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    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Gestione delle assenze del personale ATA in istituti con settimana corta: malattia e ferie generano un debito orario?
  • Premesso che il nostro istituto comprensivo ha adottato da diversi anni la settimana corta su 5 giorni lavorativi, con chiusura del sabato, si chiede...

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Risoluzione anticipata di un contratto a TD come docente da parte di un c.s. in aspettativa: effetti e sanzioni...
  • Gentile utente, nel caso sottoposto il collaboratore scolastico non può licenziarsi dal contatto attuale per il quale ha preso servizio come docente di sostegno di scuola primaria, senza incorrere nelle sanzioni previste dall'art. 14 comma 1 lettera b) dell'O:M: 88\2024. Il collaboratore infatti, nel momento in cui ha richiesto aspettativa dal ruolo nel suddetto profilo professionale di personale ata è d un docente supplente fino alla scadenza dell'aspettativa e soggetto alla normativa che disciplina il personale docente a tempo determinato, cioè l'O.M. 88\2024 , che ha disposto l'aggiornamento delle graduatorie provinciali di supplenza e delle graduatorie di istituto. L'art. 14 comma 1 lettera b) della suddetta ordinanza prevede che: "b) l’abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze di cui all’articolo 2, comma 5, lettere a) e b), sia sulla base delle GAE che delle GPS, nonché, in caso di esaurimento o incapienza delle medesime, sulla base delle graduatorie di istituto, per tutte le classi di concorso/tipologie di posto di ogni grado di istruzione per l’intero periodo di vigenza delle graduatorie medesime." Le supplenze di cui all'art. 2 lettere a)e b) dell'ordinanza sono quelle annuali fino la 31\08 e quelle fino al termine delle attività didattiche fino al 30\06. Il collaboratore attualmente docente, abbandona do la supplenza sul posto di sostegno con contratto fino al 30\06, anche se nominato in sede di interpello per esaurimento delle GPS e delle graduatorie di istituto, non può conseguire altre supplenze sia sulla base delle GAE che in base alle graduatorie di istituto e agli interpelli per tutte le classi di concorso o tipologie di posto in ogni grado di istruzione fino all'anno scolastico 2026\2027, in cui scade il periodo di vigenza delle attuali graduatorie . Si precisa che in base alle disposizioni della circolare annuale sulle supplenze n. 157048/2025 le procedure di interpello, che sono attivate in caso di esaurimento delle GPS e delle graduatorie di istituto, sono soggette alle stesse regole delle citate graduatorie, comprese le sanzioni di cui all'art. 14 dell'O.M. 88/2024.

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Assunzione di docente in quiescenza: chiarimenti su trattamento economico e fiscale...
  • Gentile utente, occorre preliminarmente ricordare che gli aspetti retributivi, previdenziali e fiscali riguardanti il personale della scuola sono di diretta competenza del MEF/RTS/NoiPA, in quanto ufficio preposto al pagamento degli emolumenti, anche nella veste di sostituto d'imposta. Pertanto, non essendo previsto alcun adempimento afferente la competenza dell'istituzione scolastica, sarebbe necessario che eventuali richieste e/o sollecitazioni in merito venissero rivolte dal docente stesso direttamente al soggetto che provvede ai pagamenti. Ad ogni buon conto, rispondiamo con ordine alle diverse domande poste nel quesito. E necessario, innanzitutto, precisare che, come previsto dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, c. 283 L. 197/2022, che ha aggiunto l’art. 14.1 al D.L. 4/2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26), il docente, avendo compiuto i 67 anni (età per la pensione di vecchiaia), ha superato il periodo di "incumulabilità" previsto dalla Quota 103. Pertanto, può percepire interamente sia la pensione che il reddito da lavoro dipendente senza che la pensione venga sospesa o decurtata. Per quanto concerne l’inquadramento stipendiale, il docente percepirà il trattamento economico tabellare iniziale previsto dal CCNL Scuola per il personale a tempo determinato (gradone 0-8). Infatti, indipendentemente dall'anzianità maturata prima del pensionamento, il rapporto di lavoro che si instaura tramite MAD (o graduatorie) post-quiescenza è giuridicamente un nuovo contratto, che nello specifico è a tempo determinato.. In merito alle ritenute, il fatto di essere pensionati non esonera dal versamento dei contributi obbligatori sul nuovo lavoro dipendente. Le ritenute saranno quelle normalmente previste per i contratti a tempo determinato, ovvero: Ritenute Previdenziali (INPS - ex INPDAP): Il docente è soggetto alla normale contribuzione previdenziale carico del dipendente (aliquota ordinaria, attualmente l'8,80% per la gestione pubblica). Da evidenziare che tali contributi non vanno "persi". Il docente potrà richiedere in futuro un supplemento di pensione (dopo 5 anni dalla data di decorrenza della pensione o dall'ultimo supplemento, oppure una tantum dopo 2 anni se è l'unica volta) per valorizzare questa nuova contribuzione. Fondo Credito (0,35%): Trattenuta obbligatoria per i dipendenti pubblici. Ritenute Fiscali (IRPEF e Addizionali): Verranno applicate le aliquote IRPEF scaglionate in base al reddito presunto derivante solo da questo contratto (salvo diversa richiesta del docente). La norma non prevede agevolazioni fiscali specifiche. Il reddito da pensione e il reddito da lavoro dipendente si sommeranno in sede di dichiarazione dei redditi (Modello 730 o Redditi PF), formando un unico reddito complessivo. Aggiungiamo infine che, per evitare un conguaglio fiscale elevato, sarebbe opportuno consigliare al docente di richiedere espressamente al MEF/NOIPA: Di non applicare le detrazioni per lavoro dipendente (poiché probabilmente già usufruisce delle detrazioni per pensione sull'assegno INPS, e spesso non sono cumulabili oltre certe soglie). Oppure, di applicare direttamente un'aliquota IRPEF maggiorata (ad esempio fissa al 35% o 43% a seconda del suo reddito pensionistico), così da abbattere il debito in sede di 730.

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Un docente richiede le ferie nei giorni di lezione presentando una motivazione generica: come procedere?
  • Un docente chiede di fruire di 6 giorni di ferie per motivi personali come i 3 giorni di permesso art. 15 del CCNL. Nell'autodichiarazione non vuole...

    Data di pubblicazione: 26/11/2025

  • Indizione di elezioni suppletive per la componente genitori: possibilità di deroga ai termini stabiliti...
  • Nel caso in cui le dimissioni dei due genitori fossero state accolte dal consiglio in data antecedente al giorno di inizio della procedura elettorale, di cui all’O.M. 215/1991, in riferimento ai giorni delle elezioni fissati dal direttore dell’USR, si sarebbero dovute tenere le elezioni suppletive secondo la tempistica della citata O.M. Nel caso di dimissioni accolte in data successiva, non è possibile dar luogo a elezioni suppletive secondo una calendarizzazione difforme rispetto a quella determinata in base alla data fissata dal direttore dell’USR. Le elezioni, per la copertura dei seggi lasciati liberi dai dimissionari, si svolgeranno il prossimo anno scolastico. A nulla rileva, sotto il profilo giuridico, che la rappresentanza dei genitori nel consiglio di istituto sia per il corrente anno scolastico sottodimensionata rispetto alla composizione originaria. Si fa presente a conferma di quanto sopra che, secondo la previsione dell'art. 37 del D.Lgs. 297/1994, “l’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza”.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Verifica della corretta attribuzione del regime TFS/TFR per un docente immesso in ruolo nel 2001 e aderente al Fondo Espero nel 2005...
  • Gentile utente, effettivamente il regime corretto è TFR. E' necessario richiedere flussi a variazione al MEF dal 1° ottobre 2012 in poi, l'istituzione scolastica dovrà procedere con la modifica del regime dal 01/01/2006 al 30/09/2012 sostituendo OPTANTE con TFR ed inserire le retribuzioni valutabili e teoriche tabellari TFR dal 14/09/2000 al 31/12/2005 oltre che inserire il regime TFR in tali periodi.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Valutazione della richiesta di ripetenza per uno studente con disabilità grave: quadro normativo e procedure operative...
  • Il tema delle ripetenze degli alunni con disabilità è disciplinato dalla normativa in modo approfondito e negli ultimi anni sono intervenute anche sentenze in merito che hanno definito con più precisione le decisioni da adottare. È ovvio che una richiesta dei genitori di un alunno con disabilità di far ripetere l’anno non è sufficiente per adottare una simile decisione, ma tale scelta deve basarsi se possa o no giovare al ragazzo oppure recargli un grave pregiudizio da un punto di vista di crescita psicofisica che l’impedimento al passaggio al grado superiore potrebbe causare all'alunno. Il trattenimento di un alunno con disabilità può essere previsto se vi sono concreti motivi che devono emergere in sede di Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione. La ripetenza degli alunni con disabilità è disciplinato dalla L. 104/1992, dal d.Lvo 16.4.1994, n.297 e dal dlgs 62/2017. Si ricorda che “per gli alunni con disabilità certificata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si procede alla valutazione sulla base del piano educativo individualizzato (PEI)”. Pertanto, in sede di GLOI sentite tutte le figure previste dal DI 182/2020 e dal suo correttivo DI 153/2023, come modificate e integrate dal d.lgs. 66/2017 e dal recente d.lgs. 96/2019, può essere adottata la decisione di un’eventuale ripetenza dell’alunno con disabilità con motivazioni adeguate che poggiano su una fondata analisi clinico – evolutiva dello studente. A parere dello scrivente, si sconsiglia la ripetenza perché la scuola deve garantire una crescita “negli apprendimenti scolastici”, secondo le effettive capacità di ciascuno. Stando ai più recenti protocolli clinici e pedagogici, di norma è consigliabile inserire il ragazzo con disabilità in un gruppo classe dell’età anagrafica a lui più vicina. Il corretto sviluppo evolutivo, infatti, lo si raggiunge con il gruppo dei pari. In questo caso, il ragazzo con disabilità avrebbe già dovuto frequentare le scuole secondarie di secondo grado. In base al d.lgs. 62/2017, al D.M. n° 741/17 e alla Nota ministeriale esplicativa prot. n° 1865/17 gli studenti con disabilità hanno diritto al diploma conclusivo del primo ciclo, purché effettuino l’esame su tutte le materie, anche se svolti con prove differenziate, perché basate sugli obbiettivi del proprio PEI e volte a verificare “il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali”. Una ripetenza di un alunno con disabilità, in particolare se sono previsti percorsi curricolari non globalmente corrispondenti alla programmazione della classe, non trova adeguate motivazioni didattico - educative, poiché la normativa prevede le ripetenze solo per far raggiungere allo studente gli obiettivi essenziali previsti dai singoli consigli di classe in un tempo più lungo, mentre il PEI personalizzato non pone questo specifico traguardo e deve essere adattato alle reali capacità dello studente con disabilità. Si ricorda che le decisioni prese in sede di GLOI debbano poi essere ratificate nello scrutinio finale al termine dell’anno scolastico. Purtuttavia, è possibile non ammettere lo studente alla classe successiva nell'interesse esclusivo dell’alunno stesso, a condizione che tale decisione sia supportata da adeguate motivazioni didattiche e da una precisa procedura. La normativa di riferimento sull'inclusione (L. 104/92 e D.Lgs. 66/2017) impone di agire sempre nel migliore interesse dello studente. Far frequentare il grado superiore senza la preparazione minima necessaria per affrontare quel contesto, o quando il cambiamento di ambiente è ritenuto dannoso per l'equilibrio psicofisico, potrebbe giustificare la decisione di una ripetenza. La non ammissione deve essere un atto formale, non discrezionale, basato su una documentata valutazione didattica. Il Gruppo di Lavoro Operativo (GLO) deve essere convocato per analizzare l'attuazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) e valutare gli obiettivi raggiunti. Si deve verificare e documentare in particolare che gli obiettivi di autonomia e comunicazione stabiliti dal PEI non sono stati raggiunti in misura sufficiente a garantire un inserimento proficuo nel nuovo contesto della Scuola Secondaria di II grado ed evidenziare se ci sono altri aspetti da tenere in considerazione, per esempio, se in base all’ICF vi siano ostacoli a un inserimento ambientale nuovo e non adeguato alle caratteristiche psicofisiche dell’alunno con disabilità. Fondamentale è l’acquisizione del parere del neuropsichiatra. Infine, il CdC, nella seduta di scrutinio finale, deve formulare una proposta motivata di non ammissione. La motivazione deve essere estremamente dettagliata e non può limitarsi al mancato raggiungimento degli obiettivi disciplinari (dato che si tratta di condizione di disabilità avente necessità di sostegno intensivo). Deve invece concentrarsi sulla decisione di non ammissione deve essere facendo riferimento al dlgs 62/2027 e alla normativa sulla valutazione, che consente la non ammissione in casi eccezionali e motivati, applicandolo con la flessibilità richiesta dall'inclusione.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Indicazioni per il calcolo del congedo parentale per un dipendente a t.d. che lavora solo il venerdì...
  • Come redazione e in generale, il personale ATA a tempo determinato con un contratto di 6 ore settimanali (lavora solo il venerdì) è da considerare come un dipendente in part-time verticale. Al riguardo, in diversi Orientamenti per altri Comparti (cfr. M24 -M19 del 24/05/2011 comparto Ministeri), l’ARAN precisa che "il permesso per matrimonio, il congedo parentale, i permessi per maternità e i permessi per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi (vedi art. 23, comma 11, del CCNL integrativo del 16 maggio 2001 del Comparto Ministeri)." Elemento comune a tutti questi istituti è la modalità con cui essi vengono conteggiati, ossia facendo riferimento ai giorni di calendario e non ai giorni lavorativi rientranti nel periodo richiesto. Di conseguenza, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e i permessi sono computati con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno. La stessa ARAN, con l’O.A. 13 aprile 2021 CIRS79, specificatamente per il comparto scuola, per quanto concerne l’esatto computo del periodo di congedo parentale chiesto da un dipendente a tempo determinato in regime di part time verticale, ha ribadito che il calcolo di tale periodo di assenza deve effettuarsi tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nel periodo di congedo richiesto. Tuttavia ciò premesso, si ribadisce che non ci sono precise regole contrattuali per il personale scolastico, quindi, alla luce degli Orientamenti ARAN sopra citati, in caso di part-time verticale, il periodo massimo concedibile non viene riproporzionato e il congedo (sia parentale che per malattia del bambino) è computato con le medesime modalità utilizzate per il personale a tempo pieno. Pertanto, secondo questi orientamenti le assenze dovute a congedo parentale e malattia del bambino si computano tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nell’intero periodo richiesto. In caso di fruizione frazionata, il periodo di congedo verrà calcolato partendo dal primo giorno lavorativo e concludendo con l’ultimo giorno lavorativo precedente l’effettivo rientro in servizio. Infatti, come detto nelle nostre ultime risposte in argomento, dal momento che non viene previsto il riproporzionamento, teoricamente il dipendente dovrebbe essere considerato in congedo per tutta la durata del periodo richiesto e ciò vale per tutti i periodi di congedo parentale indipendentemente se indennizzati o meno. Per evitare ciò le domande di assenza del dipendente dovrebbero e possono essere riferite solo alle giornate in cui ha servizio a scuola e non per un intero periodo temporale. Pertanto, in riferimento al caso di specie, se la dipendente ha presentato una unica richiesta di assenza a titolo di congedo parentale dal 20 novembre 2025 al 20 febbraio 2026, sarà considerata assente - a titolo di congedo – per l’intero periodo in cui avrebbe avuto servizio a scuola e, quindi, a nostro avviso anche la procedura SIDI è corretta.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Calcolo dell’orario giornaliero per i supplenti brevi in caso di scuola funzionante su cinque giorni settimanali...
  • Come già sostenuto in altre risposte presenti in banca dati, l’orario del supplente temporaneo deve seguire quello del titolare sostituito. Ciò significa che, in caso di personale ATA, se il titolare svolge un orario di 7 ore e 12 minuti giornalieri, anche il supplente rispetterà tale orario; in caso di personale docente della scuola dell’infanzia invece, il supplente sarà tenuto a svolgere l’orario di 5 ore giornaliere al pari del sostituito. Infatti l’orario assegnato al personale non è funzionale alle esigenze del lavoratore ma a quelle organizzative della istituzione scolastica: è dunque il dirigente scolastico a stabilire l’organizzazione del servizio cui il personale deve attenersi e questa non varia a seconda del fatto che esso sia erogato continuativamente da personale titolare oppure da personale nominato con incarichi di supplenza breve e temporanea. Si tenga infine presente che il riposo settimanale spetta – per l’appunto – se il supplente completa l’orario settimanale del titolare, come disposto dall’articolo 40, comma 3 e dall’articolo 60, comma 2 del CCNL 29/11/2007, tuttora vigenti, secondo cui “Nel caso di completamento di tutto l’orario settimanale ordinario, si ha ugualmente diritto al pagamento della domenica ai sensi dell’articolo 2109, comma 1, del codice civile”.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Docente rientrata da un congedo straordinario per dottorato all’estero: richiesta di ulteriore aspettativa per contratto di ricerca non ancora sottoscritto...
  • Una docente dell'istituto ha terminato in data 30 settembre 2025 un congedo straordinario per dottorato di ricerca svolto presso un'università...

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Copertura dei costi della formazione obbligatoria dei datori di lavoro: possibilità di utilizzo del Programma Annuale...
  • L'Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 – “Accordo, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi in materia di salute e sicurezza, di cui al medesimo decreto legislativo n. 81 del 2008”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio 2025 – introduce importanti modifiche alla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, ha previsto la formazione obbligatorie riservata ai datori di lavoro ai sensi dell’art. 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008. In ambito scolastico essa riguarda tutti i dirigenti a capo delle istituzioni. Fino all’entrata in vigore dell’Accordo detti dirigenti erano tenuti a riceverla solo nell’ipotesi in cui svolgessero direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione ai sensi dell’articolo 34 del D.lgs. n. 81 del 2008. A regime la formazione obbligatoria ha una durata minima di 16 ore, mentre l’aggiornamento deve essere effettuato con cadenza quinquennale e con durata minima di 6 ore, in relazione agli specifici compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro assunti. Resta fermo che i corsi in materia di sicurezza già effettuati, se conformi all’Accordo del 17 aprile 2025, sono considerati pienamente validi. In via generale e di regola, spetta all’Amministrazione l’erogazione di tale formazione ai dirigenti scolastici, in coerenza con l’articolo 24 del CCNL dell’area “istruzione e ricerca” 2016-2018 il cui comma 2 dispone che “[…] la formazione e l'aggiornamento professionale del dirigente sono assunti dalle amministrazioni come metodo permanente teso ad assicurare il costante aggiornamento tecnico e lo sviluppo delle competenze organizzative e manageriali necessarie allo svolgimento efficace del ruolo. Le iniziative di formazione sono destinate a tutti i dirigenti, compresi quelli in distacco sindacale.” L’Amministrazione, qui rappresentata dall’Ufficio Scolastico Regionale di riferimento, deve dunque farsi carico di provvedere a detta formazione obbligatoria per tutti i dirigenti scolastici avvalendosi di enti qualificati affinché sia svolta in conformità con la normativa vigente. I commi 4 e 5 del medesimo articolo, inoltre, specificano che gli interventi formativi, secondo le singole finalità, devono prevedere sia contenuti di formazione al ruolo sia contenuti specialistici in correlazione con specifici ambiti e funzioni su cui insiste l’azione dirigenziale. A tal fine, l’amministrazione, secondo i rispettivi strumenti di bilancio e le specifiche sfere di autonomia e di flessibilità organizzativa ed operativa, definisce annualmente le risorse da destinare ai programmi di aggiornamento e di formazione dei dirigenti tenendo conto dei propri obiettivi di sviluppo organizzativo, dell’analisi dei fabbisogni formativi e delle direttive generali in materia di formazione. La direttiva più recente del Ministro della Pubblica Amministrazione in materia di valorizzazione delle persone e produzione di valore pubblico attraverso la formazione è quella del 14 gennaio 2025. In essa, viene ricordato che “Numerose discipline di settore hanno previsto, nel tempo, specifici piani o obblighi formativi, declinati in termini generali o quali requisiti di qualificazione per lo svolgimento di determinate funzioni, per l’efficace realizzazione di alcune attività amministrative e, più in generale, il rafforzamento della capacità amministrativa. Ciò, in ossequio al principio generale secondo il quale la programmazione autonoma, da parte delle amministrazioni, delle attività formative correlate ai propri specifici fabbisogni, è bilanciata dal dovere di pianificare ed attuare interventi formativi previsti e imposti dalla legge o da altre fonti normative, generali e di settore. Senza pretesa di esaustività, in questa sede si richiama l’obbligatorietà, per tutte le amministrazioni, della formazione in materia di: a) attività di informazione e di comunicazione delle amministrazioni (l. n. 150 del 2000, art. 4); b) salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. n. 81 del 2008, art. 37); c) prevenzione della corruzione (l. n. 190 del 2012, art. 5); d) etica, trasparenza e integrità; e) contratti pubblici; f) lavoro agile; g) pianificazione strategica.” La Direttiva evoca esplicitamente il dovere di ciascuna amministrazione di porre in essere interventi formativi “previsti e imposti dalla legge o da altre fonti normative, generali e di settore” e, tra le iniziative obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche, cita anche quelle in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro di cui all’articolo 37 del D.lgs. n. 81/2008 oggetto della novella nell’ambito dell’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025. Tuttavia, qualora l’Amministrazione non provvedesse a ciò oppure nel caso in cui il dirigente scolastico, richiesto formalmente al proprio Ufficio Scolastico Regionale l’accesso al percorso formativo per datori di lavoro, acquisisse in modo altrettanto formale riscontro negativo a tale istanza, a parere della redazione egli potrebbe disporne le relative spese a carico del bilancio dell’istituzione scolastica. Infatti, considerata la necessità di adempiere al nuovo obbligo formativo introdotto dal citato Accordo e tenuto conto che trattasi di spese che lo Stato dovrebbe comunque sostenere a fronte del vincolo normativo da cui discende, si ritiene che il dirigente, così facendo, non incorra nel rischio di determinare alcun danno erariale.

    Data di pubblicazione: 25/11/2025

  • Formazione in materia di sicurezza: un parere sui corsi svolti dal DS...
  • Si ritiene opportuno sottolineare preliminarmente che il nuovo Accordo Stato – Regioni del 17 aprile 2025 - Rep. Atti n. 59/CSR (che ha sostituito il precedente del 21 dicembre 2011), ridefinisce la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in attuazione dell’art. 37 del D.Lgs. 81/2008. Una novità significativa deriva dall’obbligo formativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro per tutti i “datori di lavoro”, inclusi i Dirigenti scolastici. Sulla scorta di quanto prescritto nel richiamato Accordo Stato-Regioni, il Corso di Formazione per i datori di lavoro ha una durata di 16 ore, mentre per l’aggiornamento sono previste almeno 6 ore ogni 5 anni per tutti i settori ATECO, inclusa la Scuola. Entrambi i suddetti corsi, sia di base che l’aggiornamento, possono essere svolti integralmente in modalità e-Learning. Ciò premesso, in riferimento al caso in esame l’Attestato conseguito dalla Dirigente scolastica nel 2005 in qualità di RSPP non è più valido da tempo, poiché la normativa precedente (e confermata nel nuovo Accordo Stato-Regioni) prevede un aggiornamento quinquennale obbligatorio. Tenuto conto che la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro che ha ricevuto in passato la Dirigente scolastica non copre gli specifici obblighi del “datore di lavoro” ai sensi della normativa vigente e dell’Accordo Stato-Regioni del 2025, per essere in linea con l’attuale normativa la Dirigente scolastica deve pertanto frequentare un corso di formazione specifica di 16 ore, che dovrà essere completato entro 2 anni dall’entrata in vigore del suddetto nuovo Accordo Stato-Regioni (avvenuta il 24 maggio 2025, giorno della sua pubblicazione sulla G.U. n. 119), quindi entro il 24 maggio 2027. In sintesi, la nuova formazione di 16 ore della Dirigente scolastica è dovuta a causa dell’evoluzione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e degli obblighi specifici legati alla sua figura di datore di lavoro.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Organizzazione del lavoro agile e da remoto per il personale ATA: criteri di pianificazione delle giornate lavorative e ruolo del DS...
  • Stiamo definendo un regolamento interno sul LAVORO AGILE e LAVORO REMOTO. Dopo aver definito nel regolamento tutti gli aspetti generali, emerge una domanda riguardante l'applicazione operativa nei singoli casi specifici. Il caso che viene sottoposto riguarda il lavoro agile e/o da remoto per Assistenti amministrativi e riguarda la definizione delle giornate lavorative da svolgere "da casa" e quelle da svolgere "a scuola"

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Ferie del personale ATA con orario su cinque giorni: è corretto applicare il coefficiente 1,2 quando tra due giorni di ferie ricorre una festività?
  • Non si concorda con quanto sostenuto dalla dipendente. Le festività nazionali, stabilite dall’Ordinanza ministeriale n. 105 del 28 maggio 2025 e non coincidenti con la domenica, non influiscono sul calcolo delle ferie spettanti al personale scolastico. In tali giornate la prestazione lavorativa non è dovuta, tuttavia la loro qualificazione come giorni lavorativi ai fini del conteggio delle ferie rimane invariata. Ferma restando la disciplina relativa ai cosiddetti prefestivi (V. DPR 209/87, art. 36, comma 3), si evidenzia che il comma 5 dell’art. 13 del CCNL 2007, non modificato dai successivi CCNL, asserisce che “nell’ipotesi che il POF d’istituto preveda la settimana articolata su cinque giorni di attività, per il personale ATA il sesto è comunque considerato lavorativo ai fini del computo delle ferie e i giorni di ferie goduti per frazioni inferiori alla settimana vengono calcolati in ragione di 1,2 per ciascun giorno” (da detrarre dai 32/30, in base all’anzianità di servizio). Il fatto che il sesto giorno sia una giornata festiva, oppure che vi siano festività infrasettimanali, non incide sull’applicazione del suddetto comma, che si ritiene applicabile anche alle istituzioni scolastiche con articolazione su sei giorni, qualora il personale ATA svolga l’attività lavorativa su cinque giorni con orario flessibile ai sensi dell’art. 64 del CCNL 2019-2021. In definitiva, dalla lettura del comma 5 dell’art. 13 del CCNL 2007 emerge con chiarezza che “i giorni di ferie goduti per frazioni inferiori alla settimana vengono calcolati in ragione di 1,2 per ciascun giorno”, senza ulteriori specificazioni. La norma contrattuale non prevede che il coefficiente 1,2 si applichi solo nel caso in cui l’intera settimana risulti di fatto lavorativa, ma si limita a disciplinare le giornate di ferie fruite a settimana non intera. Pertanto, anche nelle situazioni descritte nel quesito, le giornate di ferie devono essere conteggiate applicando il coefficiente 1,2 per ciascun giorno.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Ingresso anticipato dei genitori nelle pertinenze scolastiche prima dell’orario ufficiale: misure di sicurezza, responsabilità civile...
  • Gentile utente, la responsabilità della scuola per la vigilanza sugli alunni minori inizia con l’accesso ai propri spazi di pertinenza, incluso il cortile (recintato) esterno all’edificio scolastico vero e proprio. Qualunque soluzione che ammetta gli alunni in tali spazi e contemporaneamente non predisponga l’attività di vigilanza espone a potenziali rischi, che vanno valutati e mitigati. In questa chiave, abbiamo sempre espresso forti perplessità in relazione a quesiti e proposte simili, perché è indubbio che se i ragazzi entrano nella sfera di pertinenza giuridica della scuola non si potrà mai dire "noi non siamo responsabili". Si può solo pensare a misure di mitigazione e prevenzione. Come abbiamo più volte evidenziato, non è possibile dare una indicazione certa, che permetta di evitare o superare senza margine di errore un eventuale contenzioso. Se il cortile é però esclusivamente "gestito" dalla scuola, nel senso l’istituzione è l’unica a poter decidere in merito all'utilizzo dello stesso, in quanto pertinenza dell'edificio e in quanto spazio utilizzato esclusivamente a fini di servizio delle attività scolastiche, certamente spetta alla scuola vigilare su quanto accade in quell'area. Con quale forma di vigilanza e con quale tipo di organizzazione, spetta alla Scuola determinarlo, dandone adeguata comunicazione alle famiglie. Nel caso in cui si decida comunque di procedere con l'ipotesi descritta nel quesito, la soluzione prospettata nel quesito (una semplice comunicazione alle famiglie) non appare però essere completamente adeguata. Si suggerisce di affrontare il problema su più livelli. In primo luogo, sicuramente occorre una regolazione della permanenza degli alunni nell’area esterna prima dell’inizio delle lezioni (norme di comportamento, divieti, avvertenze). Tale regolazione, fatta deliberare dal Consiglio di Istituto, va pubblicata con forme adeguate (sito web dell’Istituzione, Bacheca de Registro Elettronico) e portata a conoscenza di tutti gli interessati. Per maggiore tutela, si suggerisce anche di richiederne la firma per presa visione da parte dei genitori. Non va mai, comunque, “dichiarata” formalmente l’assenza di vigilanza sugli spazi in questione, poiché questa dichiarazione potrebbe perfino essere vista, in caso di incidente, come prova di condotta gravemente colpevole (si era a conoscenza del rischio, lo si era anzi in qualche modo preventivato e non si era fatto nulla per impedirlo ...). In secondo luogo, parallelamente a quanto appena indicato, all’interno della regolamentazione sopra descritta, dovrebbe far parte un servizio “minimo” di vigilanza diffusa, affidato esplicitamente ad uno dei collaboratori scolastici (eventualmente, più di uno; eventualmente, a turno – dipende dalle risorse complessivamente disponibili). Sul punto, riteniamo opportuno un passaggio al tavolo sindacale, sia per le modalità di attribuzione / turnazione dell’incarico, sia per un eventuale compenso aggiuntivo che faciliti la partecipazione del personale coinvolto. In terzo luogo, si potrebbe affidare a qualcuno dei collaboratori del dirigente l’incarico di vigilare a sua volta – magari in modo saltuario, ma con incarico formale – sul corretto svolgimento delle cose: che gli alunni rispettino il regolamento, che i collaboratori scolastici facciano la loro parte. Non basta che le regole esistano: di tanto in tanto, bisogna anche dare evidenza che si vigila sulla loro applicazione. Questo complesso di azioni, è importante ribadirlo, non pone del tutto al riparo dai rischi, né esime da ogni responsabilità. Tuttavia, nella malaugurata ipotesi che un incidente si verifichi, permetterà al giudice di valutare in concreto le colpe in relazione alle iniziative assunte ed alle circostanze concrete, non in base ad una astratta presunzione di colpevolezza oggettiva. Il fatto di aver organizzato una rete di sorveglianza - nei limiti delle risorse umane e materiali disponibili - costituisce, di solito, una buona protezione. Infatti, quel che potrebbe accadere in pratica non è valutabile in anticipo. In caso di contenzioso conseguente ad eventuali incidenti, spetterebbe comunque alla scuola dimostrare in giudizio l’impossibilità materiale di provvedere altrimenti e l’aver informato correttamente e senza ambiguità le famiglie. Per ribadire quanto sia importante che le scelte operate dalla Scuola siano chiare, motivate e debitamente comunicate alle famiglie, dal punto di vista della giurisprudenza, segnaliamo la sentenza n. 235 del 20 febbraio 2008 del Tribunale di Trieste, riguardante un caso analogo, ha posto l'accento sul fatto che la scuola aveva ben evidenziato nei sui atti ufficiali che “il luogo di passaggio delle responsabilità sui minori tra famiglia e scuola (dunque il momento dell'affidamento al personale) era individuato nei relativi portoni di ingresso degli edifici” e quindi non ai cancelli di ingresso dei cortili. E che "nel piano dell'offerta formativa si giustifica questa previsione con la esigenza di permettere agli alunni ed ai genitori che li accompagnano di utilizzare i cortili stessi come luogo sicuro di sosta e di attesa, prima e dopo l'orario di presenza degli insegnanti atteso che all'esterno dei cortili delle scuole... sono presenti situazioni ad alto rischio per i minori a causa del traffico intenso".

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Nomina del RUP nelle istituzioni scolastiche alla luce del D.Lgs. 36/2023: possibilità di delega al DSGA?
  • Riprendendo precedenti risposte, si ricorda che il Codice dei contratti pubblici (cfr. art. 15, c. 2, D.lgs. n. 36/2023 e ss.mm.ii.) prevede che: - il RUP venga nominato per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice “nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico da realizzare”. Dall’esegesi della norma citata emerge con chiarezza, ad avviso dello scrivente, che non può ritenersi legittima una generale nomina a RUP (come spesso erroneamente viene ritenuto), ma che occorra un atto di nomina per ogni procedura, da conferire in base alle condizioni e ai requisiti di seguito illustrati. Infatti, ai commi successivi, l’art. 15 dispone che: - il RUP venga scelto tra i dipendenti della stazione appaltante, anche assunti a tempo determinato, preferibilmente in servizio presso l’unità organizzativa titolare del potere di spesa. E’ possibile, in caso di accertata carenza in organico di personale in possesso dei requisiti richiesti, di nominare il RUP tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche. - il RUP sia in possesso dei requisiti di cui all’allegato I.2 del Codice stesso e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti al medesimo affidati, nel rispetto dell’inquadramento contrattuale e delle relative mansioni. Per quanto riguarda in particolare i servizi e le forniture, l’art. 5 dell’allegato I.2 richiede che il RUP possegga un titolo di studio di livello adeguato ed esperienza professionale, in costante aggiornamento, “maturata nello svolgimento di attività analoghe a quelle da realizzare in termini di natura, complessità e importo dell’intervento, in relazione alla tipologia e all’entità dei servizi e delle forniture da affidare”. Il possesso di esperienza nel settore dei contratti di servizi e forniture è attestato anche dall’anzianità di servizio maturata: • di almeno un anno per importi inferiori alle soglie di rilevanza europea; • di almeno 3 anni per importi pari o superiori alle soglie di rilevanza europea. La stazione appaltante può individuare quale RUP anche un dipendente non in possesso dei requisiti richiesti, ma, in tal caso, deve affidare lo svolgimento delle attività di supporto al RUP ad altri dipendenti in possesso dei requisiti, ovvero a soggetti esterni; - la nomina a RUP non può essere rifiutata. Non è una delega ma un incarico obbligatorio. Il comma 2 del citato art. 15 afferma infatti: “[…] L’ufficio di RUP è obbligatorio e non può essere rifiutato. In caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, l’incarico è svolto dal responsabile dell’unità organizzativa competente per l’intervento (ndr. identificato nel Dirigente Scolastico, nel caso della scuola).” Precisa, inoltre, il successivo comma 4: “Ferma restando l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.” Tuttavia, il nuovo Codice dei contratti pubblici prevede per il RUP, come visto, la possibilità di avvalersi di ausiliari. Del resto, il RUP può delegare alcune delle sue funzioni, ad esempio negli ambiti in cui non ha particolari competenze tecniche con tutte le conseguenze note: ovvero la responsabilità in capo al RUP per culpa in vigilando e quella del delegato per gli atti compiuti in forza della delega; - se non viene indicato alcun nominativo nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, la funzione di RUP viene svolta – a livello di istituzione scolastica – dal dirigente scolastico. Conclusivamente, alla luce del quadro normativo fin qui rappresentato è possibile affermare che: - il DSGA può essere incaricato della funzione di RUP soltanto nel caso in cui possegga i requisiti richiesti dall’allegato I.10. Qualora il DSGA ne sia privo, è necessario individuare dei dipendenti che ne siano in possesso per le attività di supporto allo stesso, se nominato RUP. Occorre inoltre precisare che è possibile abilitare il DSGA in qualità di RUP su ANAC , FVOE e MEPA e che tali abilitazioni non si configurano come una mera profilatura per procedere alla richiesta dei CIG, ma costituiscono il portato della formalizzazione dell’incarico di RUP (con la conseguente assunzione, da parte del personale individuato, dei compiti e delle responsabilità a esso spettanti) in relazione a ciascuna procedura per la quale il dipendente (DSGA) procede all’acquisizione del relativo CIG; - l’incarico deve trovare statuizione nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, ovvero nella decisione di contrarre (cfr. art. 17, c. 1, D.lgs. n. 36/2023). Non vi è bisogno di utilizzare formule sacramentali ma solo di indicare il nominativo del RUP (se non coincide con il Dirigente Scolastico) e di affermare di aver constatato la sussistenza dei requisiti professionali sopra indicati. Se detti requisiti non sono posseduti, occorre per di più indicare – nel medesimo provvedimento – il nominativo di chi fornisce a lui supporto, in quanto in possesso dei requisiti illustrati. Concludendo, confermiamo che è possibile incaricare il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi per la funzione di RUP in relazione ad ogni singola procedura ed è necessario che l’incarico venga formalizzato in base alle disposizioni e con le modalità sopra illustrate.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Congedo per malattia del figlio (4–8 anni): il genitore unico ha diritto al raddoppio dei 5 giorni?
  • L’art. 47 del D.lgs. 151/2001 relativamente al congedo per malattia del figlio al comma 2 precisa:” Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni “e, al comma 6 aggiunge:” Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto”. Solo l’art. 32 relativo al congedo parentale alla lettera c) -( dopo le modifiche di cui al DLGS 105/2022)- riconosce un miglior beneficio per il genitore solo e stabilisce che ha diritto:” per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice civile, l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, all'INPS”. Quindi in risposta al quesito il congedo di malattia del figlio dal 4° all'8° anno di età non può essere raddoppiato.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Riconoscimento del servizio pre-ruolo ai fini della liquidazione del TFS: chiarimenti sul periodo in caso di contratto fino all’avente diritto...
  • Secondo la normativa vigente e come illustrato nella circolare esplicativa Inpdap n. 30 del 1° agosto 2002 "eventuali servizi resi a tempo determinato nel periodo intercorrente tra la nomina giuridica e quella economica danno diritto, sussistendo le condizioni di legge, al TFR. Il pagamento del TFR potrà però essere subito effettuato solo se tra la risoluzione del rapporto di lavoro a tempo determinato e la decorrenza economica di quello a tempo indeterminato ci sia almeno un giorno di interruzione". Considerato che nella situazione illustrata, tra la data di cessazione del contratto a tempo determinato e la data di decorrenza economica del ruolo non c'è interruzione, per il periodo di servizio dal 14/09/2000 al 18/12/2000 deve essere inserito un ultimo miglio TFR e il TFS decorre dal 19/12/2000.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Convalescenza post-intervento e richiesta di DAD: quale procedura seguire per un'alunna con PEI differenziato?
  • Per rispondere in modo esaustivo al quesito bisogna esaminare gli aspetti che contrappongono la richiesta della famiglia della studentessa con disabilità alla scuola. Innanzitutto la posizione della scuola sull’erogazione della DAD è corretta in quanto la didattica a distanza intesa come modalità sostitutiva e generalizzata, non è prevista dalla normativa post-emergenziale covid. La scuola non può attivarla su richiesta della famiglia. Invece, lo strumento specifico per l'assenza prolungata per motivi di salute (oltre 30 giorni, anche non continuativi) è l'Istruzione Domiciliare (ID), attivata su certificazione sanitaria. L'Istruzione Domiciliare (ID) è un progetto didattico individualizzato che, pur essendo fondamentale, garantisce solo un numero limitato di ore settimanali (di solito 4-5 ore) e non può coprire l'intero monte ore curricolare. Per gli studenti con obiettivi non differenziati, la scuola può suggerire l'utilizzo di materiali caricati sul registro elettronico o tutoraggio tra pari per coprire la lacuna. Ma per la studentessa in questione, la situazione è diversa. Tuttavia la normativa sull'ID e sulla Scuola in Ospedale ha sempre previsto e incentivato l'uso delle tecnologie come strumento integrativo dell'ID, proprio per superare il limite orario e favorire la partecipazione sociale. Si ricorda infatti che tale normativa non è stata abrogata ma è tuttora vigente e prevede una soluzione di flessibilità nell’utilizzo della ID con i sistemi tecnologici. Pertanto, per rispondere all'insistenza della madre (che lamenta la mancanza di connessione con la classe), è necessario proporre una soluzione formale di ID potenziata che includa le tecnologie, come già avveniva prima della pandemia, in base alle indicazioni del Ministero. Si consiglia, quindi, di convocare il Gruppo di Lavoro Operativo (GLO) allargato alla madre e all'equipe socio-sanitaria (o ai loro rappresentanti, se possibile) per formalizzare il progetto di ID e l’utilizzo di videocollegamenti, piattaforme e-learning e web-class come parte integrante della metodologia ID; richiedere formalmente la certificazione sanitaria che attesti la necessità di ID (durata prevista uguale o maggiore di 30 giorni anche non continuativi) per procedere all'attivazione del percorso di istruzione domiciliare, elaborare un progetto di ID che includa: le ore di docenza a domicilio (stipulando un Patto Educativo Formale), l'uso di strumenti di videocomunicazione (es. G Suite, Teams) da parte dei docenti curricolari nel monte ore ID o in aggiunta, per favorire il contatto con la classe e potenziare le ore didattiche in coerenza con gli obiettivi specifici del PEI differenziato, indicare per esempio quanto e in che modo il docente di sostegno possa interagire con la studentessa a distanza o in codocenza con altri docenti curricolari in base al suo orario di servizio; la definizione degli strumenti tecnologici, infine la condivisione di materiali e le modalità delle verifiche.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • I Dirigenti Scolastici hanno diritto ai permessi per formazione?
  • In materia di formazione, è l’articolo 24 del CCNL dell’area “Istruzione e ricerca” 2016-2018, non modificato dal successivo CCNL 2019-2021, a fornirne le linee guida generali. Nel contesto dei processi di riforma della pubblica amministrazione, la formazione è definita come un fattore decisivo di successo e una leva fondamentale nelle strategie di cambiamento volte a conseguire una maggiore qualità ed efficacia delle amministrazioni. Con riferimento ai dirigenti scolastici, tale carattere diviene ancora più pregnante per via della crucialità del ruolo della dirigenza nella realizzazione degli obiettivi. Per il dirigente scolastico, la formazione è assunta dalle amministrazioni come un metodo permanente, necessario per diversi scopi strategici: - assicurare il costante aggiornamento tecnico e lo sviluppo delle competenze organizzative e manageriali indispensabili per lo svolgimento efficace del ruolo (comma 2); - rafforzare la sensibilità innovativa del dirigente e la sua attitudine a gestire iniziative di miglioramento con l'obiettivo di caratterizzare le istituzioni scolastiche in termini di dinamismo e competitività (comma 6); - far sì che le iniziative di formazione abbiano carattere continuo, destinando loro adeguati investimenti finanziari, nel rispetto dei limiti di legge (comma 3). Il CCNL in commento prevede diverse modalità di accesso alla formazione, garantendo sia la partecipazione a percorsi strutturati dall'amministrazione, sia la possibilità di iniziative autonome del dirigente. Nell’ambito della formazione istituzionale, ai sensi dei commi 2, 4, 7 e 10 è compito dell'amministrazione organizzare iniziative di formazione destinate a tutti i dirigenti i cui contenuti, a seconda delle finalità, devono vertere sia sulla formazione al ruolo sia su aspetti specialistici correlati a specifici ambiti e funzioni dirigenziali. La partecipazione ad attività formative inserite in appositi percorsi, anche individuali, viene concordata dall'amministrazione con il dirigente interessato ed è riconosciuta quale servizio utile a tutti gli effetti. Dette iniziative possono essere realizzate dall’amministrazione singolarmente, d’intesa con altre amministrazioni e anche in collaborazione con la Scuola Nazionale dell’amministrazione (SNA), le Università e altri soggetti pubblici o privati (comma 6) e sono sostenute finanziariamente dalla quota – definita annualmente – delle risorse da destinare ai programmi di aggiornamento e di formazione del dirigente, nel rispetto dei limiti finanziari previsti dalle vigenti norme di legge in materia. I commi 8 e 9, invece, prevedono anche la possibilità per il dirigente scolastico di intraprendere autonomamente percorsi di aggiornamento. Egli ha la facoltà di partecipare a corsi formativi e di aggiornamento professionale che siano comunque in linea con le finalità del contratto, senza che ciò comporti oneri finanziari per l’amministrazione. Per tale scopo, può essere concesso un periodo di aspettativa non retribuita per motivi di studio, della durata massima di tre mesi nell'arco di un anno. Qualora l’amministrazione riconosca l'effettiva connessione di tali iniziative autonome con l'attività di servizio e l'incarico affidato, può concorrere con un proprio contributo alla spesa sostenuta e documentata dal dirigente. Sempre in ambito contrattuale è altresì previsto che il dirigente scolastico possa beneficiare di permessi necessari per partecipare ad attività di aggiornamento professionale. Così dispone in materia di assenze retribuite l’articolo 15, comma 1, lettera a) del CCNL dell’area “Istruzione e ricerca” 2016-2018, anch’esso non modificato dal successivo CCNL: “Il dirigente ha diritto di assentarsi nei seguenti casi: a) partecipazione a concorsi od esami, limitatamente ai giorni di svolgimento delle prove, ovvero a congressi, convegni, seminari e corsi di aggiornamento professionale facoltativi, connessi con la propria attività lavorativa, entro il limite complessivo di giorni otto per ciascun anno solare o, per i dirigenti delle Istituzioni scolastiche ed educative e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica, per ciascun anno scolastico o accademico." Pertanto, i dirigenti accedono a un massimo di otto giorni per ciascun anno scolastico anche per potere prendere parte ad attività di aggiornamento di natura facoltativa purché in stringente correlazione con il loro profilo professionale.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Visita del Medico Competente e richiesta di ulteriori accertamenti specialistici: chi sostiene i costi?
  • Dalla formulazione del quesito, pare potersi dedurre che la visita medica sia stata disposta su istanza di parte ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. B del Dlgs. N. 81/2008 e ss.mm.ii. Il comma 4 del suddetto art. 81 afferma che “le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al ((comma 2, lettere a), b), d), e-bis), e-ter) ed e-quater)) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti”. Il comma 2 del medesimo articolo indica le tipologie di visita medica che rientrano nella sorveglianza sanitaria. Tra queste, è rilevante quella prevista dalla lettera c: “visita medica su richiesta del lavoratore, qualora il medico competente la ritenga correlata ai rischi professionali o alle condizioni di salute del lavoratore, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica”. Il comma 2-bis, invece, stabilisce che “il medico competente, nella prescrizione di esami clinici, biologici e di indagini diagnostiche ritenuti necessari in sede di visita preventiva, tiene conto delle risultanze degli esami e delle indagini già effettuati dal lavoratore e risultanti dalla copia della cartella sanitaria e di rischio in possesso dello stesso ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera e), al fine di evitarne la ripetizione, qualora ciò sia ritenuto compatibile dal medico competente con le finalità della visita preventiva”. Alla luce di quanto sopra, si conferma che la visita psichiatrica prescritta dal medico competente è a carico del datore di lavoro, in questo caso dell’istituzione scolastica. L’art. 15 del D.Lgs. n. 81/2008, al comma 2, stabilisce infatti che “le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”. La Commissione per gli Interpelli, istituita ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 81/2008, ha precisato che i costi relativi agli accertamenti sanitari non possono in alcun modo gravare sul lavoratore (cfr. Interpello n. 18/2014 e n. 14/2016).

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Pagamento anticipato per i servizi alberghieri nei viaggi di istruzione: è consentito procedere?
  • La situazione rappresentata è molto comune nell’organizzazione dei viaggi di istruzione, ma la risposta, in estrema sintesi, è che per le Pubbliche Amministrazioni (PA) vige il principio generale che il pagamento del saldo può avvenire solo dopo l'erogazione del servizio, la verifica della sua corretta esecuzione e l’acquisizione di tutti i documenti giustificativi e della relativa fattura (le cosiddette fasi di liquidazione e pagamento previste dagli artt. 16 e 17 del DI 129/2018). Si osserva inoltre che il quesito prende piede da una premessa spesso trascurata: è la stazione appaltante (scuola) a fissare le condizioni contrattuali (compresi i termini di pagamento), che devono essere in linea con la normativa vigente recepita negli atti di gara. Pertanto, sebbene la convenienza economica e la posizione dell’hotel siano fattori importanti, la scuola è comunque tenuta a sottostare alle norme di contabilità pubblica e alle particolari disposizioni di cui al D.Lgs. 36/2023. Come detto in precedenti risposte, in merito ai pagamenti, l’art. 125, comma 1, del Codice Contratti, prevede che l'appaltatore ha diritto di ricevere un'anticipazione del prezzo, pari al 20% (incrementabile fino al 30%, ove previsto negli atti di gara) del valore del contratto, a condizione che sia effettivamente iniziata "la prestazione", e, specificatamente, " entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prima prestazione utile relativa a ciascuna annualità, secondo il cronoprogramma della prestazione”. L’erogazione dell’anticipazione è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa, di importo pari all'anticipazione, maggiorato del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma della prestazione. L'applicazione dell'istituto dell'anticipazione del prezzo contrattuale, mentre originariamente si riferiva soltanto agli appalti di lavori, è stata estesa anche agli appalti di servizi e forniture, al fine di consentire all'appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all'esecuzione del contratto. Ai sensi dell'art. 33 dell'allegato II.14 sono esclusi dall'anticipazione i contratti per prestazioni di forniture e di servizi a esecuzione immediata o la cui esecuzione non possa essere, per loro natura, regolata da apposito cronoprogramma (ipotesi che comunque non dovrebbe riguardare il caso in trattazione in quanto un viaggio di istruzione è un servizio che, per sua natura prevede, il cronoprogramma) o il cui prezzo è calcolato sulla base del reale consumo, nonché i servizi che, per la loro natura, prevedono prestazioni intellettuali o che non necessitano della predisposizione di attrezzature o di materiali. Come precisato dalla Corte dei conti – Sezione regionale per il Piemonte con deliberazione n. 67/2020/SRCPIE/PAR l’anticipazione va contabilizzata in contabilità finanziaria come un acconto in conto lavori, servizi o forniture, con imputazione agli stanziamenti di spesa a cui essa si riferisce. Per il pagamento dell’anticipazione deve essere rilasciata dall’Impresa (in questo caso l’hotel) la relativa fattura, da emettersi al momento dell’adozione del certificato di pagamento da parte del RUP. Il certificato di pagamento deve essere tempestivamente trasmesso all’amministrazione affinché proceda alla corresponsione dell’acconto a favore dell’OE con l’emissione del mandato di pagamento (art. 125, comma 5). Il comma 7 dello stesso art. 125, prevede infine che “All’esito positivo […] della verifica di conformità negli appalti di servizi e forniture, e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dall’emissione dei relativi certificati, il RUP rilascia il certificato di pagamento relativo alla rata di saldo; il pagamento è effettuato nel termine di trenta giorni decorrenti dall’esito positivo […] della verifica di conformità, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche”. Pertanto, rispondendo alla domanda posta nel quesito, riteniamo quanto segue: - In base alle previsioni di cui all’art. 125 del Codice, l’hotel ha diritto di ricevere, previa costituzione di garanzia definitiva, un’anticipazione del prezzo, pari al 20% (incrementabile fino al 30%, ove previsto negli atti di gara) del valore del contratto, a condizione che sia effettivamente iniziata "la prestazione", e, in particolare, entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prestazione. - Fermo restando, come detto, l’effettivo inizio della prestazione (che, nel caso specifico, corrisponderebbe all’arrivo degli studenti presso l’hotel), l’acconto prevede il rilascio, a cura dell’OE, della relativa fattura, da emettersi al momento dell’adozione del certificato di pagamento da parte del RUP. - Per quanto concerne il saldo, la norma succitata prevede che questo sia effettuato “All’esito positivo […] della verifica di conformità negli appalti di servizi e forniture” e a seguito del rilascio da parte del RUP del relativo certificato di pagamento, nonché di trasmissione di fattura a saldo da parte dell’Impresa. Concludendo, dall’esame della normativa su esposta, riteniamo che non sia in alcun modo ammissibile corrispondere il saldo ancor prima dell’inizio della prestazione e, per di più, in assenza di emissione di regolare fattura elettronica. Come detto, l’Hotel ha tuttavia diritto di ricevere, previa costituzione di garanzia definitiva, un’anticipazione del prezzo, pari al 20% (incrementabile fino al 30%, ove previsto negli atti di gara) del valore del contratto, all’atto dell’effettivo inizio della prestazione, coincidente con l’arrivo degli studenti in hotel.

    Data di pubblicazione: 24/11/2025

  • Valutazioni sulla legittimità di un certificato medico emesso il secondo giorno di malattia di un dipendente...
  • Leggendo l'attestazione di malattia di un docente sul portale INPS, mi accorgo che il rilascio del certificato è avvenuto il secondo giorno di malattia, e che questa è stata certificata con visita ambulatoriale. Tale situazione mi fa sorgere alcuni dubbi con riferimento sia al docente sia al medico del Servizio Sanitario Nazionale...

    Data di pubblicazione: 21/11/2025

  • Criteri di computo dei giorni in caso di alternanza tra congedo straordinario biennale, malattia e permessi L. 104 per il personale docente...
  • Il congedo biennale previsto dall'art. 42, comma 5, del DLgs 151/2001 è fruibile non solo in una unica soluzione ma, anche in modo frazionato (a mesi e a giorni interi, ma non ad ore). Al riguardo, la Funzione Pubblica per tutto il comparto del pubblico impiego scuola compresa, nella circolare n. 1 del 2012 precisa quanto segue: “Affinché non vengano computati nel periodo di congedo i giorni festivi, le domeniche e i sabati (nel caso di articolazione dell'orario su cinque giorni),è necessario che si verifichi l'effettiva ripresa del lavoro al termine del periodo di congedo richiesto. Tali giornate non saranno conteggiate nel caso in cui la domanda di congedo sia stata presentata dal lunedì al venerdì, se il lunedì successivo si verifica la ripresa dell'attività lavorativa ovvero anche un'assenza per malattia del dipendente o del figlio. Pertanto, due differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo di ferie o altro tipo di congedo, debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo straordinario anche i giorni festivi e i sabati (per l'articolazione su cinque giorni) cadenti subito prima o subito dopo le ferie o altri congedi o permessi". La citata Nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, fornisce una serie di esempi e modalità di computo del congedo; la nota si riferisce al congedo parentale ma può applicarsi in via analogica anche al calcolo del congedo biennale in caso di assenze cicliche. Nel caso in cui un lavoratore, con orario di lavoro articolato su cinque giorni lavorativi (c.d. settimana corta), fruisca di congedo parentale ( ma analoghe considerazioni valgono per il congedo biennale) nel seguente modo: 1^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale Sabato e domenica 2^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie - malattia - assenza ad altro titolo Sabato e domenica 3^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie o malattia o assenza ad altro titolo Sabato e domenica 4^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale il sabato e la domenica compresi tra la seconda e la terza settimana non sono computabili, né indennizzabili a titolo di congedo parentale in quanto tali giorni - compresi in un periodo unico di congedo parentale posto che, dalla prima alla quarta settimana, non vi è ripresa dell’attività lavorativa - risultano comunque ricompresi all’interno di un periodo di assenza fruita ad altro titolo (periodo neutro ai fini di interesse). Viceversa, il sabato e la domenica ricadenti tra la prima e la seconda settimana e tra la terza e la quarta sono computabili ed indennizzabili in conto congedo parentale in quanto tali giorni cadono, rispettivamente, subito dopo e subito prima il congedo parentale richiesto. Quanto sopra vale anche nei casi in cui il lavoratore alterni congedo parentale e ferie nel seguente modo: dal martedì al giovedì = congedo parentale venerdì = ferie sabato e domenica lunedì= ferie dal martedì a giovedì = congedo parentale. Anche in tale ultima ipotesi, infatti, il sabato e la domenica non si computano a titolo di congedo parentale in quanto inclusi in un periodo, seppur breve, di ferie (venerdì e lunedì). A chiarimento di quanto sopra esposto l'INPS fornisce ancora due possibili casi: Caso 1 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = ripresa del lavoro Caso 2 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = congedo parentale venerdì = ripresa del lavoro Nel primo caso (caso 1) il sabato e la domenica rimangono evidentemente esclusi dal computo del congedo parentale in quanto la frazione di congedo termina il venerdì (infatti, successivamente alle ferie, il lavoratore riprende l’attività lavorativa). Viceversa, nel secondo caso (caso 2), il sabato e la domenica vanno conteggiati ed indennizzati in conto congedo parentale in quanto tali giorni sono compresi in un’unica frazione di congedo (dal lunedì della prima settimana al giovedì della seconda) e ricadono immediatamente dopo il congedo parentale. I criteri sopra indicati trovano applicazione anche nell’ipotesi in cui il lavoratore, avendo già richiesto un periodo di congedo parentale, presenti un’altra domanda (o diverse domande) di congedo parentale determinanti di fatto una proroga del periodo di congedo precedentemente richiesto. Fino all'entrata in vigore del Decreto 119/2011, permessi e congedo straordinario erano considerati due benefici con la medesima finalità per i quali il Legislatore non aveva previsto la possibilità di contemporanea fruizione. Il Decreto 119/2011, però, ha modificato il disposto dell'ex comma 5 dell'articolo 42 del Decreto 151/2001, prevedendo che "per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto. La Funzione Pubblica nella circolare n. 1 del 3 febbraio 2012, circolare che detta le indicazioni per una univoca e corretta gestione delle modifiche di cui al citato D.lgs. 119/2011, alla lettera b) per tutto il comparto del pubblico impiego scuola compresa (stessa interpretazione INPS circolare 32/2012 per il settore privato), ha modificato una precedente indicazione e, nel merito della cumulabilità nello stesso mese dei due diversi benefici, ha precisato quanto di seguito evidenziato. "Il D.Lgs. n. 119 del 2011 ha modificato il disposto dell'ex comma 5 dell'art. 42 in esame, rivedendo all'attuale comma 5 bis che “i genitori, anche adottivi, possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'art. 33, commi 2 e 3, della l. n. 104 del 1992 e 33, comma 1, del presente decreto.”. A seguito della modifica, i genitori possono fruire delle predette agevolazioni (permessi di tre giorni mensili, permessi di due ore al giorno, prolungamento del congedo parentale) anche in maniera cumulata con il congedo straordinario nell'arco dello stesso mese, mentre è precluso il cumulo dei benefici nello stesso giorno. La stessa INPS nel messaggio 3114 del 07/08/2018, aveva già precisato che:” Si precisa, al riguardo, che i periodi di congedo straordinario possono essere cumulati con i permessi previsti dall’articolo 33 della legge n. 104/92 senza necessità di ripresa dell’attività lavorativa tra la fruizione delle due tipologie di benefici”. Quindi in risposta al quesito, come per altre analoghe risposte, si ritiene che i tre giorni di permesso mensile previsto dall'art. 33, comma 3, della legge 104/92, possono essere fruiti nello stesso mese a giorni alterni al congedo straordinario previsto dall’art. 42, comma 5 del D.L.gs 151/2001 mentre, non è possibile cumulare le due tipologie di assenza nello stesso giorno. Nel merito, per il caso specifico, la stessa INPS già nella circolare 53/2008 che nel messaggio 3114 del 07/08/2018 (indicazioni condivise nelle nostre risposte) ha precisato che: ”i periodi di congedo straordinario possono essere cumulati con i permessi previsti dall’articolo 33 della legge n. 104/92 senza necessità di ripresa dell’attività lavorativa tra la fruizione delle due tipologie di benefici”. Quindi, a nostro avviso, il sabato e la domenica, ricadenti tra le due tipologie di assenza non vanno computati nel calcolo del congedo biennale. Invece in caso di assenze cicliche (e non quindi solo di cumulo permessi L. 104 e congedo biennale) si rinvia alle indicazioni di cui sopra.

    Data di pubblicazione: 21/11/2025

  • Assegnazione di aule scolastiche ad un altro istituto comprensivo: limiti di competenza dell’ente locale e poteri del dirigente scolastico...
  • I riferimenti normativi relativi alla questione posta sono rintracciabili nella legge 23/1995 (art. 3) e, in particolare, nel D.Lgs. 112/1998, che all’art. 139 lettera d) così precisa: “omissis…. sono attribuiti alle province, in relazione all’istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti: ..omissis……..il piano di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature , d’intesa con le istituzioni scolastiche”. Da quanto sopra si evince che, nella situazione di cui al quesito, il comune, se vuole programmare sulla base delle esigenze presenti e – in prospettiva – su basi fondatamente previsionali, la riassegnazione di locali dei suoi edifici scolastici alle scuole del primo ciclo poste nel suo territorio, deve procedere “d’intesa" con le istituzioni scolastiche”. Il che significa che deve avviare un “tavolo” di consultazione con i dirigenti scolastici delle scuole interessate, i quali, considerato che la questione concerne “la organizzazione e la programmazione , per quanto concerne la vita e l’attività della scuola” (D.Lgs. 297/1994, art. 10 comma 3), tramite il lavoro preparatorio della giunta, coinvolgeranno il consiglio di istituto per relazionare sulla proposta comunale e avere pareri, proposte e indicazioni in merito. Il comune può senz’altro disporre una modifica della assegnazione dei locali scolastici di sua proprietà, ma non in modo impositivo senza avere ricercato e attuato un confronto con i dirigenti delle scuole interessate. Quindi il dirigente porterà all’esame del consiglio la proposta del comune, presenterà le sue valutazioni e, sulla base del dibattito, chiederà all’organo collegiale di esprimere un parere sulla proposta e di avanzare eventuali altre soluzioni. Potrà essere utile coinvolgere preventivamente, per gli aspetti didattici, il collegio dei docenti. Il dirigente, con riferimento alle disposizioni di cui sopra sulla “intesa” con le scuole interessate, tenendo conto delle indicazioni consiliari, presenterà all'amministrazione – ovviamente con più forza in ragione della delibera – le osservazioni del caso e, se vi sono state nella decisione del consiglio o il dirigente le ravvisa comunque, altre proposte per una soluzione accettabile dalla scuola. In particolare il dirigente dovrebbe esporre con chiarezza le negative conseguenze che la ipotizzata ripartizione dei locali scolastici avrebbe sullo svolgimento delle attività della scuola come previste nel PTOF. Ove poi il comune avesse già preso le sue decisioni, il dirigente potrebbe/dovrebbe, anche qui opportunamente chiedendo il supporto di una delibera consiliare, presentare al comune una motivata opposizione alla decisione municipale chiedendone il riesame. Qualora poi il comune restasse silente alla richiesta della scuola e nella ipotesi che i locali alla stessa sottratti risultassero essenziali per lo svolgimento dell’attività didattica, il dirigente potrebbe segnalare la questione all’USP di competenza per un intervento sul comune. Non è tema presente nel quesito ma, solo per completezza, ricordiamo che ovviamente l'operazione va fatta coinvolgendo i vari RSPP e adeguando le diverse valutazioni dei rischi.

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