPRENDIMENTO E COLLAUDO, È FISSATA AL 30 NOVEMBRE 2024. LA DATA DI FINE EFFETTIVA RELATIVA ALLA FASE DI “COLLAUDO/VERIFICA DI CONFORMITÀ” DEL CRONOPROGRAMMA DI PROGETTO DOVRÀ ESSERE CONSEGUENTEMENTE AGGIORNATA, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 2 del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56. Restano fermi tutti gli altri termini già stabiliti, nel rispetto di target e milestone dell’investimento.” Conseguentemente è stato aggiornato anche il cronoprogramma sulla piattaforma Futura per le scadenze connesse con il PNRR Scuola 4.0. Le scadenze aggiornate sono: • per l’aggiudicazione/affidamento e per la stipula la data del 15 settembre 2024 • per l’esecuzione della fornitura e il collaudo/verifica di conformità la data è slittata al 30 novembre 2024. Siamo pertanto dell'avviso che dopo la deadline del 15 settembre, come fissata nel cronoprogramma, non sia possibile procedere con ulteriori e nuovi affidamenti in quanto la data del 30 novembre è riferita alla sola “realizzazione degli ambienti innovativi di apprendimento (ndr. esecuzione della fornitura) e collaudo” Concludiamo, come di consueto, ricordando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, contano moltissimo le indicazioni che periodicamente vengono dal Ministero, che raccoglie casi e poi pubblica indicazioni per le scuole o le fornisce direttamente in risposta ad appositi quesiti. Tanto premesso, occorre sottolineare che le risposte date tengono conto dello stato delle conoscenze attuali.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Docente di religione che ha già avuto la ricostruzione con gli scatti biennali: ha diritto al riconoscimento degli anni in caso di ruolo in un altra classe di concorso?
Nel caso in cui la docente prima della nomina in ruolo era una docente di religione a tempo determinato si procede come una normale ricostruzione della carriera ed il servizio prestato come docente di religione a tempo determinato si valuta come servizio pre – ruolo. Diversa sarebbe la carriera se la docente fosse già un’insegnante di religione di ruolo ed in tal caso l’anzianità maturata nel ruolo dei docenti di religione sarebbe interamente valutata all’atto della nuova nomina in ruolo.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
PNRR Scuola 4.0: cosa indicare nella checklist per l'autocontrollo delle procedure di gara?
I principi trasversali previsti dal Regolamento (UE) 241/2021 per il PNRR, sono, nell’ordine: - il principio del contributo all’obiettivo climatico e digitale (c.d. tagging – Domanda 1.9), - il principio di parità di genere - il principio di protezione e valorizzazione dei giovani; - il principio di superamento dei divari territoriali Occorre notare che la domanda posta al punto 1.10 (che peraltro contiene in inciso “ove applicabili”) è strettamente correlata alla successiva domanda 1.11. Il collegamento tra le due domande è desumibile dall’elencazione dei documenti oggetto del controllo (ultima colonna a destra della checklist): - Alla domanda 1.10 sono indicati gli Atti di gara (Bando, avviso, capitolato, altro) e il Contratto di appalto - Alla domanda 1.11 sono indicati la Documentazione trasmessa dall’operatore economico (dichiarazione art. 47 DL 77/21) e il Contratto di appalto Ciò a significare, a nostro avviso, che l’Istituzione Scolastica dovrebbe aver inserito negli atti di gara apposite clausole richiamanti l’obbligo (ove applicabile) al rispetto di detti principi, a cui l’operatore economico ha risposto trasmettendo proprie dichiarazioni/documenti. Detti principi, poi, dovrebbero essere stati recepiti e riportati nel contratto sottoscritto dalle parti. Tanto premesso, per rispondere concretamente alla domanda posta nel quesito, la risposta da riportare al punto 1.10 dovrebbe essere “SI”, indicando poi nella colonna “Elenco dei documenti verificati” : - il Disciplinare/Capitolato dell’appalto contenti le preiscrizioni per gli Operatori Economici in ordine al rispetto di tali principi (con contestale richiesta delle necessarie dichiarazioni/documenti); - il Contratto stipulato contenente apposito richiamo al rispetto dei principi succitati. Concludiamo, come di consueto, precisando che, in materia di attuazione dei Progetti PNRR, contano moltissimo le indicazioni che periodicamente vengono dal Ministero, che raccoglie casi e poi pubblica indicazioni per le scuole o le fornisce direttamente in risposta ad appositi quesiti.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
La procedura da seguire per l'attivazione delle sezioni primavera...
Ai sensi dell’articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dell’art. 2, comma 3, lett. b) del d. lgs. 65/2017, è realizzata sul territorio regionale, con il concorso dello Stato, della Regione e degli Enti locali, l’offerta di un servizio educativo per bambini di età compresa tra i ventiquattro e trentasei mesi (Sezioni Primavera). L’offerta è da intendersi come servizio socio educativo integrativo e aggregato alle attuali strutture delle scuole dell’infanzia statali e paritarie (comunali e private paritarie), di nidi d’infanzia gestiti direttamente dal Comune o da soggetti in regolare esercizio accreditati/convenzionati con i Comuni e concorre a fornire una risposta alla domanda delle famiglie per servizi della prima infanzia, contribuendo alla diffusione di una cultura attenta ai bisogni e alle potenzialità dei bambini da zero a sei anni in coerenza con il principio della continuità educativa, avvalendosi delle esperienze positive già avviate in numerosi territori e realtà. I gestori di scuole dell’infanzia statali, comunali e paritarie (comunali e private paritarie), di nidi d’infanzia gestiti direttamente dal Comune o da soggetti accreditati/convenzionati con i Comuni, possono richiedere il contributo per il servizio educativo delle sezioni primavera all’Ufficio Scolastico Regionale. Al fine di assicurare la qualità e funzionalità del servizio, nel rispetto della vigente normativa, le istituzioni educative devono essere in possesso di precisi requisiti, definiti nell’Accordo quadro nazionale e declinati negli accordi regionali. Tanto premesso, la procedura per l’attivazione delle sezioni primavera dovrebbe, di norma, essere corredata da un nulla osta del Comune, con modalità che dovrebbero essere stabilite in apposito accordo regionale. Per quanto concerne la regione Toscana, non risulta che tale accordo sia stato formalizzato per l’anno scolastico 2024/2025. Nelle more, l’Ufficio scolastico regionale per la Toscana ha emanato il Decreto n. 1222 del 30 settembre 2024, con il quale, visto il disposto dell’art. 4 comma 1, lett. D dell’intesa stipulata in Conferenza Unificata il 23 luglio 2023, che conferisce la possibilità di programmare e gestire il servizio in mancanza di previa intesa con la Regione Toscana, ritenuto di dover comunque procedere all’erogazione dei fondi secondo un criterio di continuità con i pregressi anni scolastici, vista la ripartizione del contributo del MIM (decreto dipartimentale prot.22 del 5/01/2024), relativo al funzionamento delle Sezioni primavera, nell’ a.s. 2023/24, emana un bando che disciplina la procedura per l’ammissione al contributo finanziario ministeriale relativo all’offerta del servizio educativo per bambini di età compresa tra i 24 e i 36 mesi, denominato “Sezione primavera sperimentale”, svolto nell’anno scolastico 2023/2024. Tale bando, con scadenza 18 ottobre 2024, prevede l’ammissione ammesse in via prioritaria delle Sezioni Primavera già autorizzate e finanziate con il contributo per l’anno scolastico 2022/2023 che richiedono il finanziamento dell’attività anche per il 2023/2024 e per le quali permangano i requisiti di ammissione. Il bando prevede altresì che nuove sezioni, diverse rispetto a quelle di cui al precedente comma, sono ammesse al contributo con priorità per quelle di fascia più alta secondo la previsione di cui all’art. 5; a parità di fascia è data priorità alla sezione con maggior numero di bambini. L’articolo 5 definisce precisi criteri quantitativi per l’inserimento delle scuole richiedenti in diverse fasce di riferimento. Non vengono previste dal bando previsioni per l’attivazione di ulteriori sezioni primavera per l’anno scolastico appena iniziato. In sintesi, per una nuova attivazione riferita all’anno in corso, si ritiene necessario: - Predisporre uno specifico progetto educativo - Attivare urgenti interlocuzioni con il Comune, finalizzate a stipulare un accordo locale o comunque a chiedere ed ottenere uno specifico nulla osta - Contattare l’Ufficio scolastico regionale per la Toscana, al fine di acquisire informazioni sulle prossime scadenze per le nuove autorizzazioni
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Docenti in servizio su 5 giorni negli istituti comprensivi: quali sono le attività da svolgere?
In merito al quesito posto si ritiene di centrare la risposta sulle attività funzionali di cui all’art. 44 CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021, premettendo che le novità apportate dall’ultimo contratto, così come tutta la disciplina delle attività funzionali, riguardano indistintamente coloro che prestano servizio in istituzioni scolastiche con orario articolato su 5 o su 6 giorni. Questo perché – come noto – il personale docente deve prestare la propria attività lavorativa “in non meno di cinque giornate settimanali” (art. 43, c. 5 CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021). Dunque, l’orario settimanale di insegnamento del docente è articolato, per prassi, su cinque giorni anche se l’orario delle attività didattiche si articola in sei. E ciò comporta che non vi sia alcuna differenziazione – sotto il profilo della prestazione lavorativa dovuta, non solo in termini di attività di insegnamento ma anche in termini di attività funzionali – tra chi presta servizio in una istituzione scolastica in cui le attività didattiche sono articolate su sei giorni e chi lavora invece in scuole in cui le attività didattiche sono articolate su cinque giorni. Ciò premesso, le attività funzionali all’insegnamento si distinguono in: 1) adempimenti individuali dovuti, nei quali rientrano le attività relative: a) alla preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; b) alla correzione degli elaborati; c) ai rapporti individuali con le famiglie (art. 44, c. 2); 2) attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti quali: a) la “partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, ivi compresa l'attività di programmazione e verifica di inizio e fine anno e l'informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e sull'andamento delle attività educative nelle scuole dell’infanzia e nelle istituzioni educative, fino a 40 ore annue; b) la partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione, inclusi i gruppi di lavoro operativo per l’inclusione. Gli obblighi relativi a queste attività sono programmati secondo criteri stabiliti dal collegio dei docenti; nella predetta programmazione occorrerà tener conto degli oneri di servizio degli insegnanti con un numero di classi superiore a sei in modo da prevedere un impegno fino a 40 ore annue; c) lo svolgimento degli scrutini e degli esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione” (art. 44, c. 3). Il recente CCNL ha apportato una significativa novità sotto il profilo delle attività funzionali aggiungendo – al c. 4 dell’art. 44 citato – la seguente precisazione: “Fermo restando che le ore di cui alle lettere a) e b) del comma 3 sono prioritariamente destinate alle attività collegiali ivi indicate, le ore non utilizzate a tal fine sono destinate, nei limiti di cui alle lett. a) e b), alle attività di formazione programmate annualmente dal collegio docenti con il PTOF.” Spetta al piano annuale delle attività declinare le attività di carattere collegiale, secondo quanto disposto dall’art. 43, c. 4 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021: “Gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali alla prestazione di insegnamento. Prima dell’inizio delle lezioni, il dirigente scolastico predispone, sulla base delle eventuali proposte degli organi collegiali, il piano annuale delle attività e i conseguenti impegni del personale docente, che sono conferiti in forma scritta e che possono prevedere attività aggiuntive. […]” Riassumendo, prima dell’avvio delle lezioni, il dirigente predispone il piano delle attività in cui sono declinati gli impegni dei docenti in termini di attività funzionali all’insegnamento, in particolare indicando: a) le date di convocazione del collegio dei docenti e di sue eventuali articolazioni (come, ad esempio, i dipartimenti), così come quelle dei colloqui della scuola dell’infanzia e delle comunicazioni del team docenti per la scuola primaria e del coordinatore nella scuola secondaria di primo grado in occasione degli scrutini intermedi e finali. La partecipazione a dette attività collegiali è obbligatoria per un massimo totale annuo pari a 40 ore; b) le date di convocazione dei consigli di intersezione/interclasse/classe ed eventualmente delle riunioni del GLO (se già note). Anche la partecipazione a simili attività è obbligatoria fino a concorrenza di un massimo totale annuo di 40 ore. Ovviamente, per consentire la più vasta partecipazione ai GLO e al contempo contenere gli impegni del personale docente entro detto monte orario annuo il dirigente può prevedere meccanismi di rotazione tra docenti; c) le date degli scrutini intermedi e finali, la partecipazione ai quali prescinde da qualsiasi monte orario annuo; d) la formazione deliberata dal collegio dei docenti ed inserita nel PTOF, obbligatoria fino alla concorrenza delle 40 ore + 40 ore. L’eccedenza deve essere retribuita anche con compensi stabiliti in misura forfetaria nell’ambito della contrattazione integrativa di istituto (art. 36, c. 7 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021). Va da sé che gli adempimenti individuali “dovuti” sono tutti obbligatori, a prescindere dal monte orario annuo in essi impegnato e anche – come detto in apertura – dall’articolazione delle attività didattiche su cinque o sei giorni. Infine, le attività non obbligatorie sono tutte quelle attività (collegiali) di cui alle lettere a) e b) del comma 3 dell’art. 44 e la formazione di cui al comma 4 dello stesso articolo del CCNL di comparto 2019-2021 che esorbitano il monte orario annuo per esse stabilito.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
La ricostruzione di carriera in caso di docente che accetta un incarico ex art. 36 in un posto diverso rispetto a quello di titolarità...
La problematica evidenziata è reale in quanto il SIDI non interrompe la carriera nel ruolo di appartenenza quando un docente accetta un incarico ex art. 36 in un posto diverso rispetto a quello di titolarità. Tuttavia molte Ragionerie territoriali dello Stato ritengono che questo tipo di incarico interrompe la carriera nel ruolo di appartenenza. Nel caso in cui la RTS competente avesse questo tipo di orientamente le soluzioni possono essere due: 1) si stampa il decreto SIDI in formato RTF e si detraggono dall’anzianità determinata i periodi incarico ex art. 36 modificando quindi la progressione della carriera. Si ricorda che i decreti stampati in formato RTF vanno ricaricati al SIDI così che rimangono come sono stati modificati; 2) si lascia il decreto come elaborato dal SIDI e si chiede alla Ragioneria territoriale dello Stato il visto ai sensi del D.L.vo 430/1997 e del D.P.R. 38/1998. In questi casi la Ragioneria territoriale dello Stato visterà il decreto con riserva trasmettendo gli atti alla Corte dei Conti.
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Data di pubblicazione: 14/10/2024
Ore non prestate e ore di straordinario: quali differenze?
Certo che c’è differenza: le ore non prestate in giorni lavorativi vanno restituite, in quanto il turno settimanale di servizio è comunque obbligatorio; le ore di lavoro straordinario sono prestate in eccedenza al normale turno di lavoro e quindi o vanno retribuite come ore eccedenti o vanno recuperate attraverso turni di riposo. La richiesta del collaboratore scolastico, nel caso in cui sia intesa a recuperare, cioè a restituire in altro momento le ore non lavorate in un prefestivo, in aggiunta al normale turno di servizio e, da un altro lato, a chiedere la retribuzione delle ore di straordinario autorizzate e svolte, è legittima, anche se generalmente nella quasi totalità delle scuole viene applicata la cosiddetta “compensazione” a somma algebrica, perché è la più sbrigativa. Per quanto riguarda il lavoro straordinario il collaboratore scolastico può sempre decidere (su base volontaria e in alternativa alla retribuzione) di usufruire della facoltà di recuperare le ore svolte nelle modalità concordate con il DSGA e secondo le esigenze di servizio. Resta inteso che per quanto riguarda la disciplina del lavoro straordinario occorre ancora fare riferimento all’art. 51, commi 3 e 4, del CCNL di comparto 2007.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Dipendente che fruisce su base oraria del permesso art. 33, c. 3 L. 104/92: in caso di contratto part-time orizzontale ha diritto a 9 o 18 ore?
Un collaboratore scolastico con contratto a tempo determinato part-time orizzontale (18 ore/36) dal lunedì al sabato (6 giorni lavorativi), chiede la fruizione...
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Docente con inidoneità permanente ma relativa: in mancanza di istanza d'utilizzazione in altri compiti come considerare l'assenza?
Il verbale della CMV è di inidoneità permanente ma relativa. Nel caso di docenti dichiarati inidonei in modo permanente ma relativo (come per l'appunto nel caso di specie), per quanto concerne l'utilizzazione si osserva che l'art. 15, ai commi 4 e seguenti, del D.L. n. 104 del 12/09/2013, convertito con modificazioni in Legge n. 128/2013, dispone che nei confronti del personale docente della scuola dichiarato, successivamente al 1 gennaio 2014, permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, trova applicazione, anche in corso d'anno scolastico, la procedura di cui all'articolo 19, commi da 12 a 14 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con conseguente assunzione, su istanza di parte, della qualifica di assistente amministrativo o di assistente tecnico. Il MIUR (ora MIM), con la nota n. 13000 del 3 dicembre 2013, ha precisato che in assenza di istanza o, in ipotesi di istanza non accolta per carenza di posti disponibili, troverà applicazione obbligatoria la procedura della mobilità intercompartimentale in ambito provinciale verso le Amministrazioni che presentino vacanze di organico e con mantenimento del maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Il MIUR, con la successiva Nota n. 13220 del 6 dicembre 2013, ha precisato che nelle more dell'applicazione della mobilità intercompartimentale e, comunque fino alla conclusione dell'anno scolastico 2015-2016 (ma sul punto non sono pervenute successive indicazioni), il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti potrà essere utilizzato, oltre che nelle mansioni attualmente previste dal CCNI del 25 giugno 2008, anche per iniziative per la prevenzione della dispersione scolastica ovvero per attività culturali e di supporto alla didattica, anche in reti di istituzioni scolastiche. Nella Nota MIUR n. 7749 del 1 agosto 2014 è stato precisato che anche il personale docente riconosciuto temporaneamente inidoneo alle proprie funzioni per motivi di salute può chiedere di essere utilizzato in altri compiti, prioritariamente nell'ambito del comparto scuola, tenendo conto della sua preparazione culturale e dell'esperienza professionale maturata. In caso di domanda di utilizzazione (l'utilizzazione è sempre su istanza di parte e mai d'ufficio), si ritiene che la competenza a disporre tale utilizzazione è del Dirigente dell’Ambito Territoriale, acquisito il referto medico collegiale. Ciò si desume dall'art. 2, comma 6, del CCNI 25 giugno 2008 (richiamato anche nella Nota 1585/2020 sulla gestione del personale inidoneo a seguito di giudizio del medico competente) il quale prevede che il Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, acquisito il referto medico collegiale, qualora sussistano i presupposti per l'utilizzazione temporanea o permanente in altri compiti, dispone a domanda dell’interessato/a l'utilizzazione temporanea o permanente. L'art. 6 del CCNI prevede che il contratto individuale di lavoro che regola l'utilizzazione deve essere stipulato da parte dell'Amministrazione entro 30 giorni dalla data di ricezione della richiesta dell'interessato. Durante detto periodo l'interessato fruisce dell'assenza per malattia di cui all'art. 17 del CCNL 2007. Qualora il termine di 30 giorni non sia rispettato dall’Amministrazione, l’ulteriore periodo di assenza non è computato ai fini della determinazione del periodo massimo di assenza previsto ai commi 1 e 2 del citato art. 17. L'art. 3 del CCNI 25 giugno 2008 prevede che " L'utilizzazione del personale docente ed educativo è disposta, di norma, nell'ambito dello stesso circolo o istituto di ex titolarità (o di titolarità in casi di utilizzo temporaneo). Tra i compiti a cui può essere assegnato il personale docente ed educativo, tenuto conto di quanto previsto nella certificazione medico collegiale, delle richieste dell’interessato, in coerenza con il PTOF e con i criteri definiti in sede di contrattazione di scuola, si indicano, a titolo meramente esemplificativo, quelli relativi ad attività di supporto alle funzioni istituzionali della scuola, quali: - servizio di biblioteca e documentazione; - organizzazione di laboratori; - supporti didattici ed educativi; - supporto nell'utilizzo degli audiovisivi e delle nuove tecnologie informatiche; - attività relative al funzionamento degli organi collegiali, dei servizi amministrativi e ogni altra attività deliberata nell'ambito del progetto d'istituto" Nella citata Nota 1585/2020 si legge quanto segue: "L’utilizzazione del personale riconosciuto temporaneamente inidoneo potrà avvenire solo a domanda dell’interessato, da produrre senza indugio, all’esito del giudizio di idoneità, al Dirigente scolastico. Qualora il lavoratore non richieda esplicitamente di essere utilizzato in altri compiti coerenti con il proprio profilo professionale, dovrà fruire, per tutto il periodo di vigenza dell'inidoneità temporanea, dell’istituto giuridico dell’assenza per malattia. Nel caso contrario il Dirigente scolastico, una volta acquisito il referto medico recante il giudizio di inidoneità, lo trasmetterà alla competente articolazione territoriale dell’Ufficio scolastico regionale, comunicando se sussistano o meno i presupposti per la prevista utilizzazione temporanea in altri compiti all’interno dell’Istituzione scolastica di titolarità, indicando esplicitamente la volontà del lavoratore di essere utilizzato in altri compiti nonché le funzioni cui è possibile adibirlo nel rispetto di quanto indicato nella certificazione medica e allegando, a corredo, il progetto di istituto predisposto ai fini dell’utilizzazione di cui trattasi. Il competente Direttore dell’Ufficio scolastico regionale predispone l’utilizzazione del lavoratore presso l’Istituzione scolastica di provenienza, avendo cura di riportare l’orario di lavoro a 36 ore settimanali, come previsto dall’articolo 8 del CCNI Utilizzazioni inidonei. Si richiamano, sinteticamente e a solo titolo esemplificativo, alcune attività di supporto alle funzioni istituzionali della scuola, tra cui: servizio di biblioteca e documentazione; organizzazione di laboratori; supporti didattici ed educativi; supporto nell'utilizzo degli audiovisivi e delle nuove tecnologie informatiche; attività relative al funzionamento degli organi collegiali, dei servizi amministrativi e ogni altra attività deliberata nell'ambito del progetto d'istituto". In mancanza di richiesta di utilizzazione la docente sarà assente per malattia d'ufficio con conseguente applicazione delle decurtazioni economiche e cumulo ai fini del comporto e con il rischio quindi di licenziamento allorchè venisse superato detto periodo ( cfr. art. 17 commi 1-3 CCNL 2007 non modificato dal CCNL 2024). L'art. 17, comma 1, del CCNL 2007 - non modificato dal CCNL 2024 - prevede che il dipendente a t.i. assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano, alle assenze dovute all'ultimo episodio morboso, le assenze per malattia verificatesi nel triennio precedente. Il secondo comma del citato articolo prevede che, superato il periodo previsto dal comma 1, al lavoratore che ne faccia richiesta è concesso di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi, senza diritto ad alcun trattamento retributivo. Il terzo comma prevede che, prima di concedere su richiesta del dipendente l'ulteriore periodo di assenza di cui al comma secondo, l'amministrazione procede all'accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite del competente organo sanitario ai sensi delle vigenti disposizioni, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro. Superati i periodi di conservazione del posto previsti dai commi 1 e 2, oppure nel caso che, a seguito dell'accertamento disposto ai sensi del comma 3, il dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'amministrazione può procedere, salvo quanto previsto dal successivo comma 5, alla risoluzione del rapporto corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del preavviso. Ai fini della maturazione di tale periodo si sommano, alle assenze dovute all'ultimo episodio morboso, le assenze per malattia verificatesi nel triennio precedente. Dunque, la durata massima dell'assenza per malattia è stabilita in 18 mesi, sia se fruito in un unico periodo continuativo, sia se frazionato in più periodi nell'arco del triennio precedente l'ultimo evento morboso. L'ARAN, con Orientamenti Applicativi pubblicati nel periodo settembre/novembre 2020 ha precisato che: - per periodo di comporto si intende la somma di tutte le assenze per malattia avvenute in un predeterminato arco di tempo stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, nonostante l'esecuzione della prestazione venga sospesa per fatto inerente alla sua persona; - il triennio da considerare per il conteggio dei diciotto mesi di assenza va calcolato, andando a ritroso dal giorno che precede l'ultimo episodio morboso; seguendo tale criterio si sommano tutti i giorni di assenza per malattia effettuati negli ultimi tre anni (ad esclusione di quelli non rientranti nel periodo di comporto); infine, alla somma ricavata si aggiunge l'assenza relativa all'episodio morboso in atto. Il risultato ottenuto, che potrebbe essere definito “somma economica”, permette di determinare sia il numero complessivo dei giorni di assenza per malattia fruiti all'interno del periodo di comporto, sia il trattamento economico spettante al lavoratore per il periodo di assenza per malattia in corso, così come stabilito all'art. 17, comma 8, del CCNL 2007 e tenuto conto delle disposizioni dell'art. 71, comma 1, del D.L. n. 112/2008 convertito con modificazioni dalla Legge n. 133/2008; - il periodo di 18 mesi deve essere calcolato considerando convenzionalmente 30gg. per ogni mese, con la conseguenza che il dipendente ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo non eccedente i 540gg.; - il lavoratore che intenda fruire degli ulteriori 18 mesi di assenza non retribuita (Cfr. art. 17, comma 2, CCNL 2007), alla relativa istanza, deve allegare idonea certificazione medica attestante la gravità della patologia che non consente la ripresa dell'attività lavorativa; - per quanto riguarda le modalità di fruizione del secondo periodo di comporto (ulteriori 18 mesi), la formulazione adottata nel CCNL non consente un utilizzo dello stesso in misura frazionata. Al lavoratore è, comunque, consentita la ripresa del servizio nel caso sopraggiunga la completa guarigione prima che scadano i diciotto mesi; - l'evento morboso si considera unico sia nel caso in cui l'assenza sia attestata mediante un unico certificato, sia qualora essa sia attestata con più certificati che prorogano la prognosi originariamente formulata, senza la ripresa effettiva del servizio. L'evento morboso si considera, altresì, unico nel caso in cui l'assenza si protragga senza soluzione di continuità, pur se risulta essere stata originata da prognosi differenti. In merito al secondo periodo di comporto occorre fare attenzione al superamento di detto periodo. L’ARAN, con l’Orientamento Applicativo RAL 536 inerente al Comparto Regioni ed autonomie locali (che possiamo utilizzare in via analogica anche alla situazione di cui al quesito) ha fornito chiarimenti in merito alla seguente domanda: “Un dipendente al quale è stato concesso l'ulteriore periodo di assenza non retribuita, è rientrato in servizio e, dopo aver lavorato per più di un anno, si è assentato nuovamente per malattia. Qual è il trattamento giuridico ed economico di tale ultima assenza?” L’ARAN ha precisato che se il dipendente, dopo aver ottenuto la concessione dell'ulteriore periodo di assenza non retribuita è rientrato in servizio in anticipo rispetto alla scadenza del previsto periodo di 18 mesi non retribuiti e, dopo aver lavorato, si assenta nuovamente per malattia, dovrà essere trattato come tutti gli altri dipendenti: l'ente dovrà calcolare a ritroso le assenze per malattia effettuate nel triennio precedente l'ultimo episodio morboso (senza che abbia alcuna rilevanza il fatto che in tale periodo siano comprese anche le assenze non retribuite) sia al fine di stabilire se il lavoratore abbia o meno superato il periodo di conservazione del posto (18 mesi nel triennio) sia al fine di stabilire il trattamento economico dell'assenza. Conclusivamente, in mancanza di istanza d'utilizzazione in altri compiti, la docente sarà assente per malattia ed allo scadere del primo periodo di comporto, per conservare il posto di lavoro, dovrà chiedere ulteriore periodo di comporto ai sensi dell'art. 17 co. 2 CCNL 2007 come sopra specificato. In questo caso la scuola, anche ai sensi delle previsioni del DPR 171 del 2011, dovrà chiedere nuova visita collegiale ( cfr. art. 3 comma 3 lett. a). Invece, la docente, una volta superato il comporto, non potrà più chiedere l'aspettativa per famiglia non retribuita.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Alunno affidato esclusivamente alla madre: il padre chiede l'accesso al registro elettronico, possiamo concederlo?
L’art.337-quater, comma 3, ultimo periodo, del codice civile recita: “Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse”. La richiesta del genitore non affidatario è quindi legittima ed è volta a soddisfare un diritto conoscitivo non comprimibile. Non compete alla scuola di indagare sulle intenzioni (vere o presunte) del genitore non affidatario, né dell’uso che costui possa fare delle informazioni alle quali egli ha pur sempre diritto di attingere.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Infortunio di un dipendente per colpa di terzi: come procedere per il recupero delle somme erogate nel periodo di assenza?
L’evento riferito dal dipendente e comprovato anche dal verbale esibito rientra nella fattispecie altresì denominata “recupero degli emolumenti corrisposti a vuoto”. Il tentativo di recupero delle retribuzioni corrisposte al dipendente infortunato per colpa di terzi è un’attività doverosa che è curata sia dalla scuola di appartenenza, sia dall’INAIL. Vale la pena di rammentare quali siano le relazioni giuridiche tra l’INAIL e le amministrazioni dello Stato. Com’è noto, in materia di infortunio dei dipendenti statali per fatto illecito di terzi, tra INAIL e Stato è configurabile un rapporto di mandato, in virtù del quale l’INAIL provvede alla liquidazione delle spettanze derivanti dall’infortunio per conto delle amministrazioni statali. Da ciò discende che l'INAIL (mandatario) non può attivare direttamente l'azione di rivalsa, ne può promuovere direttamente una domanda giudiziale di risarcimento. Al contrario, nella sua qualità di mandatario, l'INAIL è tenuto a fornire alle amministrazioni statali le notizie ed i documenti necessari all'esperimento di detta azione ed compiere tutti gli atti idonei per cautelare, nell'interesse delle amministrazioni medesime, l'eventuale esercizio di tale azione. Gli Uffici dell’INAIL provvedono pertanto a inviare al presunto responsabile civile o corresponsabili in solido ed al danneggiato o ai suoi eredi le prescritte diffide, avendo cura di precisare che le stesse vengono effettuate dall'INAIL nella sua qualità di mandatario e per conto e nell'interesse dell'amministrazione statale. La diffida, com'è noto ha lo scopo di evitare che il responsabile civile effettui pagamenti verso il danneggiato a titolo di risarcimento danni. Successivamente, l’INAIL trasmette (o dovrebbe trasmettere) all’Istituzione Scolastica tutto il fascicolo per la susseguente prosecuzione dell’azione di rivalsa. Nel suddetto fascicolo vengono indicate l’ammontare delle spese sostenute per l’erogazione delle prestazioni ed eventualmente se vi è stata costituzione di rendita per inabilità. Il Dirigente Scolastico, pervenuto il carteggio da parte dell’INAIL, dovrà procedere alla quantificazione esatta del danno in collaborazione, se necessario, con la Ragioneria Territoriale dello Stato del Ministero dell’Economia. Poiché non può darsi per scontato che l’INAIL provveda ai suddetti adempimenti, appare comunque opportuno che l’Istituto scolastico provveda autonomamente alla diffida risarcitoria. In tal senso, si ricorda che, secondo la Cassazione, nel caso di lesione del credito derivante da sinistro stradale cui trovi applicazione l'art. 2054 c.c., il diritto al risarcimento del terzo titolare del diritto di credito è soggetto allo stesso termine di prescrizione (nella specie, due anni ex art. 2947, comma 2, c.c.) ed alle stesse condizioni di proponibilità contemplate dalla legge per far valere i diritti derivanti dai danni da circolazione stradale (nella specie, richiesta ex art. 22 della l. n. 990 del 1969): così Cassazione civile, III, 27/10/2011, n.22402. In caso di mancato riscontro o di rifiuto da parte del responsabile del sinistro, poiché l’eventuale seguito contenzioso è di competenza dell’Avvocatura dello Stato (la quale può curare sia la parte stragiudiziale, sia quella -eventuale- prettamente processuale), si suggerisce di inoltrare il carteggio, per l’eventuale intervento di competenza, all’ufficio dell’Avvocatura.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Una docente chiede la rivalutazione della pensione per aver prestato servizio all'estero in una zona particolarmente disagiata...
In merito al quesito posto si premette che tale maggiorazione è riconosciuta a domanda dell’interessato. Pertanto, elemento fondamentale è sapere se agli atti risulta, per tale periodo, istanza da parte del dipendente per il riconoscimento delle maggiorazioni in argomento. La rideterminazione della pensione, invece, è un’attività dell’Ente previdenziale ed essendo titolare di pensione dal 01/09/2021, l’interessata può presentare istanza di R.V.P.A. (Richiesta Variazione Posizione Assicurativa) all’Inps territorialmente competente, allegando la certificazione relativa al periodo di servizio svolto per il riconoscimento della maggiorazione di servizio, che provvederà a rispondere per competenza.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Docente assente per ricovero del figlio: invia come giustificativo una foto poco leggibile di un certificato che non comprende il giorno di arrivo in pronto soccorso...
L'art. 47 del D.Lgs. n. 151/2001 relativo al "Congedo per la malattia del figlio" prevede quanto segue: "1. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. 2. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni. 3. Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato. 4. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e 2. 5. Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore. 6. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto". L'art. 34 del CCNL 2024 al comma 4 prevede che "successivamente al congedo di maternità o di paternità e sino al compimento del terzo anno di vita del bambino, nei casi previsti dall'art. 47, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001, alle lavoratrici madri ed ai lavoratori padri sono riconosciuti trenta giorni per ciascun anno di età del bambino, computati complessivamente per entrambi i genitori, di assenza retribuita secondo le modalità indicate nello stesso comma 3. Resta fermo quanto previsto dall’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001". La malattia del bambino quindi, deve essere documentata in base alle regole fissate per legge con: certificato medico rilasciato da specialista del SSN o da medico convenzionato; il certificato medico di malattia del bambino al momento può essere ancora presentato cartaceo ma, questo non esclude l'invio da parte del pediatra di un certificato telematico. Ovviamente se il bambino è ricoverato servirà apposita certificazione rilasciata dalla struttura ospedaliera. Pertanto, la scuola dovrà diffidare la docente a inviare a mezzo mail la certificazione leggibile rilasciata dalla struttura (anche cartacea scannerizzata in caso di impossibilità di rilascio telematico) che attesti l'intero periodo del ricovero del bambino con l'avvertenza che, in difetto, stante l'assenza ingiustificata, si procederà alla diffida alla riassunzione del servizio e ad inviare gli atti all'UPD per la valutazione dal punto di vista della responsabilità disciplinare.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Il collaboratore del dirigente è titolare dell’elettorato attivo e passivo per l’elezione della componente docenti del consiglio di istituto?
La collaborazione col dirigente scolastico ai sensi dell’art. 34 del CCNL 2007 è oggetto di specifico incarico relativo alla funzione docente. Il collaboratore del dirigente è, e rimane, pertanto titolare dell’elettorato attivo e passivo per l’elezione della componente docenti del consiglio di istituto: in quanto tale va inserito nell’elenco degli elettori e può presentare la sua candidatura all’elezione del consiglio per la sua componente docenti.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Una dipendente richiede i permessi L. 104 per il nonno del coniuge: possono essere concessi?
La platea dei familiari avente diritto ad usufruire dell’art. 33, comma 3 della legge 104/92 sono: coniuge, convivente di fatto e unito civilmente (art. 1, comma 20 della legge 76/2016 e sentenza Corte Costituzionale 213/2016), parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado solo in caso eccezionale. Il nonno/nonna del coniuge sono affini in linea retta di secondo grado perché tra nonno e nipote esiste una parentela in linea retta di secondo grado (art. 75 c.c. ), quindi incluso fra gli aventi diritto definiti nel citato comma 3 dell'art. 33 e, non come eccezione. La domanda quindi può essere accettata e, in riferimento alla documentazione a corredo, la Funzione Pubblica, per quello che concerne il personale tutto del pubblico impiego (ma stesse indicazioni per il settore privato da parte dell’INPS) nella circolare 13/2010 al punto 7 indica alcuni precisi presupposti. Presupposto principale e indispensabile per la fruizione dei permessi è che la persona sia portatrice di handicap grave riconosciuto ai sensi dell’art. 3 comma 3 della stessa legge 104/92 quindi, alla domanda è necessario allegare il relativo verbale di accertamento. Inoltre, deve essere allegata una dichiarazione sostituiva di certificazione presentata ai sensi degli artt. 46 e 47e, sottoscritta ai sensi dell’art. 76 dalla stessa docente che attesti: - che il familiare non è ricoverato a tempo pieno (si intende per ricovero a tempo pieno quello che si svolga nelle 24 ore) presso strutture ospedaliere o comunque presso strutture pubbliche o private che assicurino assistenza sanitaria, fatte salve alcune possibili eccezioni; - che i permessi sono uno strumento di assistenza del disabile e pertanto il loro riconoscimento comporta la conferma dell’impegno morale e giuridico a prestare la propria opera di assistenza; - che è consapevole che la possibilità di fruire dei permessi comporta un onere per l’Amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l’effettiva tutela del disabile; - che si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione delle condizioni necessarie al diritto ai permessi. Con la firma ai sensi dell’art. 76 il dichiarante si assume ogni responsabilità e deve essere anche consapevole che:” Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso (…) nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia anche penale. L'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso”. In ultimo si aggiunge che, il novellato articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 dopo le modifiche di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), n. 2), del decreto legislativo n. 105/2022 con decorrenza dal 13 agosto 2022, stabilisce che, fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli aventi diritto, che possono fruirne in via alternativa tra loro. Di fatto è stata abrogata la condizione di Referente Unico, infatti, tale previsione normativa comporta che, a fare data dal 13 agosto 2022, a differenza del passato, più soggetti aventi diritto possano richiedere l’autorizzazione a fruire dei permessi in argomento alternativamente tra loro, per l’assistenza alla stessa persona disabile grave. La stessa Funzione Pubblica già nel parere n. 13/2008 ha avuto modo di precisare che “si ritiene che la circostanza che tra i parenti del disabile vi siano altri soggetti che possono prestare assistenza non esclude la fruizione dell’agevolazione da parte del lavoratore se questi non chiedono o fruiscono dei permessi (eventualmente perché non impiegati). In tale ottica si richiama l’orientamento della Corte di Cassazione, sez. lav., nella decisione 20 luglio 2004, n. 13481: ”Si deve concludere che né la lettera, né la ratio della legge escludono il diritto ai permessi retribuiti in caso di presenza in famiglia di persona che possa provvedere all’assistenza”. In conclusione, il beneficio in questione non è subordinato alla presenza di altri familiari in grado di assistere il familiare portatore di handicap e, quindi, la domanda va accettata con allegato la sola dichiarazione soggettiva e oggettiva a firma dell’interessata ai permessi come chiarito in premessa. Non è opportuno richiedere se ci sono figli del nonno che possano prestare servizio e se rinunciano alla legge 104/92. L’interessata invece, nella sua dichiarazione deve attestare se ci sono e chi sono altri eventuali familiari lavoratori dipendenti che utilizzano o possono utilizzare gli stessi permessi mensili.
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Data di pubblicazione: 11/10/2024
Due coniugi hanno la residenza con la madre e la zia del marito a più di 150 km di distanza: entrambi richiedono in forma esclusiva i permessi L. 104...
Punto primo – diritto ai permessi e eccezioni L’art. 33, comma 3, della legge 104/92 riferito all’assistenza a familiare disabile con connotazione di gravità precisa quanto segue: “Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un'unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità. Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro. Etc….” La madre in linea retta è di 1^ grado (cfr. art. 75 del c.c.) la zia viceversa, in linea collaterale (cfr. art. 78 del c.c.) è di terzo grado quindi rientra fra le eccezioni. Al riguardo, in merito alla corretta gestione di questi permessi, la circolare della Funzione Pubblica n. 13 del dicembre 2010, alla quale si rimanda per ulteriori approfondimenti, ha fornito precise indicazioni. Istruzioni generali per tutto il comparto del pubblico impiego, scuola compresa e, univoche per il settore privato da parte INPS, circolare 155/2010. Al punto 2 sulla questione di cui al quesito, precisa quanto segue: • Rispetto alla normativa previgente, la nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa, dall'altro ha posto la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado. Data la regola generale, la legge ha però previsto un'eccezione per i casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti. In queste ipotesi, stimando eccessivamente onerosa o impossibile l'opera di assistenza a causa dell'età non più giovane o della patologia del famigliare, la legge prevede la possibilità di estendere la legittimazione alla titolarità dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado. Pertanto, la novità più rilevante rispetto al regime previgente è rappresentata dalla restrizione della categoria di familiari che possono fruire dei permessi, poiché con la nuova norma si passa dal terzo al secondo grado di parentela, salvo la ricorrenza delle situazioni eccezionali dell'assenza, dell'età anagrafica o delle patologie. La legge non ha definito la nozione di “patologie invalidanti”. In mancanza di un'espressa scelta sul punto, sentito il Ministero della salute, un utile punto di riferimento per l'individuazione di queste patologie è rappresentato dall'art. 2, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale - Ministero per la solidarietà sociale, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Ministero per le pari opportunità 21 luglio 2000, n. 278 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della Legge 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari). In presenza di queste situazioni, che naturalmente debbono essere tutte documentate, la legge consente di allargare la cerchia dei famigliari legittimati a fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della Legge n. 104 del 1992, stimando a priori che i soggetti affetti dalle patologie in esame non siano in grado di prestare un'assistenza adeguata alla persona in situazione di handicap grave. Pertanto, nel caso in cui il coniuge o i genitori della persona in situazione di handicap grave siano affetti dalle patologie rientranti in questo elenco, l'assistenza potrà essere prestata anche da parenti o affini entro il terzo grado. Come detto, si può passare dal secondo al terzo grado di parentela anche nel caso di decesso o assenza del coniuge o del genitore della persona in situazione di handicap grave. Ai fini della disciplina in esame, si ritiene corretto ricondurre al concetto di assenza, oltre alle situazioni di assenza naturale e giuridica in senso stretto (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), le situazioni giuridiche ad esse assimilabili, che abbiano carattere stabile e certo, quali il divorzio, la separazione legale e l'abbandono, risultanti da documentazione dell'autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità. È opportuno evidenziare che la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti, oltre 65 anni), poiché nella diposizione normativa è utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”. L'interpello Ministero del Lavoro n. 19 del 26 giugno 2014 ha chiarito che il parente o affine entro il terzo grado può fruire dei permessi anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad uno solo dei soggetti menzionati dalla norma in quanto il legislatore utilizza la congiunzione disgiuntiva. Per quanto evidenziato si ritiene che: a) la richiesta del marito per la madre (figlio genitore) può essere accettata; b) mentre, la richiesta della moglie per la zia del marito potrà essere accettata solo se i genitori o il coniuge della persona da assistere con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti Punto secondo - la distanza Al comma 3 dell’art. 33 della legge è stato aggiunto il comma 3 bis che cosi specifica” Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell'assistito”. La circolare della Funzione Pubblica 1/2012 per tutto il comparto del pubblico impiego, scuola compresa, al riguardo ha fornito specifiche indicazioni in merito alle indicazione per una corretta gestione di questi permessi. Indicazioni comuni anche per il settore privato da parte dell’INPS, circolare n. 32 del 6/03/2012 e n. 100 del 24/07/2012. Entrambi queste circolari, hanno preso in considerazione la documentazione circa il raggiungimento del luogo di residenza della persona in situazione di handicap grave per l’utilizzo dei giorni di permesso precisando, in particolare, la Funzione Pubblica quanto segue. La disposizione fa riferimento al luogo di residenza del dipendente e della persona in situazione di handicap grave. Il presupposto per l'applicazione della norma è pertanto quello del luogo in cui è fissata la residenza anagrafica per entrambi i soggetti interessati. Considerato che la finalità della norma è quella di assicurare l'assistenza alle persone disabili, in base alla legge occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che, secondo la definizione del c.c., è “nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”. Anche in questo caso, l'amministrazione potrà dare rilievo alla dimora temporanea (ossia, come visto, l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989) attestata mediante la relativa dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000. In base alla nuova previsione, il lavoratore che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del famigliare da assistere, mediante l'esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea (a mero titolo di esempio, ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento in loco), la cui adeguatezza verrà valutata dall'amministrazione di riferimento, fermo restando che l'assenza non potrà essere giustificata a titolo di permesso ex lege n. 104 del 1992 nell'ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore l'idonea documentazione. Quindi, è evidente che l’onere della prova è in capo al dipendente e, a nostro avviso, lo scontrino autostradale dal luogo xxxx al luogo yyyy in data xxxx, si può ritenere giustificativo dei giorni di permesso.
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