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    Data di pubblicazione: 30/04/2025

  • Il voto di comportamento fa media o no?
  • A partire dall'anno scolastico 2024/2025: - il comportamento degli alunni della scuola secondaria di primo grado è valutato con un voto in decimi ex art. 2, c. 5 del D.Lgs. n. 62/2017, come modificato dall’art. 1, c. 1, lettera a2) della legge n. 150/2024. In precedenza, la valutazione del comportamento era espressa con un giudizio sintetico; - il voto in decimi attribuito dal consiglio di classe al comportamento, in sede di scrutinio finale, si riferisce all'intero anno scolastico (art. 5, c. 2 dell’O.M. n. 3/2025); - il voto di comportamento inferiore a sei decimi nello scrutinio finale comporta la non ammissione dell'alunno alla classe successiva o all'esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione (cfr. artt. 6, c. 2-bis del D.Lgs. n. 62/2017 e 5, c. 3 dell’O.M. n. 3/2025). Esso è cioè determinante ai fini dell’ammissione alla classe successiva e all’esame di Stato. Per quanto riguarda il quesito relativo alla media dei voti e, in particolare, se il voto di comportamento concorra a detta media nella scuola secondaria di primo grado, occorre considerare che, se è pur vero che la valutazione periodica e finale degli apprendimenti nelle discipline di studio è espressa con voti in decimi, l’unico riferimento normativo alla media dei voti è contenuto nelle disposizioni relative all’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. Infatti, l’art. 8, cc. 7 e 8, D.Lgs. n. 62/2017 – il cui contenuto risulta replicato nell’art. 13 del D.M. n. 741/2017 – stabilisce che: “7. La commissione d'esame delibera, su proposta della sottocommissione, la valutazione finale complessiva espressa con votazione in decimi, derivante dalla media, arrotondata all'unità superiore per frazioni pari o superiori a 0,5, tra il voto di ammissione e la media dei voti delle prove e del colloquio di cui al comma 3. L'esame si intende superato se il candidato consegue una votazione complessiva di almeno sei decimi. 8. La valutazione finale espressa con la votazione di dieci decimi può essere accompagnata dalla lode, con deliberazione all'unanimità della commissione, in relazione alle valutazioni conseguite nel percorso scolastico del triennio e agli esiti delle prove d'esame.” Il voto di ammissione all'esame conclusivo del primo ciclo, per contro, è sì espresso in decimi dal consiglio di classe, ma considerando il percorso scolastico compiuto dall'alunna o dall'alunno (cfr. art. 6, c. 5 del D.Lgs. n. 62/2017). L’art. 2, cc. 4 e 5 del D.M. n. 741/2017 specifica, a questo riguardo: “4. In sede di scrutinio finale il consiglio di classe attribuisce alle alunne e agli alunni ammessi all'esame di Stato, sulla base del percorso scolastico triennale e in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti inseriti nel piano triennale dell'offerta formativa, un voto di ammissione espresso in decimi, senza utilizzare frazioni decimali, anche inferiore a sei decimi. 5. Il voto di ammissione concorre alla determinazione del voto finale d'esame nei termini di cui al successivo articolo 13.” Ciò significa che, dal punto di vista normativo, l’unica media che deve effettuarsi è tra il voto di ammissione e la media dei voti delle singole prove dell’esame di Stato. Il voto di ammissione allo stesso non è a sua volta l’automatica risultante della media dei voti riportati dallo studente nello scrutinio finale della classe terza, bensì la risultante di una valutazione del percorso scolastico triennale compiuta alla luce dei criteri e delle modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel PTOF. Si è ben consapevoli che spesso i collegi dei docenti non deliberano sul punto oppure preferiscono rinviare semplicemente alla media dei voti riportati nello scrutinio finale; ciò tuttavia non è strettamente conforme al dettato normativo che richiede una valutazione del “percorso triennale” dell’alunno e non già del solo terzo anno di scuola secondaria di primo grado. In conclusione, il disposto normativo non esplicita se il voto di comportamento concorra alla media dei voti oppure no semplicemente perché tale media, dal punto di vista normativo, non ha rilievo alcuno: ai fini della determinazione del voto di ammissione all’esame di Stato conclusivo del primo ciclo, infatti, spetta al collegio individuare criteri e modalità applicabili, eventualmente (ma non necessariamente) anche a partire dalla media pur senza appiattirsi su di essa e nell’ottica della ricostruzione del percorso triennale dell’alunno. In una simile valutazione, il collegio stesso è dunque libero di attribuire al voto di comportamento il rilievo e il ruolo che ritiene più opportuno – anche quello di farlo concorrere a detta media – nell’ottica della valorizzazione delle competenze di cittadinanza, cui lo stesso risulta collegato (cfr. art. 1, c. 3 del D.Lgs. n. 62/2017).

    Data di pubblicazione: 30/04/2025

  • Subentro del nuovo DS nella gestione dei progetti PNRR: sciogliamo alcuni dubbi sulla continuità dell’incarico e sulla possibilità di retribuzione...
  • Nel subentrare quale Dirigente Reggente ho appurato che il collega aveva assunto gli incarichi di project manager di progetti Pnrr a titolo gratuito...

    Data di pubblicazione: 30/04/2025

  • L'insegnamento dell'educazione civica: vediamo come superare le criticità nella formulazione del voto sintetico finale ai fini dell'ammissione all'esame di Stato...
  • Il carattere interdisciplinare e collegiale dell’insegnamento dell’Educazione Civica sta creando alcune difficoltà nella formulazione del voto .....

    Data di pubblicazione: 30/04/2025

  • Possiamo calendalizzare un un corso di formazione che si svolge, totalmente o in parte, durante le ore di programmazione settimanale?
  • Ai sensi dell’articolo 43, comma 5 del CCNL del comparto Istruzione e ricerca 2019-2021, “nell’ambito del calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale, l'attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola primaria e in 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d'istruzione secondaria ed artistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali. Alle 22 ore settimanali di insegnamento stabilite per gli insegnanti della scuola primaria, vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, esclusivamente alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l'orario delle lezioni.” La disposizione chiarisce che le due ore di programmazione fanno parte integrante dell’orario di servizio dei docenti della scuola primaria, che non devono essere calendarizzate all’interno del Piano annuale delle attività del personale docente e che non vanno confuse con le ore (40+40) previste per le riunioni collegiali/attività funzionali all’insegnamento di cui all’articolo 44, comma 3 del medesimo CCNL. La programmazione settimanale, pertanto, rientra a tutti gli effetti tra le attività dovute per i docenti della scuola primaria, anche se su spezzone orario, al punto che, se essa dovesse svolgersi in un giorno non lavorativo per il docente X, quest’ultimo non potrebbe chiederne lo spostamento in una delle giornate lavorative del suo orario di servizio settimanale. Infine, il citato articolo 43, comma 5, richiama la natura collegiale e non individuale di tale impegno lavorativo. A parere della redazione, risulta fortemente discriminante e deficitaria nel garantire pari opportunità formative a tutto il personale docente la calendarizzazione delle attività di cui al D.M. n. 66/2023 in orario del tutto o parzialmente coincidente con quello riservato alle due ore di programmazione settimanale. Infatti, alla luce di quanto sopra, il docente non ha alcuna facoltà di scegliere se partecipare a esse o ai percorsi formativi costituendo le prime un obbligo di servizio mentre i secondi una opportunità di arricchimento e sviluppo professionale, ancorché deliberati dal collegio dei docenti. In buona sostanza, non vi è fungibilità alcuna tra la programmazione didattica e ogni altra attività obbligatoria e/o funzionale all’insegnamento. Per superare tali ostacoli operativi, il dirigente scolastico dovrà dunque adoperarsi affinché anche il personale docente della scuola primaria abbia accesso in pari misura alle occasioni di crescita professionale che l’istituzione scolastica riesce a garantire ai docenti della scuola dell’infanzia e della scuola secondaria di primo grado. In forza dell’articolo 25, comma 4 del D.lgs. n. 165/2001, tale azione rientra nell’esercizio degli autonomi poteri di valorizzazione delle risorse umane spettanti al dirigente scolastico che si esplicano anche nell’offrire alla personale opportunità di sviluppo professionale. Nel caso dei docenti, peraltro, va ricordato che la loro funzione si concretizza non solo nelle attività individuali e collegiali ma anche nella partecipazione alle attività di aggiornamento e di formazione in servizio (articolo 40, comma 2, CCNL 2019-2021). A tal fine viene incontro al dirigente scolastico il citato articolo 43, comma 5 là dove consente una gestione flessibile e su base plurisettimanale delle due ore di programmazione didattica e, di conseguenza, una loro possibile diversa collocazione temporale rispetto a quella usuale, ancorché limitata al periodo strettamente necessario alla realizzazione delle attività formative del PNRR. Grazie alle competenze che gli sono conferite dall’articolo 5, comma 2 del D.lgs. n. 165/2001, il dirigente è chiamato a occuparsi della direzione e dell'organizzazione del lavoro del personale e, dunque, nel caso in questione, a predisporre le necessarie modifiche alla calendarizzazione della programmazione per renderla compatibile con la partecipazione dei docenti della scuola primaria ai percorsi formativi nell’ambito della formazione sulla transizione digitale di cui al D.M. n. 66/2023.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • La scuola e il servizio di distribuzione alimentare: quali verifiche fiscali sono necessarie per garantire trasparenza e regolarità?
  • L’operatore economico che svolge attività all’interno dell’Istituzione Scolastica è comunque tenuto all’emissione dello scontrino fiscale: sul punto concorda anche il capitolato ministeriale (allegato al Quaderno n. 2 per la documentazione del cd. lotto 1), che all’art. 17 prevede: “Per ogni consumazione effettuata dovrà essere rilasciato apposito scontrino di cassa in conformità alla normativa fiscale vigente”. Ciò detto, le residue risposte sono le seguenti: - non siamo a conoscenza di una normativa che preveda un ruolo di vigilanza dell’Istituzione Scolastica a carico dell’operatore economico. Mancherebbero, riteniamo, anche i relativi poteri; - l’ipotesi di flessione del fatturato dell’operatore economico è invece governata dalla normativa (art. 192 D.Lgs. 36/2023), che prevede – in linea con la norma del 2016 – che al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, purché non imputabili al concessionario, che incidano in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, il concessionario può chiedere la revisione del contratto nella misura strettamente necessaria a ricondurlo ai livelli di equilibrio e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto. A livello pratico, ciò significa che l’operatore non può abbandonare il servizio ma deve invece chiedere la revisione delle condizioni: in caso di “eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili” (come fu per la pandemia, per la quale fu adottata anche una norma a parte: art. 28 bis D.L. 18/2020), si potrà valutare con l’impresa una nuova stesura delle condizioni di concessione. Se non si troverà l’accordo, come previsto dal comma quarto, ciascuna parte potrà recedere dal contratto. Nel corso di tali incontri, si suggerisce di non perseguire in alcun modo l’interesse dell’impresa ma solo quello dell’Istituzione Scolastica: abbassare il canone di concessione, per esempio, dovrebbe essere l’ultima “spiaggia” cui approdare solo dopo aver vagliato ogni altra soluzione.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Gestione della supplenza breve: vediamo l'applicabilità dell’art. 37 CCNL 2006/2009...
  • Gentile utente, l'art. 37 del CCNL scuola 2006\2009 ancora vigente prevede che: "1. Al fine di garantire la continuità didattica, il personale docente che sia stato assente, con diritto alla conservazione del posto, per un periodo non inferiore a centocinquanta giorni continuativi nell'anno scolastico, ivi compresi i periodi di sospensione dell'attività didattica, e rientri in servizio dopo il 30 aprile, è impiegato nella scuola sede di servizio in supplenze o nello svolgimento di interventi didattici ed educativi integrativi e di altri compiti connessi con il funzionamento della scuola medesima. Per le medesime ragioni di continuità didattica il supplente del titolare che rientra dopo il 30 aprile è mantenuto in servizio per gli scrutini e le valutazioni finali. Il predetto periodo di centocinquanta giorni è ridotto a novanta nel caso di docenti delle classi terminali." In base alla norma citata, la docente di scuola primaria che rientra in servizio dopo il 30 aprile non può rientrare nelle proprie classi per motivi di continuità didattica, ma essendo a disposizione può essere impiegata in altre supplenze ,come prevede la norma tra cui la sostituzione nel mese di maggio della docente assente per intervento chirurgico.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Alcuni chiarimenti della fruizione dei benefici ex L. 104/92...
  • In premessa alcuni utili chiarimenti. Il comma 3 bis dell’art.33 della legge 104/92 precisa: “Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell'assistito”. Nel merito, la Funzione Pubblica con la circolare 1/2012 per tutto il comparo del pubblico impiego, scuola compresa, ha fornito specifiche indicazioni per una corretta gestione di questi permessi. Indicazioni comuni anche per il settore privato da parte dell’INPS, circolare n. 32 del 6/03/2012 e n. 100 del 24/07/2012. Entrambi queste circolari, hanno preso in considerazione la documentazione circa il raggiungimento del luogo di residenza della persona in situazione di handicap grave per l’utilizzo dei giorni di permesso, in particolare, precisando quanto segue. La disposizione fa riferimento al luogo di residenza del dipendente e della persona in situazione di handicap grave. Il presupposto per l'applicazione della norma è pertanto quello del luogo in cui è fissata la residenza anagrafica per entrambi i soggetti interessati. Considerato che la finalità della norma è quella di assicurare l'assistenza alle persone disabili, in base alla legge occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che, secondo la definizione del c.c., è “nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”. Anche in questo caso, l'amministrazione potrà dare rilievo alla dimora temporanea (ossia, come visto, l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989) attestata mediante la relativa dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000. In base alla nuova previsione, il lavoratore che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del famigliare da assistere, mediante l'esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea (a mero titolo di esempio, ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento e per eventuale movimento in loco, scontrino parlante della farmacia), la cui adeguatezza verrà valutata dall'amministrazione di riferimento, fermo restando che l'assenza non potrà essere giustificata a titolo di permesso ex lege n. 104 del 1992 nell'ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore l'idonea documentazione. Quindi, è evidente che l’onere della prova è in capo al dipendente. Si aggiunge che, come noto, nell'ambito del pubblico impiego, scuola compresa, il personale in servizio non ha più l'obbligo di risiedere nel luogo dove presta servizio (cfr. articolo 82 del CCNL/1995). Le finalità perseguite con la istituzione del vincolo di residenza sono soddisfatte con la fissazione della stabile dimora nel comune ove è ubicata la sede di servizio. Quindi in risposta al quesito, prima di tutto, è necessario verificare se il caso specifico si riconduce a questa precisa condizione quindi, in questo caso, la docente ha un preciso obbligo e, deve giustificare questo giorno di permesso per legge 104/92, in caso contrario deve essere considerato con altra tipologia permesso e/o assenza. Dopodiché, è necessario e propedeutico considerare cosa si intende in merito al concetto di assistenza al familiare disabile con connotazione di gravità. La giurisprudenza seppur alcune volte in modo difforme, ha sempre affermato un principio fondamentale in merito a questo concetto e, in particolare, si evidenzia il contenuto di una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione “ordinanza n. 1227 del 17.01.2025 “ riferita esplicitamente proprio ai permessi per legge 104/92. Nel merito, la Corte rileva che la fruizione del permesso deve essere finalizzata non soltanto all’esecuzione delle prestazioni di assistenza diretta alla persona disabile, ma anche all’espletamento di tutte le attività complementari ed accessorie comunque necessarie per rendere l'assistenza fruttuosa ed utile. A tal fine, continua la sentenza, vanno, quindi, considerate tutte le attività (e i relativi tempi necessari) finalizzate ad esempio all'acquisto di medicinali, al conseguimento delle relative prescrizioni dal medico di famiglia, all'acquisto di generi alimentari e di altri prodotti per l'igiene, la cura della persona e il decoro della vita del disabile, o infine alla possibile partecipazione di quest'ultimo ad eventi di relazione sociale, sportiva, religiosa. Alla luce di ciò, secondo i Giudici di legittimità, il c.d. abuso del diritto potrà configurarsi soltanto quando l'assistenza al disabile sia mancata del tutto, oppure sia avvenuta per tempi così irrisori o con modalità talmente insignificanti, da far ritenere vanificate le finalità primarie dell'intervento assistenziale voluto dal legislatore (la salvaguardia degli interessi del disabile), in vista delle quali viene sacrificato il diritto del datore ad ottenere l'adempimento della prestazione lavorativa. Un'altra ordinanza sempre della Suprema Corte di Cassazione la n. 26417 del 10 ottobre 2024, che nasce sempre dal caso di un dipendente licenziato per presunto uso improprio di tali permessi, ha fornito altrettanti importanti chiarimenti sui limiti e le modalità di fruizione del congedo per l'assistenza ai familiari disabili. L’assistenza può comprendere una serie di attività che, pur non svolgendosi esclusivamente in casa, sono funzionali al benessere della persona con disabilità. L'abuso dei permessi si verifica quando il lavoratore li utilizza per finalità diverse rispetto a quelle per cui sono stati concessi, ovvero per scopi personali che non hanno alcuna relazione con l’assistenza al familiare. La Cassazione ha chiarito che il concetto di “assistenza” deve essere inteso in senso ampio, e che l’utilizzo dei permessi in difformità dalle modalità previste può costituire un abuso, giustificando il provvedimento disciplinare e il relativo licenziamento per giusta causa. Ora, conclusivamente, si ritiene che non conoscendo se ci sono ad altri simili episodi, è molto difficile affermare con nettezza che siamo davanti ad un abuso del diritto. La giurisprudenza riportata evidenzia che, l'abuso va comunque provato in modo serio, quindi come redazione, possiamo solo riportare i principi enunciati dalla giurisprudenza, ma non possiamo dire con certezza che siamo davanti ad un abuso sulla base del solo elemento riportato nel quesito.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Utilizzo del personale docente fuori dai periodi di ferie: ambiti di impiego e regolamentazione...
  • Gli obblighi di lavoro del personale docente si distinguono in: - attività di insegnamento, disciplinate dall'art. 43 del CCNL 18-01-2024; - attività funzionali all'insegnamento, disciplinate dal successivo art. 44. Per quanto riguarda le attività funzionali, oggetto del quesito, esse sono a loro volta distinte in: - adempimenti individuali, ovvero preparazione delle lezioni e delle esercitazioni, correzione degli elaborati e rapporti individuali con le famiglie; - attività di carattere collegiale, a loro volta distinte in: a) partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, ivi compresa l'attività di programmazione e verifica di inizio e fine anno e l'informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e sull'andamento delle attività educative nelle scuole dell’infanzia e nelle istituzioni educative, fino a 40 ore annue; b) partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione, inclusi i gruppi di lavoro operativo per l’inclusione, anche in questo caso fino a un massimo di 40 ore annue; c) scrutini, esami e compilazione dei documenti di valutazione, senza alcun limite di orario. Inoltre, fermo restando che le ore di cui alle precedenti lettere a) e b) sono prioritariamente destinate alle attività collegiali ivi indicate, le ore non utilizzate a tal fine sono destinate, nei limiti di cui alle lett. a) e b) (ovvero, 40+40 ore annue), alle attività di formazione programmate annualmente dal collegio docenti con il PTOF. Infine, per assicurare l'accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni e ad assistere all'uscita degli alunni medesimi. Ciò premesso, per quanto riguarda le attività che si intenderebbe far svolgere ai docenti, nei periodi in cui sono sospese le attività didattiche ma non usufruiscono di ferie, è possibile fare le seguenti considerazioni: - la preparazione di materiale didattico fa parte della preparazione delle lezioni e delle esercitazioni, prevista dal CCNL fra gli adempimenti individuali. Non è dunque possibile, per il dirigente, obbligare i docenti a svolgere queste attività in determinati momenti, poiché il carattere individuale di tali attività consente ai docenti stessi di articolarle liberamente, senza che possa essere loro imposto un vincolo orario; - la revisione di regolamenti scolastici rientra fra le attività che potrebbe compiere un gruppo di lavoro, che il dirigente può certamente istituire e ai cui componenti potrebbero anche - eventualmente - essere riconosciuti dei compensi dal contratto integrativo di istituto. Anche in questo caso, tuttavia, trattandosi di attività aggiuntive eccedenti gli obblighi ordinari, il dirigente non potrebbe esigere la partecipazione del personale docente a tali attività; - anche la sostituzione del dirigente è un'attività aggiuntiva rispetto agli obblighi contrattuali. Pertanto, il personale non è tenuto ad accettare la delega del dirigente per la sostituzione e, qualora lo faccia, il contratto integrativo di istituto dovrebbe prevedere un compenso per la sua sostituzione. In conclusione, il personale docente, nei periodi in cui non si svolge alcuna delle attività collegiali di cui all'art. 44 CCNL, è di fatto libero da impegni di servizio, anche per il periodo per il quale non usufruisce delle ferie, né potrebbe essere obbligato a svolgere attività di carattere individuale, che il docente è libero di effettuare nei periodi in cui lo ritiene opportuno. Ciò non vuol dire che in tali periodi nessun docente svolga attività lavorativa, potendo i docenti - non essendo però obbligati a farlo - svolgere attività aggiuntive di insegnamento o funzionali allo stesso (es.: corsi di recupero dei debiti; progetti di arricchimento dell'offerta formativa; funzione strumentale per il sostegno, in relazione alle esigenze di formazione delle classi; nucleo interno di valutazione, per gli adempimenti relativi al RAV e/o al PDM; ecc.). In altre parole, nel periodo in cui non sono previsti obblighi di servizio i docenti non in ferie non possono essere utilizzati in alcun modo, se non che per attività aggiuntive, di insegnamento e/o funzionali allo stesso, che essi abbiano accettato.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Intossicazione alimentare in viaggio scolastico: gestione, responsabilità e possibili azioni legali...
  • Due settimane fa un gruppo di xx studenti x docenti accompagnatori in viaggio di istruzione nella Regione xxxxxxxx...

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Scelta dell’importo a base d’asta nella concessione del servizio di ristorazione: considerazioni tra PEF e canone di concessione...
  • Dobbiamo premettere che le scelte effettuate presentano qualche limite: - un affidamento di una concessione di servizi per un anno viene percepito, normalmente, come una sorta di rinnovo all’operatore uscente perché nessun’altra impresa si sentirà di partecipare, non potendo ammortizzare i costi in un periodo così breve; - la procedura della RDO evoluta aperta non è in linea con l’art. 187 D.Lgs. 36/2023: da quando il Quaderno n. 2 ha messo in discussione (come noi, da anni prima) l’affidamento diretto, occorre necessariamente passare per la modalità ASP, sulla quale il MIM ha iniziato formazione da poco; - il valore della concessione ed il PEF sono due cose diverse: l’Allegato n. 2 al Quaderno n. 2 contiene una formula per il calcolo del valore della concessione; tale valore non coincide con il canone di concessione, ma parte invece dal fatturato globale realizzabile dal concessionario, stimato dall’Istituzione Scolastico: in questo, la regola è la stessa dal 2016. La risposta è quindi la seguente: il CIG ha il valore della concessione calcolato ai sensi dell’art. 179 D.Lgs. 36/2023 e non il mero valore del canone di concessione.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Interruzione temporanea dell’assenza di un’assistente amministrativa: quali implicazioni comporti sulla supplenza?
  • Gentile utente, la circolare annuale sulle supplenze del personale della scuola n. 1115135/2024 nelle disposizioni comuni la personale docente ed ata prevede che: "Ove al primo periodo di assenza del titolare ne consegua un altro, o più altri, senza soluzione di continuità o interrotto da giorno festivo, o da giorno libero, ovvero da entrambi, la supplenza temporanea, è prorogata nei riguardi del medesimo supplente già in servizio, a decorrere dal giorno successivo a quello di scadenza del precedente contratto". Nel caso sottoposto se l'assenza dell'assistente amministrativa è coperta solo nei giorni di servizio e non nei giorni di festivi o nei giorni di chiusura, è possibile prorogare la supplenza dell'assistente che sostituisce la titolare, come indicato dalla norma citata.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Studentessa confida all'insegnante di aver subito delle molestie: come deve agire la scuola per tutelare la ragazza?
  • La docente di xxxxx di una classe terza della scuola secondaria di primo grado riferisce al Dirigente scolastico che un'alunna di...

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Docente in missione: è valida la richiesta di rimborso con codice fiscale scritto a mano e pagamento tracciato?
  • Come detto in precedenti risposte ad analoghi quesiti, in base a quanto stabilito dalla circolare Ministeriale prot. n. 176737 del 7/11/1996, è possibile ammettere a rimborso, altre alla fattura o ricevuta fiscale, anche lo scontrino fiscale “parlante” che deve contenere, oltre ai dati dell’ente che fornisce il servizio, anche la descrizione analitica dell'operazione effettuata, il codice fiscale del fruitore, qualità e quantità dei beni forniti (natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi che formano oggetto dell'operazione) o, in alternativa, la dicitura “menù a prezzo fisso". Elementi questi necessari per controllare la veridicità della somma di cui il dipendente chiede il rimborso. Occorre tuttavia precisare che attualmente non tutti gli esercizi ristorativi (soprattutto quelli all’estero) posseggono un registratore di cassa abilitato a rilasciare lo “scontrino parlante”. Pertanto, riteniamo che in tal caso sia possibile, in via eccezionale, ammettere a rimborso lo scontrino fiscale - unito alla ricevuta del pagamento effettuato attraverso un sistema tracciabile (art. 1, commi da 81 a 83, della L.207/2024, Legge di Bilancio 2025) - con acclusa apposita dichiarazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 76 del D.P.R. n. 445/2000, rilasciata dal docente. Concludiamo aggiungendo che le regole generali sullo svolgimento dei viaggi di istruzione/scambi culturali/Mobilità Erasmus+, vengono, di norma, disciplinate da apposito Regolamento, deliberato ai sensi dell’art. 10, comma 3 lett. e), del D.Lgs. n. 297/1994, nel quale il Consiglio di Istituto, tenuto conto delle varie disposizioni, può stabilire opportuni criteri per le modalità di riconoscimento delle spese dei docenti in missione.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Nelle vacanze natalizie il supplente può essere pagato anche se il titolare comunica di essere a disposizione della scuola?
  • Gentile utente, il supplente non può essere retribuito nelle vacanze natalizie se il titolare comunica di essere a disposizione della scuola e quindi formalmente risulta in servizio, senza alcuna richiesta di assenza giustificata. Infatti l'art. 40 del CCNL del comparto scuola 2006/2009 ancora vigente nell'ultimo rinnovo contrattuale 2024, richiamato anche nella circolare annuale sulle supplenze n. 115/35/2024 prevede che: "Qualora il docente titolare si assenti in un’unica soluzione a decorrere da una data anteriore di almeno sette giorni all’inizio di un periodo predeterminato di sospensione delle lezioni e fino a una data non inferiore a sette giorni successivi a quello di ripresa delle lezioni, il rapporto di lavoro a tempo determinato è costituito per l’intera durata dell’assenza. Rileva esclusivamente l’oggettiva e continuativa assenza del titolare, indipendentemente dalle sottostanti procedure giustificative dell’assenza del titolare medesimo". In base a quanto sopra il pagamento è dovuto solo in caso di assenza continuativa da almeno 7 giorni prima e almeno 7 giorni dopo il periodo di vacanze.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • A.A. con contratto fino al 30 giugno può lavorare tutto il mese di giugno, luglio e fruire delle ferie ad agosto seppur in attesa della proroga ?
  • Gentile utente, la proroga delle supplenze del personale ata nell'ultimo periodo dell'anno scolastico prevista dall'art. 1 comma 7 del D.M.430\2000 è stata poi disciplinata da circolari annuali di cui l'ultima è la C.M. 74742/2024 che dispone: "Con riferimento alle proroghe dei contratti di supplenza del personale ATA per il corrente anno scolastico, si richiamano le disposizioni dell’art. 1 comma 7 del Regolamento supplenze del personale ATA, nonché le istruzioni impartite da questa Direzione generale con nota del 10 giugno 2009, prot. n. 8556 (allegata), reiterata negli anni successivi. Le proroghe devono, pertanto, essere richieste dai dirigenti scolastici nei casi di effettiva necessità qualora non sia possibile assicurare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto mediante l’impiego di personale a tempo indeterminato e di personale supplente annuale. Le richieste motivate devono pervenire agli Uffici scolastici regionali per la prescritta autorizzazione. Le comprovate motivazioni potranno fare riferimento ad attività relative allo svolgimento degli esami di stato, al recupero debiti nelle scuole secondarie di secondo grado, a situazioni eccezionali che possano pregiudicare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto con riflessi sull’ordinato avvio dell’anno scolastico (es. adempimenti legati all’aggiornamento delle graduatorie di istituto, allo svolgimento delle procedure concorsuali in atto, etc.)." In base a quanto sopra, nel caso sottoposto la proroga deve essere autorizzata dall'ufficio scolastico regionale e non può coprire il periodo di ferie, ma deve essere motivata da particolari esigenze di servizio come quelle indicate nella nota ministeriale.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Come comportarsi a fronte di un'unica ditta che ha risposto alla manifestazione d'interesse per i distributori automatici con prezzi superiori ai limiti?
  • La risposta al quesito, in realtà, dipende dagli atti di gara: ragionevolmente, il bando o la lettera di invito prevedono un effetto nel caso di superamento del prezzo minimo. Qualora sia stato utilizzato il modello del Quaderno n. 2, l’art. 9 del capitolato tecnico (es. Lotto 1) prevede solo l’ipotesi dell’applicazione di una percentuale di ribasso sui prezzi, e dunque l’offerta difforme dovrebbe essere esclusa. Allo stesso modo, sarebbe stato impossibile compilare l’allegato 6 in relazione al ribasso sui prezzi nell’offerta economica. Ragionevolmente, quella dell’esclusione è l’unica conseguenza possibile: l’operatore economico sta tentando di farsi affidare un contratto a condizioni diverse – e deteriori – rispetto a quelle bandite dall’Istituzione Scolastica. Tale effetto, se conseguito, genererebbe un possibile ricorso da parte di altri operatori economici, che potrebbero a ragione sostenere di non avere partecipato per via dei prezzi massimi previsti, ma ben avrebbero potuto/voluto offrire le condizioni reali alle quali successivamente è stato affidato il contratto.

    Data di pubblicazione: 29/04/2025

  • Possiamo accogliere la proposta del comitato dei genitori di far consegnare le merende agli studenti da un'azienda agricola?
  • La questione non è nuova. Già durante la pandemia sono nate esperienze di questo tipo, e diverse sono ancora in corso. Abbiamo quindi maturato un convincimento sulla natura di questi contratti nella vigenza del precedente Codice Appalti, e nulla – nell’impostazione del D.Lgs. 36/2023, anche dopo il cd. Correttivo – ci suggerisce di modificare l’opinione, che può riassumersi come segue: si tratta comunque di una concessione di servizi. La definizione offerta dal Codice è infatti la seguente (allegato I.1, art. 2, comma 1, lett. c): “contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto a pena di nullità in virtù dei quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di servizi a uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto dei contratti o in tale diritto accompagnato da un prezzo”. Esattamente come accade per bar e distributori automatici, la concessione di servizi non prevede alcun pagamento (per i servizi di ristorazione e distribuzione, si intende) in favore della scuola: l’attività economica resta di pertinenza dell’OE, che ne trattiene i proventi. Sul punto, sembra il caso di precisare chela richiesta “collaborazione” quanto alla distribuzione di merende non è esente da potenziali questioni sindacali o assicurative. In sintesi, dunque: si potrebbe anche fare, ma resterebbe una concessione di servizi. Il che significa che, se il valore complessivo per l’intera durata del contratto (da calcolarsi sulla stima del fatturato, sin dal 2016, e non sul valore dell’eventuale canone) è inferiore a 140.000 euro, occorre procedere in autonomia – anche se non qualificati – dopo l’art. 88 D.Lgs. 209/2024 che ha modificato il Codice Appalti sul punto; se il valore è superiore, occorre una stazione appaltante qualificata. Allo stato, non abbiamo notizia del fatto che gli Uffici Scolastici Regionali abbiano mai ricoperto il ruolo di SAQ sull’affidamento delle concessioni di servizi per conto di una scuola. Le alternative, come detto, sono due: - se il contratto è sotto soglia, occorre procedere tramite il Quaderno n. 2, con la modulistica allegata; - se il contratto è sopra soglia, occorre trovare una stazione appaltante qualificata cui affidare l’incarico nei termini previsti dal Quaderno n. 1.

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Genitore di una studentessa straniera chiede il trasferimento della figlia in un liceo paritario: quali strade sono percorribili per farlo?
  • Il DM 741/2017, al comma 3 dell'articolo 3, precisa che, per accedere all'Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, i candidati privatisti devono presentare domanda entro il 20 marzo dell'anno scolastico di riferimento. Il termine del 30 aprile si riferisce alla scadenza per la domanda di ammissione agli esami di idoneità, ma non è questo il caso dell'alunna di cui al quesito, che peraltro sta ancora frequentando la seconda classe e non si è ritirata entro il 15 di marzo. Non si ritiene, pertanto, che l'istanza possa essere accolta

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • La mancata timbratura in uscita: il ruolo dei precedenti nei procedimenti disciplinari e la corretta applicazione del codice disciplinare...
  • Si premette che l’istituto della recidiva presuppone, per la sua rituale applicazione, che l’infrazione precedente sia stata contestata e sanzionata. Non sarebbe infatti legittimo fare riferimento a pregresse condotte astrattamente rilevanti sotto il profilo disciplinare in relazione alle quali il datore di lavoro abbia deciso di soprassedere (del resto una siffatta soluzione presterebbe il fianco a ben immaginabili abusi). Ne discende che la precedente dimenticanza, giustificata dal dipendente (e, pertanto, documentata), ma non sanzionata, non può integrare gli estremi di una recidiva. Per quanto riguarda la disciplina sostanziale, la recidiva segue regole diverse a seconda che si tratti di personale docente (art.499 del D.Lgs n.297/1994) o di personale ATA. Per questa seconda categoria di lavoratori, infatti, occorre fare riferimento al codice disciplinare recato dal vigente CCNL. In particolare, si osserva che l’art.25 del CCNL, nel declinare la recidiva, fa riferimento alla reiterazione delle mancanze di cui a un certo comma del medesimo articolo, con ciò non esigendo la specifica ripetizione della medesima condotta materiale illegittima. Con riferimento all’individuazione dei doveri in ipotesi violati, sembrerebbe corretto il riferimento all’art.22, comma 3, lettera e): “rispettare l'orario di lavoro e adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze; rispettare gli obblighi relativi al Titolo III (Lavoro a distanza); non assentarsi dal luogo della prestazione lavorativa senza l'autorizzazione del dirigente o del responsabile; presso le Istituzioni scolastiche ed educative, quest’ultimo si identifica con colui cui è attribuito l’incarico di DSGA”.

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Cumulo contributivo e permanenza in servizio per una C.S. di 67 Anni:è possibile prolungare l'attività lavorativa?
  • Come indicato nella circolare MIM prot. n. 150796 del 25 settembre 2024 avente ad oggetto: "Decreto ministeriale 25 settembre 2024, n. 188. Cessazioni dal servizio del personale scolastico dal 1° settembre 2025. Trattamento di quiescenza e di previdenza. Indicazioni operative", il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha abolito l’istituto del trattenimento in servizio oltre i limiti di età. Nello specifico, la normativa sopra richiamata ha abrogato l’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e di conseguenza anche il comma 5 dell’articolo 509 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che ad esso si richiamava generalizzando la disciplina relativa alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro contenuta nell’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, prima applicabile solo fino al 31 dicembre 2014. L'art. 24, comma 4, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha altresì evidenziato che l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione. A spiegare che cosa si intende per "a qualsiasi titolo" è intervenuto il Dipartimento della Funzione Pubblica infatti, nella circolare del 19 febbraio 2015 n. 2, indica che per valutare la sussistenza del requisito contributivo minimo per il diritto a pensione e, quindi, la possibilità della risoluzione del rapporto di lavoro, dovranno essere considerati il rapporto di lavoro in essere con l'amministrazione e gli eventuali precedenti rapporti di lavoro, a cui corrispondano contributi versati presso le diverse gestioni previdenziali. La Legge n. 207 del 30 dicembre 2024, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”, introduce invece la possibilità per la pubblica amministrazione di concordare con il dipendente, il trattenimento in servizio oltre i 67 anni, nei limiti del dieci per cento delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente. Tale limite è stato ribadito anche dal ministro della Pubblica Amministrazione nella nota del 20 gennaio 2025 che recita testualmente: "Ai fini del ricorso all’istituto in oggetto, la base di calcolo da considerare per l’individuazione del limite massimo del 10% è quella relativa alle facoltà assunzionali “ordinarie” derivanti dal turn over e da eventuali autorizzazioni ad assumere previste da specifiche misure normative". Considerato che il dirigente scolastico non ha la competenza funzionale nel decidere il numero delle assunzioni del personale docente e ATA, in quanto tale limite e competenza risultano unicamente far capo al superiore MIM, lo stesso, non avendo contezza di tali dati, al momento, non può assumere alcuna decisione in merito al trattenimento in servizio. Risolto il problema del limite assunzionale potrebbe restare a carico del dirigente scolastico la valutazione circa "l'indispensabilità" del dipendente per l'ottimale gestione dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica di riferimento. Le note del Ministero dell'Istruzione e del Merito prot. n. 25316 del 31 gennaio 2025 e prot. n. 45357 del 21 febbraio 2025 relativamente al trattenimento in servizio fino a 70 anni (art. 1, comma 165, della Legge di Bilancio 2025) per il personale scolastico (docenti e ATA), che ha raggiunto il limite d’età (67 anni), rinviano ad un ulteriore specifico successivo approfondimento. Si evidenzia però come la più volte citata Legge di Bilancio non preveda la permanenza in servizio “a domanda dell’interessato”, ma a seguito di “valutazioni esclusivamente in capo all’Amministrazione”. Tanto premesso, la collaboratrice scolastica non può essere trattenuta in servizio avendo raggiunto il minimo dei 20 anni di contribuzione "versati a qualsiasi titolo".

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Richiesta di aspettativa per borsa di studio post-dottorato: vediamo se la possiamo concedere...
  • Nel caso di specie si presume che si è in presenza della Postdoctoral Fellowship che è equiparabile ad una borsa di studio post dottorato e quindi a nostro avviso non è applicabile il disposto dell'art. 22 della L. 240 del 2010 che disciplina gli assegni di ricerca ( ora contratti di ricerca). L'art. 453, comma 9, del D.Lgs. n. 297 del 1994 prevede che al personale assegnatario di borse di studio da parte di Amministrazioni statali, di enti pubblici, di Stati od enti stranieri, di organismi ed enti internazionali si applica il disposto di cui all'articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476 (ovvero la normativa sul dottorato di ricerca). La CM del 2011 prevede "Al riguardo, in relazione a quanto comunicato dall’Ufficio Legislativo, si ritiene di potersi concordare con il parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato con nota 2 marzo 2005, n. 30098, sulla base dal comma 9, ultimo periodo, dell’art. 453 del D.Lgs. 297/94, il quale prevede l’applicabilità dell’art. 2 della legge 14 agosto 1984, n. 476, al personale assegnatario di borse di studio da parte anche di Stati o Enti stranieri, ponendo in tal modo sullo stesso piano la disciplina prevista nella materia dalla citata legge sia per le Università italiane sia per quelle straniere". Il medesimo parere precisa altresì che: "Le stesse disposizioni si ritiene possano trovare applicazione nei riguardi dei beneficiari di Borse post-dottorato e per gli assegnisti universitari, per i quali, l’art. 51 della legge 449 del 27.12.1997 prevede esplicitamente la "possibilità" dell’aspettativa senza assegni per tutti i pubblici dipendenti vincitori di un assegno di ricerca". La C.M. n. 15/2011 richiama impropriamente l’art. 51 della legge 449 del 27/12/1997 nel punto relativo ai beneficiari di borse post-dottorato e agli assegnisti universitari, in quanto detta norma era stata abrogata dalla L. n. 240 del 2010 che, come detto sopra, ha dettato nuove disposizioni in tema di assegni di ricerca. Ad ogni modo, dalla normativa suesposta si ritiene applicabile analogicamente al caso di cui al quesito (borsa di studio) la normativa sul dottorato di ricerca con le relative interpretazioni fornite dal MIUR con la citata C.M. n. 15 del 2011. Pertanto, si ritiene che la docente titolare di borsa di studio post dottorato all'estero possa essere collocato in aspettativa secondo la normativa prevista per il dottorato di ricerca.

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Fruizione irregolare dei permessi legge 104: come procedere con la ricostruzione di carriera?
  • Stante la mancanza dei presupposti per la fruizione dei permessi, e trattandosi di erronea concessione non a seguito di dichiarazione mendace della docente si ritiene che la scuola debba procedere a: 1) revoca del decreto di concessione dei permessi con contestuale recupero delle somme (a meno che l'assenza non venga giustificata con assenze retribuite - es ferie); 2) richiedere giustificazione per l'assenza dal servizio per i giorni in questione (per evitare l'assenza ingiustificata e l'invio degli atti all'UPD per la valutazione disciplinare). Sul secondo punto si precisa ulteriormente quanto segue. Ora, a nostro avviso, non è possibile d'ufficio collocare, ad esempio, in aspettativa non retribuita per motivi personali o in ferie la docente ma l'istanza dovrà avvenire da parte della dipendente a seguito dell'annullamento della concessione dei permessi. Ovviamente, la dipendente potrà contestare il comportamento della scuola eccependo il principio dell'affidamento nella fruizione dei permessi stante sia l'errore della scuola che il periodo di tempo trascorso tra detta fruizione e l'annullamento (infatti si fa riferimento a permessi sin dal 2017). A nostro avviso non c'è ancora prescrizione sul punto in quanto il recupero delle somme indebitamente percepite, per giurisprudenza prevalente, si prescrive in dieci anni.

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Possiamo proseguire con il procedimento disciplinare anche dopo il contraddittorio a difesa?
  • La riformulazione dell’art.55-bis non preclude lo svolgimento dell’attività istruttoria a seguito dell’audizione del dipendente. Invero, nessuna disposizione contenuta nella norma consente di inferire un tanto, dovendosi invece ritenere che l’intenzione del legislatore sia stata quella di configurare un procedimento snello e privo di scansioni procedurali rigide. Peraltro, va considerata la funzione assolta dall’audizione del dipendente: tale segmento procedimentale, infatti, presidia il diritto di difesa del dipendente, diritto che sarebbe svilito e privo di concreta efficacia qualora al datore di lavoro fosse inibito il successivo approfondimento istruttorio di eventuali prove a discarico. Deve pertanto concludersi che -impregiudicato l’obbligo di rispettare il termine finale- il datore di lavoro abbia facoltà non solo di sottoporre a verifica gli elementi a difesa indicati dal lavoratore, ma anche di effettuare ulteriori autonomi accertamenti. Ciò appare in linea con la dilatazione dei tempi del procedimento apportata dalla legge 75/2017, che non avrebbe alcun significato accedendo all’ipotesi contraria (che imporrebbe di concentrare l’istruttoria prima della contestazione degli addebiti).

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Può il docente di religione cattolica coprire il monte ore di educazione civica?
  • Come è noto, e come è ribadito dalle recenti Linee guida, nelle scuole del secondo ciclo l’insegnamento di educazione civica è affidato ai docenti delle discipline giuridiche ed economiche, se disponibili nell’ambito dell’organico dell’autonomia. In caso contrario, in analogia a quanto previsto per il primo ciclo, l’insegnamento è affidato in contitolarità ai docenti del consiglio di classe, nel rispetto di una precisa progettazione didattica ed organizzativa. E' chiaro, altresì, che le attività vanno programmate per l'intero gruppo classe, senza distinzione tra gli studenti che si avvalgono e quelli che non si avvalgono dell'IRC. Tanto premesso, non è in linea di principio da escludere che i docenti di religione cattolica, come quelli che svolgono attività alternative, possano svolgere l'insegnamento di educazione civica, fermo restando che anche agli studenti che non si avvalgono di tale insegnamento vengano garantiti gli stessi contenuti e attività assimilabili, secondo modalità didattiche ed organizzative stabilite dalla scuola. Particolare attenzione verrà dedicata, però, ad una progettazione didattica che chiarisca in modo inequivoco la coerenza con le Linee Guida e con gli obiettivi di apprendimento dell'educazione civica, in modo da non poter creare dubbi sulla netta distinzione tra l'IRC (o le attività alternative) e tale insegnamento trasversale.

    Data di pubblicazione: 28/04/2025

  • Le ferie prese durante il periodo di sospensione delle attività possono essere sostituite la malattia del bambino?
  • L'art. 13 comma 13 del CCNL 2007, non modificato dal CCNL 2024, prevede che le ferie sono sospese da malattie adeguatamente e debitamente documentate che abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero o si siano protratte per più di 3 giorni. L'Amministrazione deve essere posta in grado, attraverso una tempestiva comunicazione, di compiere gli accertamenti dovuti. L'art. 47, comma 4, del T.U. ex D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, prevede che la malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento. Non prevedendosi nulla per l'ipotesi di malattia che non dà luogo a ricovero, ad avviso dell'ARAN (Cfr. O.A. 2 settembre 2019), non sussiste in questa ipotesi un diritto del dipendente all'interruzione delle ferie in godimento. Per quanto attiene, invece, alla possibilità di posticipare il godimento di un periodo di ferie già programmato, in relazione all'insorgere della malattia del figlio, la valutazione dell'amministrazione va compiuta sul piano gestionale. Infatti, non sussiste un diritto del dipendente allo spostamento del periodo di ferie già programmate per effetto della sopraggiunta malattia del figlio non accompagnata da ricovero; ad ogni modo la scuola può valutare la compatibilità con le esigenze di servizio di una richiesta del dipendente in tal senso, motivata dall'insorgere di esigenze di carattere personale, ed assumere le decisioni conseguenti. L'ARAN ha, altresì, precisato che non si ravvisano elementi a supporto dell'assimilazione tra la malattia del figlio e la malattia del dipendente protratta per più di tre giorni, disciplinata nel comma 13 dell'art. 13 del CCNL 2007. Pertanto, la malattia del bambino: - se ha dato luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento; - se non ha dato luogo a ricovero, non dà diritto all’interruzione delle ferie in godimento;- - non dà diritto allo spostamento del piano ferie ma la scuola può comunque valutare l’accoglimento della domanda L’Orientamento citato è relativo al Comparto Funzioni Centrali ma è applicabile analogicamente anche ai dipendenti delle Istituzioni scolastiche stante la generalità della normativa di riferimento.

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